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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

GLI INGANNI DELLA POLITICA

Sembra di ricordare che nella fatidica primavera del 1992 una dozzina di politici accettarono di sottoporsi alla macchina della verità. C´erano negli studi di ReteA un giornalista, un medico in camice bianco e una sedia dotata di fili, cinghiette e sensori che restituivano al pubblico le reazioni dei malcapitati, appartenenti a una categoria ritenuta pregiudizialmente bugiarda.
Il programma ebbe scarso successo. Così come, sul piano dell´inventiva propagandistica, non ha mai troppo funzionato accusare il presidente del Consiglio di turno raffigurandolo su poster, magliette e cartelli con il naso lungo di Pinocchio. Tutti Pinocchi, infatti, equivale a nessun vero Pinocchio. E questo per dire con rassegnato scoramento che in Italia ci si aspetta che i potenti si facciano strada con le bugie. "Ci fanno marciare i treni", è l´allegra formula; come se tale spinta motoria fosse inscritta nel codice inesorabile del comando.
Perfino di De Gasperi, su cui è aperto un processo di beatificazione, è stato scritto che simulava svenimenti per cacciarsi fuori da situazioni imbarazzanti. E addirittura Pertini, che nella coscienza laica resta un campione di onestà, disertò un Meeting di Cl accampando la slogatura di un caviglia che pare fosse sanissima. Per entrambi, il ricorso al dato fisico della malattia costituisce il limite estremo e più accettabile dell´insincerità.
Per tutti gli altri grandi la bugia era da ritenersi una sorta di disfunzione professionale: meglio non farsi beccare, ma che ci volete, è così. A tale proposito i democristiani elaborarono tesori di teoretica e di casistica giostrando tra peccati e reati con il soccorso della dottrina, a partire dagli obiettivi secondo una specie di marketing dell´anima, dei magheggi e della ragion di Stato. Così ad Andreotti si fa risalire la fondamentale e subito abusata distinzione tra bugie ed omissioni; mentre Cossiga, che già apparteneva a una generazione meno spaventata dall´ipotesi di finire nel fuoco della Geenna, si presentò un giorno alla Commissione Inquirente che doveva decidere se giudicarlo o meno, comunque proponendosi per l´eventuale redazione di "un trattatello sull´uso della menzogna in politica". Là dove l´allusione acculturata a un genere letterario cinque e seicentesco faceva l´occhietto a una pratica di "bugiarderie" – per dirla non a caso con il linguaggio mafioso - che certo trascendeva l´impegno dei cattolici in politica.
Alle Botteghe Oscure, d´altra parte, più che trattati e trattatelli vigeva l´originario assioma della verità, che sempre era rivoluzionaria, e poi quell´altro, già più pratico, del partito che aveva sempre ragione. Inutile dire che sull´altare del dogma non solo furono spacciate una miriade di balle, ma vennero anche compiuti fin troppi sacrifici umani.
Però questo non significa affatto che Berlinguer o Moro fossero dei bugiardi, e anzi in entrambi i casi ci sono testimonianze secondo cui arrossivano – ciò che forse contribuisce a fare della loro morte l´ultimo evento autenticamente catartico della vicenda repubblicana. Se non proprio ingannevole, Mani Pulite sembra al contrario una purificazione incompiuta, o a metà. In questo senso neppure Craxi era un bugiardo – anche se De Mita, che nel 1987 si vide rimangiare la promessa di una staffetta a Palazzo Chigi, avrebbe qualcosa da obiettare.
Il problema semmai è che tramontate le ideologie, sono rimaste le bugie, per giunta degradate e fatte volgari: «Mi ha detto: cerca di passare per pazza – confida Ruby – racconta cazzate, io ti sarò sempre vicino». E anche la macchina della verità ha la spina staccata.