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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

Una via d’uscita per Mubarak: cercasi erede - Le grandi proteste che hanno bloccato martedì l’Egitto hanno reso ancora più attuale la questione della successione al faraone Hosni Mubarak

Una via d’uscita per Mubarak: cercasi erede - Le grandi proteste che hanno bloccato martedì l’Egitto hanno reso ancora più attuale la questione della successione al faraone Hosni Mubarak. Le manifestazioni che si sono tenute al Cairo e in altre città del Paese sono state le più importanti degli ultimi decenni. Sull’onda del dissenso tunisino, comuni cittadini e attivisti hanno chiesto la fine del regime. Ie­ri, le contestazioni sono anda­te avanti ma in maniera più contenuta. Nelle ore più drammatiche di martedì, quando le televisioni riporta­vano la morte di due manife­stanti e un poliziotto, in molti si sono chiesti se la collera del­la popolazione stesse per ob­bligare il presidente 82enne, al potere dal 1981, a fare le va­ligie. Soltanto dieci giorni fa, contro ogni previsione, il lea­der tunisino Zine El Abidine Ben Ali è fuggito a causa della forza della piazza. Oggi a Tu­nisi si protesta ancora contro il nuovo governo di transizio­ne. A guidarlo c’è Mohamed Ghannouci, uomo dell’en­tourage di Ben Ali. È difficile capire in queste ore dove por­terà il dissenso egiziano e se acquisterà la forza di quello tunisino. La situazione al Cai­ro rende comunque più acu­to il problema del dopo Mu­barak e del chi potrebbe gui­dare una transizione in pre­senza di uno scenario alla tu­nisina. Mubarak non ha mai nominato un vice presidente o designato un «erede». E a pochi mesi dalle presidenzia­li del prossimo autunno, non sono stati resi noti i candidati del partito al potere. Sono al­meno dieci anni che si parla della possibilità di una suc­cessione «monastica». Il rais avrebbe scelto come suo del­fino il figlio Gamal, 47 anni. La sua «nuova guardia» è sta­ta alla testa negli ultimi anni di una progressiva liberaliz­zazione dell’economia. Quel­lo che succede in queste ore in Egitto rischia però di dare il colpo di grazia all’ipotesi Gamal. «Il regime potrebbe decidere di utilizzare l’uscita di scena del giovane Muba­rak come concessione alla rabbia popolare», spiega Jo­shua Stacher, esperto di me­dio oriente e sistemi autorita­ri. Secondo lui, se le manife­stazioni dovessero andare avanti creando un reale pro­blema al governo, Mubarak, come Ben Ali, potrebbe esse­re allontanato. Ma il regime si salverebbe. «Più che a una persona, penso a un’istituzio­ne che potrebbe prendere il potere. Quella che attualmen­te trae maggiore beneficio dalle relazioni con gli Stati Uniti e dagli aiuti economici americani è l’esercito». E pro­prio lunedì, scrive il quotidia­no egiziano Al Masri Al Youm , il capo dello Stato mag­giore, generale Sami Annan, personaggio molto apprezza­to dagli americani, sarebbe partito per Washington. Vici­no all’apparato di sicurezza e all’esercito c’è il capo dei ser­vizi segreti. Omar Suleiman ha in mano i dossier più sensi­bili del regime ed è una figura amica di Washington. Meno chiacchierato è il nome di Ah­med Shafik, ministro dell’ Aviazione civile, ex coman­dante dell’aviazione. Per al­cuni sarebbe un personaggio capace di evitare lotte di pote­re interne al regime. Nono­stante le manifestazioni, «il governo egiziano è stabile», ha detto martedì il segretario di Stato americano Hillary Clinton, tradendo l’ansia de­gli Stati Uniti. Per Washin­gton, l’Egitto di Mubarak è un alleato fondamentale nella regione. «Il dipartimento di Stato sembrerebbe preferire una transizione all’interno del regime per favorire la con­tinuità », spiega Stacher. Fuo­ri da palazzo, infatti, si muo­ve un’opposizione divisa, senza una strategia comune o un leader capace di dare for­ma politica alla contestazio­ne. Da un luogo imprecisato «all’estero»Mohammad Mu­­stafa el Baradei, ex direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica e fonda­tore dell’Organizzazione pa­triottica per il cambiamento, si sta preparando a tornare per cavalcare la rivolta.