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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

Sbagliato o giusto, quel verdetto è un’atrocità - Questa sentenza ha l’ef­fetto di uno sparo in chiesa: improvvisamente, sveglia tut­ti su una durissima realtà

Sbagliato o giusto, quel verdetto è un’atrocità - Questa sentenza ha l’ef­fetto di uno sparo in chiesa: improvvisamente, sveglia tut­ti su una durissima realtà. È il momento di spazzare via dal­la tavolata, come tirando la to­vaglia con un colpo deciso, l’ameno armamentario del nostro facile giallismo tv. Non è più il momento del pla­­stico, dei criminologi svalvo­lati, del derby tra innocentisti e colpevolisti. È il momento di una riflessione complessa e dolorosa, se ancora ne sia­mo capaci. C’è un uomo poco più che quarantenne, nel pieno degli anni, con moglie e due figli. Dopo il delitto del ’90, si è ri­fatto una vita: mai modo di di­re è risultato più vero. Sì, Ra­niero Busco è vissuto un’al­tra volta. Con un’altra storia, con altre persone e altri pro­getti. L’idea che adesso que­sta seconda vita, iniziata a vent’anni e durata esatta­mente altri vent’anni, debba finire al macero, come non fosse nemmeno mai comin­ciata, è in ogni caso spavento­sa. Per la società, metà della sua vita è inutile, vuota, priva di alcun valore:l’imputato de­ve riavvolgere il nastro e tor­nare all’estate del ’90. Lì, co­me se allora qualcosa o qual­cuno avesse schiacciato il ta­sto dello stand- by, deve ades­so ricominciare. Con un’al­tra storia e un’altra prospetti­va. In galera per 24 anni. È giusto così? È accettabile che questo Busco, quaranten­ne marito e padre di famiglia, sconti la pena per il Busco di allora,ventenne e tutta un’al­tra persona? Casualmente, non possiamo nemmeno far partire il disco sui tempi della giustizia italiana: come per paradosso, tutto questo av­viene invece per la sua inso­spettata efficienza, o almeno grazie al suo aggiornamento scientifico, che ha sfruttato l’esame del Dna allora impos­sibile. Niente da fare,non c’è lassi­smo sul quale infierire con moralismi e indignazione. Non ci sono scappatoie: sia­mo soli con la nostra coscien­za. Il quadro è di una sempli­cità raggelante. Prima ipote­si: Busco è davvero colpevo­le. La tentazione è dire subito che allora deve andare in ga­lera, perché quello è il posto degli assassini. Ma persino questo caso, apparentemen­te così semplice e lineare, im­plica il suo tormento: davve­ro è giusto che un altro Bu­sco, nei fatti capace di vivere decorosamente in un conses­so civico, come chiedono qualunque pena e qualun­que recupero, proprio que­sto Busco paghi adesso, in un’altra vita, la colpa di quel Busco così diverso e così lon­tano? Comunque,c’è qualco­sa che angoscia. Ma poi, purtroppo, c’è la terribile ipotesi due: Busco è innocente. Allora: un uomo innocente viene prelevato a metà del suo cammino di vi­ta, strappato a moglie e figli, e sbattuto a marcire in cella. Questa ipotesi ci riporta bru­talmente all’eterno dilemma di qualunque società civile, sempre attuale e sempre irri­solto: peggio un colpevole in libertà o un innocente in car­cere? Entrambi sono orrori. Do­vendo scegliere, però, non ho dubbi. Il colpevole impu­nito è comunque un male sopportabile. Fa rabbia, ma è sopportabile.L’innocente ro­vinato per sempre è tutt’altra cosa: è un peso che nessuno può umanamente sostenere, mai.