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 2011  gennaio 28 Venerdì calendario

La procura vuole arrestare le notizie - Chi in quel giorno si trovava a passare al quarto piano del Palazzo di giustizia, racconta che le grida di Ilda Boccassini si sentivano da un capo all’altro del lungo corri­doio: «Le famiglie non si toc­cano! »

La procura vuole arrestare le notizie - Chi in quel giorno si trovava a passare al quarto piano del Palazzo di giustizia, racconta che le grida di Ilda Boccassini si sentivano da un capo all’altro del lungo corri­doio: «Le famiglie non si toc­cano! ». Era la mattina in cui Il Giornale aveva pubblicato la notizia di un suo presunto in­tervento in difesa del figlio, fermato dopo una rissa in di­scoteca. Già in quella occasio­ne, la dottoressa dai capelli rossi aveva chiesto che il suo capo, Edmondo Bruti Libera­ti, scendesse pubblicamente in campo al suo fianco. Ieri, sempre sul Giornale , una se­conda puntata: le carte del procedimento disciplinare cui Ilda Boccassini venne sot­toposta negli anni Ottanta per i suoi rapporti con un gior­nalista del quotidiano Lotta Continua . Anche ieri, il procu­ratore aggiunto reagisce ma­lissimo. E stavolta ottiene che il procuratore Bruti Liberati rompa gli indugi. Quello che ne esce è un co­municato di asprezza senza precedenti, nella carriera di Bruti Liberati come capo del­la Procura milanese: una pagi­netta scarsa, che fa pesante­mente irruzione sulla ribalta dell’inchiesta della Procura milanese su Silvio Berlusconi e il «Rubygate». Bruti attacca frontalmente - anche senza nominarlo, ma evidentemen­te non ce n’è bisogno­il Gior­nale . Nel foglio distribuito ai cronisti dallo staff di Bruti si legge: «Ogni attività della ma­gistratura - e dunque anche quella della Procura della Re­pubblica di Milano - in un or­dinamento democratico è soggetta alla valutazione e al­la critica della libera stam­pa », premette il procuratore. Ma aggiunge: «Le campagne di denigrazione e l’attacco personale ai magistrati si qua­lificano da soli e, in un siste­ma di civile convivenza, devo­no essere un problema per chi ne è autore e non per chi ne è vittima». Non c’è sul tavolo solo la «questione Boccassini». Chi ha avuto modo ieri di parlare con i vertici della Procura mi­lanese racconta che a spinge­re per un intervento pubblico era stato anche un altro artico­lo pubblicato dal Giornale , quello che ricostruiva alcuni insuccessi professionali di un altro protagonista dell’indagi­ne, il procuratore aggiunto Pietro Forno. Fino a ieri matti­na, Bruti aveva frenato. Il pro­curatore si rende conto di muoversi su un terreno deli­cato: quello della libertà di stampa e della libertà di criti­ca, un terreno dove non è faci­le individuare confini precisi, e dove il rischio di invocare censure è sempre in agguato. Ma di fronte alle due pagine dedicate ieri da questo quoti­diano a Ilda Boccassini, Bruti ritiene che il limite sia stato su­perato. E, chiuso nel suo uffi­cio, scrive il comunicato in di­fesa dei suoi pm. Il procuratore non entra nel merito di quanto riportato dal Giornale . Ma, stando a fonti attendibili, starebbe pre­parando una seconda mossa, stavolta sul piano giudiziario. La Procura milanese avrebbe infatti intenzione di denun­ciare ai colleghi della Procura di Brescia, competenti per ter­ritorio, i giornalisti del Giorna­le autori degli articoli di ieri sul «caso Boccassini», non­chè del direttore responsabi­le Alessandro Sallusti. Moti­vo: gli atti pubblicati fanno parte di un fascicolo della se­zione disciplinare del Consi­glio superiore della magistra­tura. È ben vero che oggi le se­dute della «disciplinare» so­no pubbliche, tant’è vero che vengono persino trasmessi in diretta da Radio Radicale . Ma fino al 1985 si trattava di sedu­te a porte chiuse. E poiché il procedimento a carico di Ilda Boccassini risale al 1982, cro­nisti e direttore del Giornale avrebbero commesso il reato di pubblicazione di atti coper­ti da segreto. Il comunicato contro il Gior­nale fornisce a Bruti Liberati l’occasione anche per mette­r­e in chiaro un altro punto im­portante: il procuratore fa sa­pere di condividere in pieno le mosse dei tre magistrati che conducono le indagini (oltre alla Boccassini e Forno, il pm Antonio Sangermano). Bruti, anzi, rivendica la pater­nità della guida complessiva dell’inchiesta«di cui il procu­r­atore della Repubblica ha as­sunto personalmente il coor­dinamento e conseguente­mente la piena responsabili­tà ». È probabile che anche questa parte della dichiara­zione sia stata, più o meno esplicitamente, chiesta a Bru­ti dai suoi collaboratori, dopo che l’assenza della firma del capo su alcuni atti dell’indagi­ne­era stata interpretata da al­cuni come una presa di di­stanza. Invece no, fa sapere Bruti: in questo clima da scon­tro finale, farò la mia parte fi­no in fondo con i miei pm.