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 2011  gennaio 28 Venerdì calendario

S&P’S ABBASSA IL RATING DI TOKYO - Più che un salutare schiaffo al governo giapponese, è un preciso avvertimento a tutti i paesi sviluppati che faticano a delineare piani credibili di contenimento del debito pubblico: così gli investitori internazionali hanno interpretato la decisione di Standard & Poor’s di abbassare da AA a AA- il rating sovrano a lungo termine del Giappone

S&P’S ABBASSA IL RATING DI TOKYO - Più che un salutare schiaffo al governo giapponese, è un preciso avvertimento a tutti i paesi sviluppati che faticano a delineare piani credibili di contenimento del debito pubblico: così gli investitori internazionali hanno interpretato la decisione di Standard & Poor’s di abbassare da AA a AA- il rating sovrano a lungo termine del Giappone. Il primo declassamento di Tokyo da quasi nove anni – che lo pone sullo stesso livello della Cina e un gradino sotto la Spagna – ha avuto effetti trascurabili sul mercato obbligazionario locale (dove i bond pubblici sono per oltre il 90% in mani giapponesi), ma ha rilanciato sui mercati le spinte all’avversione al rischio: se altri fattori hanno potuto sostenere le Borse, all’indebolimento dello yen ha corrisposto un rafforzamento generale di valute-rifugio come il dollaro e il franco svizzero, mentre il costo di assicurazione del debito sovrano dell’Eurozona (non solo quello dei paesi "periferici" e dell’Italia, ma anche quello della Germania a "tripla A") è tornato a salire. Il premier Naoto Kan – in partenza per Davos – è stato colto di sorpresa, tanto più che nel recente rimpasto ministeriale aveva imbarcato come ministro delle politiche economiche e fiscali l’ex acerrimo nemico (già esponente di punta del partito liberaldemocratico) Kaoru Yosano, da tutti considerato un falco del consolidamento delle finanze pubbliche. S&P’s ha chiamato in causa direttamente Kan: non solo sostiene che i crescenti ratio del debito giapponese «troveranno un picco solo a metà degli anni 2020», il che «ridurrà ulteriormente la flessibilità fiscale», ma si è spinta ad affermare che «l’esecutivo guidato dal Partito democratico manca di una coerente strategia» in proposito, mentre c’è il rischio che il parlamento non approvi i provvedimenti esecutivi del bilancio. In questo senso, Kan e il paese sembrano pagare per il recente esito elettorale che ha generato una Dieta a maggioranze diverse tra un ramo e l’altro. Yosano ieri ha colto la palla al balzo: a sua parere, la mossa di S&P’s è spiacevole ma in fondo giustificata e si traduce in una richiesta di serietà nell’affrontare il problema di un debito complessivo che quest’anno supererà il 204% del Pil. Il ministro delle Finanze Yoshihiko Noda ha altresì sottolineato l’urgenza dell’approvazione del budget entro fino marzo e della definizione di un piano a medio termine di sostenibilità fiscale entro giugno. «Il declassamento non arriva come una grande sorpresa, ma potrà rendere più facile a Yosano promuovere riforme fiscali», ha commentato il presidente di Nomura Junichi Ujiie. Yosano è da anni il principale sostenitore di un aumento dell’imposta sui consumi: misura impopolare di cui quasi tutti vedono la necessità. Il problema, come sottolinea Robert Feldman di Morgan Stanley MUFG Securities, è come attuarla «senza danneggiare l’economia (come è successo nel 1997, quando passò dal 3 al 5%) e senza che distrugga il governo che la deciderà». Alla fine, vari osservatori pensano che l’iniziativa di S&P’s non sia del tutto sgradita a varie sfere governative: come accaduto spesso in passato, un po’ di sano «gaiatsu» (pressione dall’estero) serve a irrobustire il consenso su temi controversi. Kan potrebbe ora avere qualche chanche in più di trovare dei "responsabili" tra i partiti di opposizione per far passare i collegati alla finanziaria, oltre che per tacitare i compagni di partito che temono l’effetto-boomerang – in termini di consensi – di un vero rigorismo fiscale. Inoltre, dopo il fallimento di un singolo intervento diretto sui mercati valutari (e di ripetute minacce verbali) nel frenare l’ascesa dello yen, a Tokyo non si può che apprezzare il fatto che S&P’s abbia intaccato lo status di valuta-rifugio della divisa: uno yen meno forte può aiutare il consolidamento degli accenni di ripresa dell’economia, evidenziati ieri dal dato migliore delle attese sull’export di dicembre (+13%). Più che direttamente sullo yen o sul mercato obbligazionario, afferma Geoff Kendrick di Nomura, l’impatto del declassamento nipponico riguarda a largo raggio la percezione del rischio da parte degli investitori, che sono costretti a tener conto dell’eventualità di future batoste da parte delle agenzie di rating nei confronti di altri paesi avanzati usciti con un debito più pesante dall’ultima recessione.