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 2011  gennaio 25 Martedì calendario

IRLANDA, I VERDI SALUTANO MR. COWEN. E ORA LA FINANZIARIA RISCHIA DI SALTARE

Londra. Non c’è pace per l’Irlanda. Dopo il quasi default, il piano di salvataggio, l’indizione di elezioni anticipate per l’11 marzo prossimo e le dimissioni del premier Brian Cowen da leader del Fianna Fàil, ora è la fuoriuscita dalla coalizione di governo dei Verdi - partito minuscolo ma fondamentale per la tenuta numerica della maggioranza - a creare nuove ombre per il futuro del paese.
Primo, una tale escalation potrebbe rendere ineludibile l’ulteriore anticipazione dell’appuntamento con le urne. Secondo, l’approvazione del budget da 6 miliardi di euro, conditio sine qua non per sbloccare il prestito di 85 miliardi di euro da parte di Ue e Fmi, rischia di scivolare su un cammino molto accidentato. Non è un caso che ieri il ministro delle Finanze, Brian Lehinan, abbia convocato d’urgenza i Verdi e i partiti di opposizione per scongiurare ritardi o, peggio ancora, veti a quella che appare la manovra finanziaria più importante nella storia del Paese. John Gormley, leader dei Verdi, ha immediatamente reso noto che i suoi uomini daranno il via libera al budget per senso di responsabilità, ricordando però come ora il paese abbia bisogno di «certezze, sia politiche che economiche». Per ora la certezza è una sola: la data del voto sarà anticipata a metà febbraio. Ma cosa spaventa davvero i politici irlandesi? La piazza. Benché Dublino non abbia vissuto rivolte in stile greco, è sempre più forte nell’isola la convinzione che l’Ue stia punendo eccessivamente l’Irlanda. Un argomento che peserà decisamente sul voto, con partiti massimalisti come lo Sinn Féin pronti a fare il pieno di consensi anche a causa del crollo annunciato del voto nazionalista moderato del Fianna Fàil.
Ma hanno ragione gli irlandesi a gidicare Bruxelles sempre più una matrigna? Stando a quanto scritto nell’Articolo 4 del report sull’Irlanda del Fmi del settembre 2007, non hanno tutti i torti: «Le performance economiche restano molto forti, supportate da politiche solide. Dati i forti fondamentali dell’economia irlandese e il serio coinvolgimento delle autorità nei confronti di politiche valide, il Direttorio si aspetta che la crescita economica resterà robusta nel medio termine». Di più, per l’Fmi l’Irlanda era in surplus fiscale del 3 per cento sul Pil e il debito pubblico totale era solo del 12 per cento: insomma, il paese aveva pressoché eliminato il suo debito pubblico. Non a caso, all’epoca lo staff di Manuel Barroso pose le proprie firme sotto lo Stability Update del dicembre 2007, nel quale si concordava con l’Fmi riconoscendo che Dublino stava portando avanti una politica fiscale responsabile.
Insomma, Dublino avrà esagerato con la politica fiscale, ma il mondo applaudiva invece di dire basta. L’irritazione popolare si basa anche sul fatto che l’Ue prende a prestito denaro al 2,59 per cento e chiede all’Irlanda un tasso del 5,8 per cento (a fronte di una contrazione nominale del prodotto nazionale lordo del 23 per cento) per ottenere il prestito di salvataggio: va bene guadagnare sullo spread del differenziale tra i tassi - dicono sempre più osservatori a Dublino - ma quello applicato appare un margine deliberatamente punitivo verso l’ex Tigre celtica (lo 0,8 in più di quanto chiesto alla Grecia).
In queste condizioni, riuscirà Brian Cowen a sbrogliare l’intricata matassa in tempi utili? Questa settimana appare decisiva, a partire dall’ufficializzazione della nuova data per le elezioni anticipate. Ma da Londra arrivano notizie confortanti: dati diffusi ieri nella City dimostrano come la domanda per contratti usati come difesa dal declino dell’euro stia letteralmente scomparendo dai mercati al ritmo più veloce dal settembre scorso, sintomo che gli speculatori stanno correndo a chiudere le loro scommesse sul crollo della moneta unica, un modello che solitamente preannuncia un apprezzamento della valuta di circa il 13 per cento nei due mesi seguenti.
Cosa significa tutto questo? Che alla fine la Germania dovrà cedere all’ampliamento del Fondo salvastati. E il nuovo governo irlandese potrà così tentare di rinegoziare i termini del salvataggio, in primis il tasso d’interesse applicato al suo prestito: argomento che è già un mantra elettorale sia del Fine Gael che dello Sinn Féin.