FEDERICO RAMPINI, la Repubblica 27/1/2011, 27 gennaio 2011
LA CRESCITA ECONOMICA, I DEBITI SOVRANI, IL DESTINO DELL´EURO. DAL WORLD ECONOMIC FORUM SEI ECONOMISTI RISPONDONO A "REPUBBLICA"
In nessun altro luogo al mondo, la notizia che l´indice Dow Jones sta "flirtando" con la soglia dei 12.000 punti provoca un´eccitazione palpabile come qui a Davos. Dopotutto è qui che in questi giorni si concentra fisicamente la massima parte dei patrimoni miliardari quotati in Borsa. Le cose vanno davvero bene per uno come Jamie Dimon, il banchiere di JP Morgan Chase reduce da un aumento del 50% dei profitti, che intende elargire in dividendi, stock options e bonus altrettanto generosi: abbonderà cominciando da se stesso.
O il suo omologo inglese di Barclays, Bob Diamond, che ha appena dichiarato: «C´è stata l´epoca in cui le banche avevano rimorsi e chiedevano scusa, ora basta». E´ proprio così, per l´Uomo di Davos la crisi è stata breve, è già finita da un pezzo. La superélite globale che si riunisce come ogni anno al World Economic Forum è rimbalzata alla grande, verso un nuovo boom. Già nel 2009, ancora nel mezzo del tunnel della crisi, in America gli unici che ebbero un aumento dei redditi furono il 5% dei più ricchi, mentre il resto della nazione s´impoveriva. Ma questa diseguaglianza crescente, stridente, esagerata, insinua un dubbio e un allarme nel summit mondiale sui monti svizzeri. L´eccesso di "hubris" dei ricchi può provocare l´inizio della loro fine? Sarà la miccia per l´esplosione di conflitti sociali gravi? Gli organizzatori del Forum quest´anno hanno chiamato qui uno studioso indiano, l´economista Ragharam Rajan che insegna all´università di Chicago.
Lui ha cominciato a studiare la "deriva oligarchica" in paesi emergenti come l´India, la Russia: in proporzione sul loro Pil, hanno la più alta percentuale di miliardari del mondo. Ma poi si è accorto che l´America sta diventando sempre più simile: anche lei si avvia ad essere plutocrazia? Robert Liebermann della Columbia University dimostra che «la quota del reddito nazionale Usa che va all´un per cento della popolazione più ricca era l´8% del totale negli anni Sessanta, oggi supera il 20%». La scoperta di questo World Economic Forum è questa: la diseguaglianza che conta ha cambiato dimensione.
Non è più quella tra il G7 e gli altri, o tra il Nord e il Sud del pianeta. Anzi, proprio mentre il boom delle nazioni emergenti andava riducendo quel tipo tradizionale di diseguaglianza mondiale, è all´interno di ogni singola società che la distanza tra i ricchi e gli altri ha preso a correre in modo forsennato. Accelerando addirittura per effetto della crisi.