Luca Zaia, La Padania 30/1/2011, 30 gennaio 2011
CONTRO LA RETORICA DELLA SHOAH
Il razzismo non è un’invenzione degli umili.
E’ la storia a confermacelo, prima che la saggezza popolare.
Quella Storia che giovedì scorso, nel Giorno della Memoria in ricordo delle vittime della Shoah, abbiamo riscoperto, raccontato e rivissuto insieme alla comunità ebraica. Una storia che ci ha svelato che, a “codificare” il razzismo della prima metà del Novecento, furono alcuni intellettuali al servizio di una ideologia folle, elaboratori di teorie che si rivelarono utili ai dittatori e che da questi passarono al popolo grazie alla radio e ai giornali.
C’è una responsabilità degli intellettuali nel tradire le idee, che sono il cuore dei popoli, trasformandole in ideologia. Accadeva allora, ma accade anche oggi.
I giovanotti che seguono le band neonaziste, i mascalzoni che producono e redigono i siti antisemiti sono l’altra faccia di una moneta di finto oro che, da molte decine di anni, ammorba tutto l’Occidente.
Sono quegli intellettuali che, per vivere, si sono messi a insegnare i metodi attraverso i quali salvaguardare la razza eletta. Sono quei medici che hanno dato vita alle cliniche dove centinaia di ragazze bionde con gli occhi azzurri venivano inseminate da ragazzi forti, alti, biondi e con gli occhi azzurri.
Questi istituti facevano parte del progetto Lebensborn che vuol dire “sorgente di vita”: teorizzarono e vollero l’uomo perfetto.
Ma quell’uomo perfetto venne teorizzato anche negli Stati Uniti e in Europa. L’eugenetica vive ancora oggi attraverso le idee predicate da chi la vita non la vuole, ma ha costruito un ideologismo ancora pericoloso.
Il razzismo - anche se spesso venne attuato dal popolo manipolato e strumentalizzato - e quell’abominio che fu la Shoah non germinarono nelle menti dei contadini o degli operai, che pure attraversavano una crisi economica pari a quella che oggi travolge l’Europa e l’Occidente. E in ogni caso non è sugli umili che si deve scaricare la colpa e la vergogna di quegli anni.
Il razzismo, la segregazione, l’odio nascono dal rifiuto di accettare la complessità della vita così com’è. Così come un Creatore l’ha pensata per la sua creatura. Sappiamo che il male del passato torna tutti i giorni nei 1872 siti neonazisti presenti solo in Germania; nelle 1500 aggressioni contro gli ebrei avvenute in Paesi dalla democrazia avanzata; negli oltre 500 episodi di ferimenti o di uccisioni di ebrei attraverso agguati mortali.
La nostra risposta deve essere quella di mantenere saldi gli ideali e non le ideologie. Quegli ideali che si radicano nell’etica popolare, che è esperienza.
L’etica che guida la nostra vita di tutti i giorni, l’azione politica, il confronto con chi la pensa diversamente da noi, nasce dalla sedimentazione delle nostre esperienze, ci viene consegnata dall’identità, dalla vita che è il vero patrimonio intellettuale cui tutti dobbiamo fare riferimento e usare come misura. La vita, che va tutelata, difesa, amata.
La storia ci racconta cose che possono essere consegnate al passato. La memoria, invece, è viva e serve a gestire il presente.
Sta a noi scegliere se consegnare la Shoah alla storia o alla memoria. Che è materia di attuale quotidianità. Sconfiggere gli estremismi religiosi, che danzano macabramente sul desiderio di annullamento di un popolo, significa servire l’umanità alla quale apparteniamo.