Cristiano Dell’Oste, Gian Paolo Tosoni, Il Sole 24 Ore 28/1/2011, 28 gennaio 2011
IMU: LE IMPRESE RISCHIANO DI PAGARE IL CONTO
Meno tasse sulle case al mare e sugli affitti incassati dai proprietari. Tra Imu e cedolare secca, il nuovo fisco municipale promette un bello sconto ai privati proprietari di immobili. Ma rischia di appesantire il carico tributario per le imprese, che si troverebbero così a "pagare il conto" dei risparmi fiscali concessi alle famiglie.
L’allarme è arrivato ieri da Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia, sigla che associa Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti. «Nella nuova versione del decreto sul fisco municipale – ha spiegato Guerrini – l’obbligo di riduzione alla metà dell’Imu per gli immobili produttivi delle imprese si è trasformato in una facoltà per i comuni, con un evidente rischio di aumento della pressione fiscale sulle imprese».
L’ipotesi è che sui fabbricati strumentali e sugli immobili posseduti da soggetti passivi Ires la nuova imposta municipale venga normalmente applicata ad aliquota piena, cioè al 7,6 per mille, che rappresenta un livello più alto dell’Ici media attuale. Il tutto a meno che il consiglio comunale non deliberi di dimezzare l’Imu anche per le imprese. E sempre che non sia costretto – al contrario – ad aumentare il livello della tassazione sugli immobili, portando l’aliquota del nuovo tributo fino al 10,6 per mille, il livello massimo consentito dalla bozza di decreto.
Se il mondo produttivo è preoccupato, per i proprietari privati – le persone fisiche che pagano l’Irpef – il risparmio non sembra in discussione. Alcune simulazioni basate sull’ultima versione del decreto lo dimostrano. Per un bilocale tenuto sfitto in una grande città (65 metri quadrati, categoria catastale A/2 e rendita catastale di 672 euro), il risparmio fiscale va da 138 a 312 euro all’anno, a seconda dello scaglione di reddito in cui rientra il proprietario. Tecnicamente, questa è una casa «tenuta a disposizione», che oggi paga l’Ici e l’Irpef sulla rendita catastale maggiorata di 1/3, e che a partire dal 2014 avrà solo l’Imu.
Se invece la stessa casa è data in affitto, lo sconto si moltiplica: fra tre anni, al posto dell’Ici si pagherà l’Imu ad aliquota dimezzata e al posto dell’Irpef ad aliquota marginale il proprietario potrà scegliere – già da quest’anno, se il federalismo andrà in porto – la cedolare secca, che cancella anche l’imposta di registro sul contratto. Il calcolo non è immediato, ma il risultato è chiarissimo. Con un canone di 800 euro al mese, grazie alla cedolare al 21% il proprietario risparmia da 162 a 1.794 euro all’anno.
È evidente, quindi, che la convenienza cresce insieme ai proventi dichiarati: in questo caso, chi rientra nello scaglione di reddito più alto (e oggi sul canone paga l’Irpef al 43%) risparmia dieci volte di più di chi rientra nello scaglione più basso (quello del 23%).
Il risultato non cambia con altri tipi di alloggio, ad esempio un trilocale al mare in una zona di pregio, affittato per un canone annuo di 15.500 euro. Il risparmio fiscale in gioco va da 285 a 2.920 euro all’anno: di nuovo, i redditi maggiori sono premiati. E per i più ricchi il risparmio non è in discussione neppure se si porta l’Imu al livello massimo possibile: in questo scenario, al massimo, a perderci qualcosina sono coloro che si collocano nelle prime fasce reddituali.
Stando all’ultima versione del decreto, il saldo finale resta positivo anche per i privati che possiedono un ufficio o un piccolo capannone e lo danno in affitto (quindi senza esercitare alcuna attività di impresa).
È vero che il titolare, per questo tipo di immobili, non può scegliere la cedolare secca, ma può comunque contare su un doppio vantaggio. Se il locale è sfitto, l’Imu assorbe l’Irpef sulla rendita catastale; e quindi, anche se l’aliquota del nuovo tributo è più alta di quella dell’Ici, c’è comunque una riduzione del carico fiscale. Se il locale è dato in locazione, invece, il proprietario continua a pagare l’Irpef ad aliquota marginale (come oggi), ma dimezza l’Imu.
Nel caso dei fabbricati non residenziali, però, lo sconto non può competere con quello concesso ai proprietari di abitazioni. Nella simulazione sul bilocale affittato in città il risparmio fiscale va dal 6% al 43% delle imposte attualmente versate. Per un ufficio di caratteristiche standard, invece, non va oltre l’8 per cento. Ed è pari a zero fino al 2014, quando è previsto il debutto dell’Imu.