Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 28/01/2011, 28 gennaio 2011
PARMALAT E MULTINAZIONALI IL RITORNO DELLA FINANZA (RAPACE)
Ci risiamo. La finanza rapace aveva perduto la Parmalat di Calisto Tanzi, spingendola a dissennate acquisizioni nei quattro continenti, pagate con i soldi delle banche. Oggi un’avidità non troppo diversa sembra ispirare tre fondi internazionali che, forti del 15%del capitale, mirano a cacciare Enrico Bondi, il risanatore della multinazionale emiliana, reo di non dare ai soci più della metà dell’utile annuale come, del resto, prescrive lo statuto. La nuova Parmalat ha accumulato liquidità per 1,4 miliardi di euro grazie alle cause giudiziarie contro le banche e i revisori dell’epoca Tanzi. E ora, anziché aspettare che Bondi individui l’acquisizione giusta, per prezzo e caratteristiche industriali, i fondi Skagen, McKenzie e Zenit pretendono che il tesoro sia subito distribuito agli azionisti attraverso un dividendo straordinario e il riacquisto di azioni proprie. A questo scopo, se vinceranno l’assemblea, proporranno di modificare lo statuto che ha garantito fin qui la rinascita industriale e regole esemplari dopo il dissesto e lo scandalo.
Oggi le multinazionali sono piene di liquidità che non investono a causa delle difficoltà dell’economia e lasciano parcheggiata all’estero per evitare le tasse della madrepatria. Negli Usa rivendicano uno scudo fiscale per rimpatriare senza pagar dazio o quasi mille miliardi di dollari e ridistribuirli a Wall Street in barba ai contribuenti. In Italia, questi tre investitori istituzionali (e l’aggettivo suona beffardo) vogliono spolpare una public company che, mentre dai creditori e dal personale ha ottenuto i sacrifici dell’amministrazione straordinaria in base alla legge Marzano, ai nuovi soci non ha mai chiesto un euro ma ha loro distribuito già 800 milioni in dividendi. Per questa via, si rischia di togliere munizioni a una grande azienda italiana che non precipita le acquisizioni. Bondi, si sa, segue il motto di Enrico Cuccia: meglio verdi di rabbia per un affare perduto che rossi di vergogna per averlo fatto. Siamo al secondo caso Parmalat. Che, per fortuna, non ha i drammatici profili truffaldini del primo e tuttavia fa emergere l’altra faccia della Borsa: quella che non serve a sviluppare le imprese, ma solo a spolparle.
Massimo Mucchetti