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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

LA MUSICA IN STREAMING

Gli utenti vogliono tutta la musica subito, senza limiti né barriere né intermediari. Gratis (o quasi) e ovunque (su molteplici dispositivi e in vari luoghi). Sembra emergere questa lezione dagli ultimi dati e annunci dell’industria musicale digitale.

Sono tutti concentrati su modelli alternativi al negozio online, «dove ormai sembra che iTunes sia imbattibile, con una quota del 70 per cento nel mondo, mai in discesa», dice Mark Mulligan, analista di Forrester Research. Le ultime novità sono quindi due: la musica sulle nuvole (cioè in streaming) con ampi cataloghi a prezzi flat o gratis; negozi focalizzati su nicchie musicali, dove il modello è agli antipodi rispetto a quello delle case discografiche tradizionali e privilegia invece un rapporto diretto tra artisti e fan.

Così, «l’annuncio più notevole dell’evento francese Midem di questa settimana è il lancio di Qriocity di Sony anche in Italia, Germania, Spagna e Francia», dice Enzo Mazza, presidente di Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana). È un servizio cloud: a 3,99 euro al mese è una radio; a 9,99 euro consente accesso illimitato e on demand a un catalogo di 6 milioni di brani. Il limite principale è che richiede la Playstation 3, un notebook Vaio, un lettore Bluray o una tv Sony. Si aprirà però ad altri terminali (a partire da quelli Android).

Questa settimana è arrivato in Europa anche un altro servizio di streaming: Mspot (in beta), concorrente di Spotify, che «è ormai in Europa il secondo cliente della major, dopo iTunes – dice Mazza –. Ed è imminente il suo sbarco negli Usa». Per l’Italia ancora non se ne parla, ma ci consoliamo con YouTube, «che ormai da noi è usato, per la musica, più di siti e servizi pirata», continua. Gli operatori hanno capito l’antifona. E, dopo anni di indifferenza al business musicale, hanno cominciato a lanciare servizi in streaming ai propri utenti Adsl.

Il primo è stato Fastweb, a novembre, accordandosi con Dada, che nel 2010 ha fatto una virata dalla vendita di download allo streaming. «Sta andando molto bene, tanto che contiamo di ampliare l’offerta», dicono dall’operatore. Wind ha fatto un accordo con Sony per la propria Libero Tv. Arriva Telecom Italia: «A febbraio lanceremo un servizio di streaming per i nostri utenti Adsl», annuncia a Nova24 Fabrizio Gorietti, il direttore marketing.

La conferma è nei numeri presentati da Nielsen al Midem: in 53 nazioni, il 60 per cento del campione (26.644 utenti) ha fruito di video musicali in streaming negli ultimi tre mesi, contro il 20 per cento che ha scaricato file pirata e il 21 per cento che ha acquistato su iTunes.

«L’altra via per sfuggire allo scontro diretto con iTunes è coltivare una nicchia», dice Mulligan. Ultimo esempio, la crescita di Bandcamp. È una piattaforma che ha reso sistematico quello che fino a poco tempo fa era solo un esperimento dei Radiohead: è l’utente a decidere il prezzo dell’album da acquistare. Negli ultimi 30 giorni, ha ottenuto pagamenti per 476 mila dollari. Ha in catalogo ormai 161.850 album. Ci sono anche artisti famosi della scena indie, alcuni dei quali hanno rescisso il contratto con la propria etichetta per andare su Bandcamp: Sufjan Stevens, Amanda Palmer, Zoë Keating. Gli artisti maggiori, al solito, fissano un prezzo minimo per il download. Per la maggior parte sono però band poco note, che consentono anche il download gratuito. In ogni caso, i file sono senza protezioni e scaricabili da qualsiasi paese.

Da agosto Bandcamp ha un modello di business: prende il 15 per cento di revenue share, che scende al 10 per cento oltre i 5 mila dollari di incassi.

«Lo streaming e le nicchie sono modelli interessanti, ma ancora non si sa se saranno sostenibili economicamente», dice Mulligan. È la sfida che attende la musica digitale. «Vediamo già il caso di eMusic, che per migliorare il business ha pensato di uscire dalla nicchia: non offre più solo musica indie, ma anche delle major», continua. Nokia da gennaio ha sospeso in quasi tutti i paesi l’offerta con cui dava musica illimitata per un anno a fronte dell’acquisto di certi cellulari. Sono segnali di un mercato che va ancora a tentoni.

La sola cosa certa è che i vecchi modelli sono rotti. Secondo i dati appena usciti da Ifpi, nel 2010 il business mondiale della musica è calato del 9 per cento e quello del digitale è aumentato del 6 per cento.