Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

L’Italia si merita un ministro TreBondi col triplo delle risorse - Io non avevo dubbi e tutto ho fatto perché Sandro Bondi, l’amico Sandro Bondi, non si scoraggiasse sino al punto di di­mettersi prima del voto di fidu­cia

L’Italia si merita un ministro TreBondi col triplo delle risorse - Io non avevo dubbi e tutto ho fatto perché Sandro Bondi, l’amico Sandro Bondi, non si scoraggiasse sino al punto di di­mettersi prima del voto di fidu­cia. Devo dire che il presidente del Consiglio, al centro di un’in­chiesta ridicola e insensata, che minaccia le libertà personali nel­la assoluta irresponsabilità e in­coscienza degli stessi che hanno combattuto per garantirle, con­tro pregiudizi e moralismo (che invece vengono riesumati e ria­bilitati per colpire Berlusconi) ha avuto una felice intuizione po­litica di misurare sulla fiducia a Bondi la tenuta della sua maggio­ranza. È stato bene non cedere allo scoramento e alle ingiuste accuse com’è giustoora non ac­contentarsi della soddisfazione e abbandonare il campo per sfi­nimento e disgusto; e invece rico­minciare con nuovo slancio pro­prio per corrispondere onesta­mente alla rinnovata fiducia. Ora Bondi deve ricominciare e respingere colpo su colpo le ag­gr­essioni che ha dovuto soppor­tare. Non si può ascoltare Fabio Granata che, assessore ai Beni culturali in Sicilia, si è rivolto a Bondi con un disprezzo che non gli fa onore conoscendo perfetta­m­ente le difficoltà di chi ammini­stra un patrimonio così vasto e così esposto alla incuria, al desi­derio di speculazione. Durante la sua amministrazione la Sicilia è stata invasa dalle pale eoliche per un grave errore del presiden­te Cuffaro che non favorì la ma­fia per responsabilità che gli so­no state attribuite, ma per la irre­sponsabilità di non avere capito, lui come Granata, che stava dissi­pando uno dei valori più sacri della Sicilia, il paesaggio. Ma il re­ato­non è concorso esterno in as­sociazione mafiosa, ma assoluta ignoranza di un valore estetico primario tutelato dalla Costitu­zione. In questo Vendola è iden­tico a Cuffaro e ha le stesse re­sponsabilità politiche e morali nella sistematica devastazione del paesaggio pugliese. Ora Bondi ha la possibilità, co­sì come ha fatto a Sepino nel Mo­lise, difendendo il meraviglioso sito di Altilia, di dare segnali forti per impedire gli scempi annun­ciati nel Parco nazionale del­l’Abruzzo, nella sua Pontremoli, nell’entroterradi Fano e Pesaro, a San Nicola Arcella nel golfo di Policastro, a Melpignano in Sa­lento, a Monte Cervarola accan­t­o al Monte Cimone nell’Appen­nino tosco-emiliano, e perfino in Val Venosta. Bondi in questi anni ha combattuto una perso­nale battaglia per non essere tra­volto dalla diffusa incultura che ha favorito la falsificazione cultu­rale dell’energia pulita; e si è ri­bellato alla visione aritmetica del ministro dell’Economia che gli ha imposto tagli per una visio­ne sb­agliata della nostra partico­larissima condizione patrimo­niale. Da tempo io esorto il gover­no a ripensare l’articolazione dei ministeri, e ho immaginato una fusione tra il Tesoro e i Beni culturali in un solo ministero «del Tesoro dei Beni Culturali» sulla base di una semplice consi­derazione. Se noi entriamo nella casa di una persona che abbia al­­le pareti venti Van Gogh, quaran­ta Modigliani, cento Picasso, trenta De Chirico, non abbiamo dubbi che il proprietario sia una persona ricca. Noi, in Italia, ab­biamo ben di più, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Caravag­gio, Bernini, Canova, e come po­­tremmo essere poveri? Come po­tremmo abbandonare all’incu­ria tali capolavori? Chi possedes­se una semplice Ferrari la lasce­r­ebbe per strada senza protezio­ne per mesi? Io non ho mai visto una Ferrari sporca, ammaccata. Ma in tali condizioni ho visto ar­chitetture del Bernini e del Palla­dio, dimenticate, manomesse. Palazzo Ducale, a Venezia, crolla. La Reggia di Carditello è stata devastata dai barbari e dal­la camorra. Le chiese di Napoli hanno le porte murate per impe­d­ire furti. Sarà più preziosa un’ar­chit­ettura barocca o un’automo­bile di lusso? Ebbene questa per­cezione distorta dei nostri beni e del paesaggio porta a lesinare fi­nanziamenti e a stabilire tagli mentre sembra non esservi limi­ti alle spese per le intercettazio­ni. E si insiste a finanziare missio­ni all’estero con intollerabili sa­crifici umani. Tremonti ha rap­presentato un incubo per Bondi e io vorrei che nella fusione dei ministeri nascesse un Trebondi, triplicando il finanziamento dei Beni culturali. Ma la vigliaccata di attribuire a Bondi la responsa­bilità dei crolli a Pompei è la più grave forma di ipocrisia di chi ne ha chiesto la sfiducia. Un ministro non deve cono­scere lo stato dei muri di tutti i monumenti italiani ma garanti­re i finanziamenti per conserva­zione e restauri. Così fece Bondi con Pompei. La differenza tra la funzione politica e quella tecni­ca fu ribadita nel 1999 dall’allora ministro Melandri che non volle intervenire, pur potendolo, e per garantire l’autonomia dei suoi uffici, per impedire la disgu­st­osa cancellata della Villa comu­nale di Napoli: un orrore e una spesa inutile. Ma la Melandri sta­bilì: il ministro non deve entrare nelle decisioni dei suoi uffici tec­ni­ci e ne deve garantire l’autono­mia. Perché allora chiedere che Bondi risponda per l’insufficien­z­a dell’amministrazione di Pom­pei? Di fronte a tanta ingiustizia nell’attribuirgli responsabilità per colpe che non aveva oggi Bondi può riprendere il suo im­pegno con la rinnovata forza po­litica della maggioranza che lo ha sostenuto; e tenere la testa al­ta davanti a un’opposizione in malafede ma anche davanti al ministro dell’Economia che ha il dovere di sostenerlo. Per tutti noi. Per l’Italia.