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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

VIA POMA, 24 ANNI ALL´EX DI SIMONETTA "NIENTE ERGASTOLO, ORA È UN ALTRO UOMO" - ROMA

Ore 16 in punto, suona la campanella, i giudici escono dopo tre ore in camera di consiglio. C´è un silenzio che si taglia con il coltello, ma la voce del giudice Evelina Canale, presidente della Terza Corte d´Assise del Tribunale di Roma, si sente appena. Abbastanza per percepire quella parola: colpevole. E quel numero: 24 anni. È gelo. Raniero Busco, l´ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, uccisa nell´ufficio in cui lavorava in via Poma il 7 agosto del 1990, unico imputato per quel delitto, è colpevole. Per la legge è stato lui ad uccidere con 29 coltellate la sua ragazza in quel pomeriggio d´estate. Lui, l´«amato Raniero», inchiodato da un morso sul seno e dal dna sul corpetto. Condannato a 24 anni di carcere (gli sono state concesse le attenuanti, la Procura aveva chiesto l´ergastolo per l´aggravante della crudeltà per le 29 coltellate) e al pagamento delle spese processuali. Una sentenza che diventerà esecutiva solo dopo il terzo grado. E che è arrivata dopo un´attenta analisi degli atti e della personalità dell´imputato: «Nello scegliere di infliggere 24 anni invece dell´ergastolo ha pesato il fatto che la sentenza di ergastolo, applicata a un uomo così diverso da quello che era 20 anni fa, sarebbe stata eccessiva», trapela dalla corte d´Assise. Per i magistrati, comunque, nel giudicare Busco avrebbe avuto un ruolo la consapevolezza «che la prova scientifica non perde di validità e di efficacia neanche in tanti anni».
L´ex ragazzo della vittima, oggi 46enne meccanico dell´Alitalia, viene anche interdetto dai pubblici uffici e gli viene sospesa la potestà genitoriale (è padre di due gemelli di 9 anni). Poi c´è la condanna al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese legali per le parti civili: per la madre e la sorella di Simonetta, Paola e Anna Di Giambattista, è stata prevista una provvisionale immediata rispettivamente di 100 e 50 mila euro. E anche per il Comune di Roma arriverà un indennizzo. I giudici hanno bocciato anche il sequestro preventivo dei beni dell´imputato chiesto dai legali della famiglia.
Si chiude così un´indagine durata 20 anni in cui, proprio come in un thriller, non ci si è risparmiati nulla. Compresi colpi di scena, misteri e suicidi. E il finale a sorpresa è proprio lui, Raniero, fidanzato magari non esemplare ma che, per anni, rimane fuori da ogni sospetto. Fino a che, nel 2004, i carabinieri del Ris non trovano il suo dna durante l´esame degli indumenti che Simonetta indossava quel giorno. Il caso viene riaperto e il 6 settembre del 2007 viene iscritto nel registro degli indagati con l´accusa di omicidio volontario. Tutto così ricomincia. L´inizio di un incubo, hanno più volte spiegato Busco e sua moglie, Roberta Milletarì che gli è sempre stata accanto. Non si sono persi una sola udienza del processo e c´erano anche ieri, i Busco. Si sono guardati negli occhi e abbracciati negli istanti prima che la Corte uscisse per comunicare la decisione. Si aspettavano altro. E quando il giudice ha letto le prime righe della sentenza, lui ha chinato il capo e si è accasciato sul fratello, Paolo, che portandolo fuori ha urlato alla Corte: «Ma che state a dì?». «No», gridavano gli amici, mentre il loro Raniero, poco più in là si disperava. «Non ci credo», diceva. «Non è giusto. Perché ci deve essere una seconda vittima?». Deluso anche il suo avvocato, Paolo Loria, che promette ricorso in appello: «Per noi è una forte delusione. Forse questa sentenza accontenta qualcuno, ma non certo il concetto di giustizia».
Giustizia sente invece di averla finalmente avuta, dopo 20 anni di misteri e dolore, la famiglia Cesaroni. Paola, sorella di Simonetta, assistita dagli avvocati Francesca Mondani e Massimo Lauro, è commossa: «È la conferma che abbiamo fatto bene a non perdere mai fiducia nella giustizia».