Maurizio Maggi, L’espresso 3/2/2011, 3 febbraio 2011
QUALCUNO VEDE ROSA
Se il campionato dell’industria fosse cominciato il primo gennaio, ci sarebbe di che rallegrarsi. Le previsioni, anche quelle prudenti, dicono infatti che il 2011 sarà all’insegna del "più" per tutti i settori. I ricavi del settore manifatturiero cresceranno in media più del 3 per cento,con punte del 6,1 per cento per la meccanica, rispetto al 2010. Peccato che sulla stragrande maggioranza delle aziende bruci ancora la ferita del 2009. L’anno più buio, con cali del fatturato spaventosi. La microripresa del 2010 non è stata sufficiente a far tornare il sorriso. Ora, però, qualcosa si muove. Dire che si sente in giro aria di rimonta è una forzatura: troppo alto il rischio di incappare in bruschi dietrofront. Tuttavia, sale il numero di imprenditori italiani che vedono rosa. Magari rosa pallido. Chi professa ottimismo non dimentica di corredare il concetto con un aggettivo: cauto. Precisando che, se si cresce, è merito dell’export, dei mercati emergenti (i cosiddetti Bric) o della superpotenza tedesca. Quella parte di Italia che va a letto presto, per citare Emma Marcegaglia, se di mestiere produce, all’alba è in aeroporto. Perché la domanda interna è debole. E se si vogliono rimettere a regime gli impianti, far rientrare i cassintegrati, assumere nuovi addetti, la ricetta è una sola: premere sull’export.
Specializzarsi, innovare, sfruttare creatività, design e rapidità, tutte qualità tipiche del made in Italy anche nei settori classici della meccanica, non solo della moda. Le imprese che si sentono più ottimiste è in quest’ottica che si battono. Emblematico l’esempio della vicentina Omera, che fa macchinari per produrre scaldabagni e piani cottura, componenti per l’auto e vasi a espansione. Esporta l’80 per cento del fatturato, che già quest’anno tornerà sui livelli del 2008, sopra quota 20 milioni di euro. "L’80 per cento della nostra produzione è fatta su misura. E lì che siamo forti noi italiani, dobbiamo insistere", dice il titolare, Massimo Carboniero, che ha piazzato due linee speciali per realizzare pentole al principale gruppo turco. E, a dicembre, ha rinnovato il contratto aziendale per i suoi cento dipendenti con il pieno accordo della Fiom. Nel 2010, l’Omera ha fatto ottimi affari in Brasile, nel 2011 l’accelerazione arriverà dall’Arabia Saudita. Sui mercati europei evoluti, dove c’è forte tensione sui temi ambientali, punta invece Bruno Bellò. La sua Clivet di Feltre (Belluno), 580 addetti e un export che è la metà dei ricavi, opera nella climatizzazione a ciclo annuale. Le sue attrezzature a pompa di calore assicurano risparmio energetico nel riscaldare e rinfrescare ogni genere di edificio. "Le aree più promettenti per quest’anno sono Germania, Francia e Inghilterra", spiega Bellò, che ancora non ha riassorbito la sberla 2009 (meno 17 per cento) ma è già risalito del 5 per cento nel 2010 e spera di far meglio nel 2011. "Confidavamo in un rilancio maggiore in Italia grazie a incentivi pubblici per migliorare l’efficienza energetica: ma l’ambiente non scalda gli animi della politica", si lamenta Bellò. A chiedere attenzione al governo è anche il comparto macchine utensili e robot: Il settore è passato brutalmente dal primato del 2008, quando il comparto ha sfiorato i 6 miliardi in valore della produzione, al tracollo del 2009, con la caduta del 30 per cento. Nel 2010 la produzione italiana è cresciuta del 3,3 per cento. Una timida inversione di tendenza per il presidente Ucimu, Giancarlo Losma, che giudica fiacco anche il 2011, il previsto più 9 per cento. "Il peggio è alle spalle ma l’incertezza sull’entità della ripresa preoccupa gli imprenditori", dice Losma, secondo il quale il governo dovrebbe impegnarsi a introdurre, a livello europeo, un sistema di incentivi alla rottamazione. Intanto, la Cina è diventato il primo mercato di sbocco della produzione italiana, superando la Germania. Anche un settore che se l’è vista brutta, quello di rubinetti e valvole, vive la ripresa trainata dai paesi emergenti. "Persino i cinesi oggi comprano