GIULIA ZONCA, La Stampa 28/1/2011, pagina 27, 28 gennaio 2011
“Con il mio tuffo impossibile stupirò il mondo” - Inventare un ostacolo è molto peggio che affrontarlo, non te lo trovi davanti, devi avere la forza di crearlo, disegnarlo un pezzo alla volta come ha fatto Tom Daley: 16 anni e il coraggio di buttarsi nel vuoto
“Con il mio tuffo impossibile stupirò il mondo” - Inventare un ostacolo è molto peggio che affrontarlo, non te lo trovi davanti, devi avere la forza di crearlo, disegnarlo un pezzo alla volta come ha fatto Tom Daley: 16 anni e il coraggio di buttarsi nel vuoto. Ha tracciato un nuovo limite e lo ha fatto a tavolino: super razionale, carta e calcolatrice per capire quanto difficile deve essere un’acrobazia che vale un oro olimpico ed è venuto fuori un quadruplo salto mortale e mezzo in avanti. Non lo fa nessuno e un motivo ci sarà, ma Daley lo prova domani in coppia con Pete Waterfield alla National Cup che inaugura il Southend Swimming Center e un’era diversa: quella del rischio. In realtà per Daley è giusto una prova, la competizione in cui iniziare a mettersi in gioco: «Conosco bene la difficoltà di questo esercizio e se voglio che sia pronto per le Olimpiadi 2012 dovrò tentarlo a ogni uscita perché solo così potrà essere davvero perfetto». Serve che sia impeccabile. Volteggi di precisione Come tutti gli eccessi va domato, altrimenti è il disastro, va assimilato, imparato a memoria e addomesticato. Si decide tutto nei primi secondi, dieci metri di altezza non sono poi tanti se ti sei messo in testa di fare quattro giravolte prima di toccare l’acqua: «Non hai possibilità di recuperare, neanche un millesimo di secondo. Esci dal trampolino troppo lento e sei fritto». Pericolo numero due, il punto di riferimento, quello che i tuffatori chiamano «spotting» e in pratica consiste nel fissare un microscopico dettaglio sul soffitto e di aggiustare il corpo di conseguenza, solo che ritrovarlo a ogni capriola è un azzardo. Perderlo vuol dire sbarellare, per questo i professionisti detestano tuffarsi all’aperto dove piscina e cielo si confondono e non c’è uno straccio di appiglio. Se Daley e Waterfield escono bene dall’ultimo mezzo carpiato resta l’ingresso in acqua: dritto e deciso, mani a pugni e niente spruzzi altrimenti l’immersione rovinerebbe tutto. Eccolo, il quadruplo salto mortale in avanti, un capolavoro di precisione e pericolo, se riesce è oro, altrimenti come minimo una figuraccia e Daley ha un ottimo motivo per buttarsi nell’ignoto: «Sono senza alternative». Adolescenza complicata I Giochi di Londra sono i suoi Giochi, è lui il poster di questa Olimpiade perché è un ragazzino di talento che ha iniziato ad avere successo da bambino, che ha già vinto un Mondiale due anni fa, che ha una storia complicata e un sorriso fotogenico. Il padre malato di cancro (ora sta meglio) che molla tutto per seguire il figlio prodigio, il mobbing a scuola dove lo considerano un personaggio da circo, la vita da alieno, troppo famoso per la sua età e troppo bravo per perdere tempo. Ha già consumato due partner e ora ha 18 mesi per raggiungere la simbiosi con l’ultimo prescelto, Pete Waterfield, argento ad Atene 2004 proprio nel sincronizzato dalla piattafor- ma, un fissato del lavoro in palestra che si è lasciato contagiare dall’entusiasmo del compare: «Tom è un sedicenne e gli adolescenti non hanno paura. Sta a lui dettare il ritmo». Daley porterà il quadruplo salto mortale e mezzo sia in coppia che nel programma individuale, rischio al quadrato e molta attesa. Il tecnico Andy Banks controlla da bordo vasca e aspetta il futuro: «Aprirà una strada, se a lui riesce il tuffo, inizieranno a provarlo anche gli altri, sono quelli così che trainano il movimento». Quelli che i calcoli li fanno eccome, quelli che cambiano una disciplina come Dick Fosbury che ha stravolto il salto in alto o Igor Cassina che ha accelerato la ginnastica o Shaun White che ha stupito con un giro della morte in equilibrio sullo snowboard. Gente proiettata in avanti e fissata con la perfezione. Certe volte provare a vincere non basta, il risultato non può essere vago se hai le Olimpiadi in casa e una nazione che ti guarda. A Londra aspettano Tom Daley e non c’è modo di avvicinarsi all’evento senza pressione, tanto vale stupire e anticipare. Il ragazzino, un anno e mezzo prima dell’ora x, dice: guardate qua, guardate me, guardate di che sono capace. Non importa se il numero non riesce al primo colpo, «vivrò con questo tuffo da adesso all’estate 2012». Una magnifica ossessione, disegnata su misura.