Cristiana Mangani, Il Messaggero 26/1/2010, 26 gennaio 2010
PARLA LA SORELLA DI SIMONETTA: «CREDO AI PM: È STATO BUSCO»
Poche ore alla sentenza, tra versioni modificate, contraddizioni, prove scientifiche e testimonianze piene di dubbi e non so. La terza Corte d’Assise sta per chiudere il primo vero atto sul delitto di via Poma.
Impossibile immaginare quale sarà il verdetto, perché mai come in questo caso, giudici togati e popolari sono stati “neutrali”. Nessuna espressione di troppo, né sorrisi o accondiscendenze. Quello che c’è agli atti contro Raniero Busco, l’ex fidanzato della vittima, verrà valutato durante una Camera di consiglio che dovrebbe iniziare già intorno alle tredici di oggi, per finire in serata. Nel frattempo, però, c’è chi durante il processo ha maturato una sua convinzione, ed è Paola Cesaroni, sorella diSimonetta.
Insieme con il resto della famiglia non ha mai smesso di lottare per la ricerca della verità. E ora, per la prima volta dopo vent’anni dall’omicidio ha deciso di parlare. «Avevamo un bel rapporto io e Simonetta - ricorda con un dolore che non ha mai smesso di accompagnare le sue giornate - Eravamo due amiche. Lei si confidava con me, mi raccontava le cose personali, perché io ero la maggiore tra le due. Era una ragazza perbene».
Paola è venuta in aula a parlare di sua sorella, delle sue abitudini, del suo carattere, e di quale era il suo rapporto con Raniero, il fidanzato di quegli anni, che non voleva impegnarsi troppo con lei. E ora, a poche ore dalla sentenza, dice: «Cosa penso di Busco? Se penso che sia stato lui? Credo che le prove acquisite dalla procura siano rilevanti, e che con quelle si potrebbe arrivare a una condanna». Ha un nome, dunque, per lei l’assassino della sorella ed è quello dell’ex fidanzato. Ci crede perché - ribadisce - «il lavoro che è stato fatto dai pm porta a lui».
Saranno i giudici a decidere se e quali colpe il meccanico di Morena ha avuto in questa storia. Per anni la sua posizione non è stata neanche vagliata. Le indagini lo hanno escluso fino al 2007 quando si è ritrovato indagato per omidicio volontario aggravato dalla crudeltà. Durante il processo la famiglia della vittima ha scelto di farsi rappresentare dall’avvocato “storico”, Lucio Molinaro, profondo conoscitore delle indagini, e dagli avvocati Federica Mondani e Massimo Lauro. Proprio la Mondani ieri ha seguito Paola davanti alle telecamere di Matrix che l’ha intervistata senza, però, riprenderla, così come da lei richiesto. «La scelta di parlare dopo vent’anni - ha motivato la Cesaroni - è per sottolineare che noi siamo stati sempre vicini al lavoro alla procura. Prima mio padre, che ha seguito passo dopo passo le indagini. E,dopo la sua morte, io stessa. Ho scelto di non farmi riprendere perché non voglio spettacolarizzazioni. È un momento delicato, ci sarà una sentenza, e sebbene in tutti questi anni non ci siamo fatti vedere in pubblico, ci siamo sempre stati». L’ultimo pensiero, poi, è per la sorella: «In aula era con noi - aggiunge - Era presente attraverso le sue lettere, le sue sofferenze. Non è mai stata una ragazza che dava confidenza a chi non conosceva. Se così fosse stato, forse non sarebbe morta. È morta perché innamorata di quell’uomo, ed è a quell’uomo che ha dato fiducia».
Stamattina ci saranno le repliche. Gli avvocati Mondani e Lauro diranno che sperano che «la Corte non trascuri nulla: dagli alibi al Dna, dagli accertamenti tecnici all’analisi della personalità dell’imputato». «In questa storia - concludono - si è vista gente ritrattare o modificare la prima versione, ma le accuse nei confronti di Busco sono sembrate sempre certe. Comunque sufficienti per giungere a una condanna».