Gianni Clerici, la Repubblica 28/1/2011, 28 gennaio 2011
LA RIBELLIONE DI LI NA. LA CINA ALL’ATTACCO ANCHE DEL GRANDE SLAM
Magari senza la consapevolezza del collega Flaubert (Madame Bovary c´est moi) tendiamo tutti ad attribuire al prossimo certe nostre caratteristiche. Così me ne sono andato dal Centrale nel momento in cui ho visto che la Lina sembrava mentalmente impreparata a vincere; soprattutto contro la Wozniacki, giocatrice di lei più virile, così come lo erano stati certi miei avversari. Non era la prima volta che ammiravo la Lina, il cui nome andrebbe scritto con un trattino, ma così mi sembra più famigliare. Già lo scorso anno l´avevo vista raggiungere la semifinale dello Aussies Open – dialetto di qui – e mettere in difficoltà una Serenona più sommersa di bende del Faraone Tutankamon. Ma mi pareva che anche questa volta non ce l´avrebbe fatta, proprio per l´inconscia imitazione dell´avversaria, e la conseguente sottovalutazione di se stessa.
Uscito come ho detto dalla tribuna stampa, perdevo tempo, mi sedevo al mio banco, e accendevo il televisore, proprio per osservare, incredulo, quel che altro non era che il match point della partita. Uno scambio ribadito, uno di quelli che sin lì la danese aveva vinto il più delle volte. Uno scambio cross di rovesci bimani, interrotto da schiaffi di diritto ma, d´improvviso, tutto diverso, com´è diversa un´improvvisa, istintiva ribellione. Non solo punto per la Lina, ma avvio di una nuova partita, iniziata proprio sull´estrema zolla del baratro. Dopo che Lina ebbe recuperato quel secondo set quasi impossibile, sarei dunque ritornato nello stadio, per assidermi fianco a un folto gruppo di cinesi, benevoli forse a causa della mia polo rossa. Agitavano infatti bandiere rosse trapunte di pentastelle gialle, e ripetevano, in coro, quello che mi appariva uno slogan, che non riuscivo a tradurre per l´antico difetto di conoscere soltanto lingue indoeuropee.
Curioso come un giornalista, avrei finito per impetrare delucidazioni, e mi sarei sentito spiegare che certi ritornelli si riferivano al Coniglio, di cui il due febbraio ricorrerà l´anniversario e la conseguente denominazione della prossima annata. La coincidenza con il Coniglio era più che sufficiente ad accentuare le difficoltà della danesona, priva di una qualunque identificazione zodiacale o santo protettore. Ed ecco così la prima cinese finalista di uno Slam, a ulteriore conferma del profetico titolo di Bellocchio, la Cina è vicina. Purché non lo diventi troppo, dopodomani, si augura una povera comunitaria quale la Clijsters.
Le emozioni di questo giovedì non erano ancora terminate, posto che fosse emozionante, anche per un insubro quale lo Scriba, una fotocopia dell´insuccesso di Federer contro Djokovic di tre anni addietro. Simile sconfitta era stata accuratamente prevista dai bookmakers, che altro non avevano fatto che incoraggiare la quota di Federer sulla quale gli ingenui scommettitori avrebbero investiti i loro ghelli. E´ bastato un eccellente Djokovic, concentrato e regolare, per far sì che gli errori dell´ex numero uno mondiale (44) superassero un livello decente. Torneo privo dunque dell´ormai logora antitesi Federer e Nadal, e avviato ad una fresca finale tra Djokovic e – credo proprio – Murray.