rubinetti di alta qualità", sottolinea Marco Fortis, docente di economia industriale alla Cattolica di Milano. Aggiunge Franco Mosconi, economista dell’Università di Parma: "Le imprese sono cambiate. Guardi ai distretti: prima erano tante piccole una uguale all’altra, ora la selezione darwiniana ha creato un’avanguardia di aziende di media dimensione che hanno potuto creare il loro marchio, investire su di esso ed esportare nei Bric (Brasile, Russia, India e Cina)". Anche le piastrelle, dopo la batosta, per ripartire calano la coppia d’assi design-innovazione. "Grandi lastre in gres ceramico che piacciono agli architetti e riducono anche del 60 per cento l’impiego di materie prime o soluzioni che si integrano con i pannelli fotovoltaici: su idee come queste dobbiamo credere", dice Emilio Mussini, presidente di Panariagroup, che esporta dall’Italia le ceramiche di qualità ma produce anche in Portogallo e Usa: "Dopo la crescitina 2010 ci aspettiamo maggiori soddisfazioni dal 2011". Difficile far meglio, nel 2011 (comunque visto in crescita) per i freni della Brembo, in azione sulle ruote di tutto il mondo e protagonisti di una spettacolare crescita nel 2010 dopo la frenata del 2009. Per Fabrizio Guelpa, responsabile Ufficio industria del Servizio studi di Intesa San Sanpaolo, una crescita sopra la media, nel biennio 2011-2012, la vivranno i settori che definisce "mid-tech". Quindi le imprese della meccanica, dell’elettrotecnica, dell’automotive e quelle che stanno a monte della filiera metalmeccanica, come la metallurgia. E tra i beni di consumo, solo la farmaceutica sarà nel gruppo di testa. Un settore che ha perso 8 mila addetti e in vent’anni ha visto salire l’export dal 10 al 60 per cento. E dopo tre anni di calo, le esportazioni farmaceutiche sono salite nel 2010 del 15 per cento.
A proposito di rimonte, Rosario Messina racconta: "Non tornerò presto ai livelli del 2008, quando con 40 milioni di ricavi ne guadagnai 1,5, però tocco ferro e penso che, quest’anno potrei anche recuperare il 10 per cento del fatturato". Messina è il titolare della Flou, nota azienda di Meda, nel cuore della Brianza mobiliera. È anche il presidente di Federlegno Arredo, l’organizzazione che rappresenta un tassello fondamentale del made in Italy, con una miriade di imprese e 440 mila addetti. Secondo le stime di Prometeia/Intesa Sanpaolo recupererà poco più dell’uno per cento in termini di produzione (-18,5 per cento nel 2009) e il 3,3 per cento in ricavi. In ripresa pure il sistema moda, anche se in ordine sparso e, mediamente, con un ritmo inferiore a quello di altri settori del made in Italy. E se c’è chi, come la Geox di Mario Moretti Polegato, dopo aver rallentato nel 2009 e nel 2010, torna a sorridere dopo la campagna vendite per il primo semestre del 2011, per altri non si può parlare di ripresa, visto che non hanno diminuito i ricavi neppure in piena crisi. Come nel caso dell’imprenditore del cachemire Brunello Cucinelli (201 milioni di ricavi nel 2010, con un balzo del 27,1 per cento), che da Solomeo, in Umbria, promette: "Cresceremo ancora, dappertutto: in Asia, negli Usa, in Europa. Come l’anno passato". Anche Diego Della Valle, come Cucinelli, ha archiviato un eccellente 2010, trainato da Asia e Nord America e guarda con fiducia anche al 2011. Crescita stabile anche per G&P Net, l’azienda toscana dei marchi Peuterey e Geospirit, che produce accessori e giacche in pelle in Italia. Chiuderà a 96 milioni il prossimo bilancio e immagina un’ulteriore zampata del 6-10 per cento in quello successivo. Dalla moda all’eterno acciaio. Un comparto che ha ancora 15 mila dei 60 mila addetti coinvolti da cassa integrazione e contratti di solidarietà e che nel 2010 si è ripreso al ralenti. Giuseppe Pasini, presidente degli industriali siderurgici e boss della Feralpi, un po’ di rosa lo vede nella seconda metà dell’anno: "Perché un po’ sono tornati gli ordini della meccanica e la Germania non s’è mai fermata. Ma chi lavora per l’edilizia pubblica è ancora al palo. È ora che la politica torni a fare il suo mestiere".
ha collaborato Elena Bonanni