Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 27/1/2011, 27 gennaio 2011
TREMONTI: SULLE ADDIZIONALI PAROLE AI SINDACI
La premessa è che l’Italia è l’unico paese europeo «senza finanza locale». C’era più federalismo fiscale durante il fascismo. Poi, dalla grande riforma dell’inizio degli anni Settanta in poi, si è andato stratificando un sistema fiscale completamente accentrato, il cui risultato è stato l’accumularsi del debito pubblico e l’assenza di fatto di responsabilità su entrate e uscite da parte delle autonomie locali. È stato il trionfo del «piè di lista», osserva il ministro dell’Economia Giulio Tremonti nel suo intervento in videoconferenza alla ventesima edizione di «Telefisco», l’appuntamento annuale del «Sole 24 Ore» dedicato ad una panoramica di tutti i temi caldi dell’agenda tributaria dell’anno. La riforma delle riforme – osserva Tremonti – è proprio il federalismo fiscale: non si tratta di un «salto nel vuoto», al contrario può essere considerato un «passaggio verso l’Europa», attraverso il ritorno alla regola fondamentale della spesa controllata direttamente dai cittadini.
Il federalismo
Federalismo fiscale come un processo che comincia adesso e si svilupperà «nei prossimi dieci anni». Da qui l’invito a non focalizzare l’attenzione sulle questioni oggetto in questi giorni di acceso confronto politico, in particolare le modalità applicative del federalismo municipale, ma a guardare oltre, a un processo che «non è impostato in modo traumatico o istantaneo». Un cambiamento che Tremonti definisce storico, soprattutto nel punto fondamentale del passaggio della spesa storica ai costi standard. Il livello identificato - osserva - «è il più alto possibile, è quello delle regioni del nord, non quello delle regioni meridionali più povere».
Addizionali Irpef
Quanto alle addizionali Irpef a beneficio dei comuni, in attesa della futura compartecipazione del 2% che il decreto legislativo riconosce ai municipi, per Tremonti si tratta non certo di un obbligo «ma di una facoltà, e la scelta dipende dai cittadini. Sono gli amministratori che sotto il controllo dei cittadini, devono risparmiare». Il dibattito è in corso in sede politica e alla "bicameralina" di San Macuto, comprese le spinte per la proroga di sei mesi nel varo di tutti i decreti legislativi. Dal suo punto di vista, Tremonti si limita a osservare che la legge delega è stata approvata nel maggio del 2009 «con un ampio consenso», e che il provvedimento sul federalismo municipale «è in Parlamento dal 5 agosto dello scorso anno. Com’è che proprio adesso si dice che c’è bisogno di più tempo?» Una richiesta, avanzata da ultimo dal «terzo polo» che per il ministro dell’Economia pare «condizionata dal clima politico complessivo che si è creato». D’altro canto, qui non si sta discutendo di una «finanziaria annuale», ma di una «riforma strutturale». Passare per tutti i servizi pubblici locali al criterio del costo standard è uno sforzo «colossale ma fondamentale».
Del resto – questo il ragionamento del ministro dell’Economia – i comuni sono «chiamati all’appello» su una partita fondamentale, quella del contrasto all’evasione fiscale. Certo, la competenza primaria resta dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, «ma anche i comuni devono scendere in campo, rimboccarsi le maniche. In alcuni casi hanno già cominciato a farlo».
La riforma del fisco
Dal federalismo fiscale, magna pars dell’intervento del ministro, alla riforma complessiva del sistema tributario, affidata in questa fase alla ricognizione preliminare di quattro tavoli tecnici, in cui sono rappresentate forze sociali e istituzioni, tra cui l’Istat e la Banca d’Italia. «Stanno lavorando, hanno cominciato da poco, a novembre. Quando avranno finito, ci faremo un’idea». Il focus è sul gran numero di detrazioni, deduzioni e agevolazioni che rappresentano «due torri di Babele, una fiscale, l’altra sociale». È in sostanza il prodotto di un sistema stratificatosi dai tempi della grande riforma del 1973, e negli interventi successivi: un anno si agiva sulle detrazioni, un altro sull’assegno sociale per i figli, e poi magari sulle deduzioni per carichi di famiglia, sottolinea Tremonti. L’obiettivo preliminare della riforma è «fare l’inventario di tutti questi interventi. Stiamo cercando di far parlare l’Agenzia delle Entrate e l’Inps. La realtà è che non abbiamo ancora chiara la mappa effettiva della spesa pubblica». Il nostro - aggiunge - è il paese in cui si detraggono «palestre e finestre», mentre l’obiettivo è offrire ai contribuenti la scelta tra diverse opzioni.
I tempi di attuazione della riforma? Tremonti osserva come il nostro sia «l’unico paese in Europa che sta conducendo studi per una generale, grande riforma fiscale». L’ambizione del governo è di disegnare «la più grande riforma fiscale del nuovo secolo». Il percorso non si annuncia breve. Prima di tutto occorre poter disporre «dei numeri», tenendo conto che il nostro debito pubblico è il «più alto in Europa e il terzo nel mondo».
I conti pubblici
Infine, la difesa dell’operato del governo, per replicare prima di tutto alle critiche che gli vengono rivolte di aver tenuto sotto controllo i conti pubblici, ma di non aver varato le necessarie riforme strutturali per sostenere la crescita. La linea di Tremonti è che attribuirgli il merito di aver tenuto sul fronte del bilancio pubblico non equivale ad una sorta di ossequio a una «divinità astratta». Cita Quintino Sella, sulla cui scrivania è seduto, per ricordare che nel bilancio pubblico è possibile rintracciare «i vizi e le virtù di un popolo. C’è dentro il risparmio pubblico e quello delle famiglie». La conclusione è che «ha tenuto il bilancio delle famiglie», l’altra faccia della «tenuta dei conti pubblici».
La spesa e gli ammortizzatori
Il governo non ha messo in campo alcuna iniziativa mirata di spesa? «Abbiamo fatto molta spesa pubblica – risponde il ministro – concentrata sugli ammortizzatori sociali». Inoltre si è cercato di «tenere aperto il canale di finanziamento dalle banche alle imprese. L’idea della moratoria è stata apprezzata ed applicata bene». È imminente – annuncia – una «buona notizia» da Bruxelles sulle reti d’impresa: «In questo modo le aziende del nostro Paese potranno andare in banca o all’estero non come singoli ma sfruttando la forza delle aggregazioni».
In conclusione, i capitoli del lavoro e delle riforme strutturali. Tremonti rivendica al governo il merito di aver detassato i contratti di produttività, e di aver approvato «la migliore riforma delle pensioni in Europa, come riconosce la stessa commissione europea. Credo che l’Italia sia un grande paese. All’estero è considerata tale».