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 2011  gennaio 28 Venerdì calendario

Uganda, ucciso Kato il leader dei gay africani - L’ assassino, o meglio il mandante - ma c’è differenza? - è noto, non si nasconde

Uganda, ucciso Kato il leader dei gay africani - L’ assassino, o meglio il mandante - ma c’è differenza? - è noto, non si nasconde. Anzi: ne ha le dita inchiostrate, della prova e della firma. Sono gli illuminati redattori della rivista «Rolling Stone». Non quella americana, per carità. Questa è ugandese, arriva in edicola a singhiozzo, ma ha scopi chiari e canaglieschi: nell’ottobre dello scorso anno ha pubblicato una prima pagina scritta riscritta e perfezionata all’istigazione a delinquere, da intenerire tutti i KKK dell’intolleranza universale: titolo «Hang them», impiccateli. Alla corda del linciaggio a furor di popolo erano così vigorosamente proposti i militanti delle lotte omosessuali del Paese, considerato da almeno tre presidenti americani - Clinton Bush e Obama - come il modellino della loro Africa del presente e del futuro. L’omofobia è l’unica ideologia della pubblicazione; che non si accontenta banalmente del generico. Fa nomi e cognomi: in quel numero assassino infatti c’erano anche foto e indirizzi di una ventina tra i più noti difensori dei diritti delle minoranze sessuali del Paese sottoposto alle ruvide attenzione del dittatore-modernista Museveni. Un altro, l’ennesimo. Giocare con le minacce, con le esortazioni a sbranare i reprobi, è il gioco che le fa vere. Gli assassini vanno lesti. Una di quelle fotografie ieri è diventata, non certo per combinazione, un cadavere, l’ennesima vittima di una omofobia grande come il continente, una delle sue non ultime vergogne. David Kato era un predestinato, un sopravvissuto, si batteva come un ossesso in una associazione che si chiama «Minoranze sessuali» contro una legge antiomosessualità scritta con furori danteschi. In Africa essere una minoranza, politica sessuale etnica, equivale a una condanna a morte. In Uganda, poi, aderire a concupiscenze definite opposte alle cosiddette «leggi di natura» è doppiamente azzardoso: perché il codice penale le punisce severamente, queste «relazioni carnali contro la legge di natura». Con il carcere a vita. Kato era dunque sull’elenco; e poi non si nascondeva come un colpevole, anzi, aveva ottenuto una ingiunzione dei magistrati dell’Alta Corte, proprio contro l’abitudine di indicare sui giornali nomi facce e indirizzi degli omosessuali definiti «influenti». Con il sottinteso che costituiscono una pericolosa e sudicia lobby di potere impegnata a succhiar il Paese agli altri, ai «normali». E anche questa è storia antica, e non solo africana. I pregiudizi qui si gonfiano anche con l’idea che l’omosessualità sia «vizio dei bianchi e dei Paesi industrializzati», ignoto alla pura cultura africana. E così entra in gioco l’anticolonialismo oscurantista, strumentale e xenofobo, che giova solo alle trame delle élites. Non a caso alcuni dei presidenti africani più infami, Mugabe in testa, sono violentemente antigay. Ieri un uomo è entrato nella casa di Kato, una quindicina di chilometri da Kampala, e lo ha picchiato a pugni, calci, legnate. Adesso la polizia fa la prudente, nega un legame diretto, prove certe, tra la militanza della vittima e il suo brutale destino. Si intravede la lercia allusione: uno così moralmente malvissuto prima o poi doveva finire male. Restano i compagni di Kato, i militanti di «Human Rights Watch», a invocare misure rapide per difendere dalle minacce e dai discorsi che incitano alla violenza la comunità ugandese di gay lesbiche bisessuali e transessuali. Ingenui a chiedere al nemico di tener la briglia e levargli l’uzzolo, a questi invasati. Perché sono il governo e il presidente a vezzeggiare questo turpidume, loro che accudiscono in Parlamento la legge che moltiplica vilipende e punisce omosessualità e collegati. La legge prevede la pena di morte per lo stupro di un minore compiuta da una persona dello stesso sesso o da un malato di Aids. Punisce ogni discussione pubblica sull’omosessualità e rende passibili di pene genitori, insegnanti, medici di omosessuali o chi affitta loro un appartamento. Il 18 febbraio sono fissate elezioni generali e presidenziali e la repressione dell’omosessualità gonfia i comizi con il gran vento dell’intolleranza: un Nemico perfetto per far dimenticare altri scompigli disastri e imposture come la miseria, la guerra civile, la corruzione. Obama avrà anche definito la legge «odiosa»; ma Museveni resta il buon alleato. Che ascolta i consigli dei pastori evangelici americani che si è portato a Palazzo come coccolati consiglieri spirituali. Sono ormai nel cuore del Potere: e l’omosessualità deve essere sradicata dal paradiso liberista e puritano che vogliono costruire per il Buon Selvaggio.