Daniela Monti, Corriere della Sera 27/01/2011, 27 gennaio 2011
ARIANE DE ROTHSCHILD E LE SUE FIGLIE: «NOI CAMBIEREMO L’ALTA FINANZA» —
Siede in tutti i consigli di amministrazione del gruppo Edmond de Rothschild. Con il suo volto (apparentemente senza trucco) di piacevole signora di 44 anni libera dall’ansia di doverne dimostrare dieci meno, capelli pettinati da sé e trattenuti da un fermaglio, Ariane de Rothschild sta portando avanti la sua personale rivoluzione che consiste nello svecchiare l’ambiente maschilista — per non dire misogino— dell’alta finanza. «Pari opportunità» sono le sue parole chiave. «Bisogna che si abituino ad Ariane, perché sarà una delle nostre figlie, un giorno, a prendere le redini del gruppo» , ha detto Benjamin de Rothschild, il marito, in un’intervista a Le Nouvel Observateur, raccontando come non tutti abbiamo visto di buon occhio l’intrusione femminile nelle stanze che contano. Quattro figlie, fra gli 8 e i 15 anni, tutte femmine. Ariane ha aperto le porte, ma il bello deve ancora venire. Così non è esagerato dire che il volto nuovo della dinastia e della banca Rothschild è, e sarà ancora di più, donna. «Quando faccio questi discorsi, i nostri partner ridono, non mi credono — dice la baronessa, a Milano per presentare il premio per giovani artisti che porta il suo nome —. Ma intanto io sono lì, nel consiglio, discuto, prendo decisioni. Ma non è un dibattito di genere, piuttosto uno di competenze. Quanto alle mie figlie, è ovvio che saranno loro a scegliere di cosa occuparsi nella vita. Seguendo mio padre, a me è venuto spontaneo appassionarmi agli affari. Mio fratello, invece, è agronomo: come finanziere sarebbe stato un disastro. Questo significa che le difficoltà della successione sono le stesse, sia che si tratti di discendenti maschi, che di femmine» . Nata a San Salvador, studi economici, nel 1993 incontra Benjamin de Rothschild e nel novembre del 2009 diventa vice presidente della Holding. Benjamin, 47 anni, quarta generazione di James de Rothschild, fondatore del ramo parigino dell’impero, nel 1997 eredita dal padre Edmond un gruppo finanziario con 600 dipendenti. Oggi ne ha 2.700 e gestisce 130 miliardi di euro. Donne nell’economia: che ne è delle competenze femminili con la crisi? «Penso che effettivamente le donne siano le più penalizzate— risponde la baronessa —, però ho un’altra convinzione, più profonda: vivo questa crisi come un’opportunità, perché ha fatto salire nella scala delle priorità i valori naturali di cui le donne sono portatrici» . Guardiamoci intorno: le donne gestiscono marito, figli, casa, lavoro. «Io stessa questa mattina alle 7 e 30 ho sentito al telefono la mia figlia più piccola — racconta — ho presentato il premio per giovani artisti che quest’anno approda in Italia, poi ho svolto tutta una serie di impegni legati al business. La mia vita si regge su un equilibrio che per molte donne è naturale ed è esattamente questo ciò di cui oggi hanno necessità le imprese. Quando una donna prende una decisione ragiona seguendo molti parametri, ha uno sguardo globale. Molte stanno emergendo in Francia, Spagna, Italia. Véronique Morali è la prima francese a sedere in un consiglio di amministrazione americano. Emma Marcegaglia è fantastica» . Dunque le quote rosa: servono? «Dico sì, consapevole però che c’è un prezzo da pagare, perché qualcuno si sentirà libero di dire di una donna che "sta in quel cda perché ci sono le quote, non per il suo valore". Spero che fra dieci anni nessuno ne parlerà più, perché non saranno più necessarie» . L’arte non è un passatempo. «Da una parte collezioniamo, dall’altra sosteniamo gli artisti. E gli artigiani: in Italia ci sono ancora tanti straordinari mestieri d’arte» . La passione per l’avanguardia le ha allenato il fiuto e il senso del rischio, gli stessi che utilizza per gestire in modo che definisce «innovativo» la Fondazione Rothschild, di cui è presidente. «Voglio rompere con il passato. È interessante, per gente che si chiama Rothschild e che ha fama di collezionista classico, tradizionale, sperimentare nuove vie andando a scoprire artisti sconosciuti. È importante per me dare una chance di emergere a ragazzi che altrimenti farebbero una enorme fatica. La Fondazione testa modelli nuovi, economici o di funzionamento, osa. Faccio molti paralleli fra il mondo degli affari e quello dell’arte: ciò che funziona in un contesto, può dimostrarsi efficace anche nell’altro. Prendiamo l’accordo che avete fatto in Italia per il restauro del vostro Colosseo: non vedo perché non potremmo replicare questa partnership pubblico-privato anche nella filantropia» . Dallo scorso novembre, la banca privata de Rothschild ha ottenuto in Italia lo status di banca a tutti gli effetti. Il mercato italiano è fertile, l’arrivo a Milano del premio artistico non è una coincidenza, ma un altro frutto del pragmatismo della baronessa che parla della necessità di un «capitalismo nuovo» , un «capitalismo familiare» . «La mia convinzione profonda è che questa crisi sia strutturale. Le società familiari hanno reagito meglio perché sono naturalmente portate ad avere uno sguardo più lungo, la prospettiva lungimirante che anima chi fa le cose per i propri figli. Sono dunque società che hanno più stabilità, più responsabilità. È anche una questione di heritage morale. L’eredità dei de Rothschild è complessa, siamo un grande gruppo con un’enorme varietà di attività. Passiamo dal vino alla banca e tutto questo trova il suo punto d’unione nella famiglia. È la nostra caratteristica, il punto di forza. Una delle difficoltà dei grandi gruppi internazionali quotati in Borsa, nonostante i loro vantaggi, è sapere a chi appartengono, chi sono» . Serve più anima nella finanza, racconta, e «la famiglia è una chiave per cambiare le cose. I soldi non sono tutto: quando i banchieri vengono da me gonfi di sé, io ricordo sempre che nel gruppo ci sono anche attività che danno zero come profitto, ma che non sono meno importanti perché ci aiutano a mantenere forte il legame con la realtà. Penso che all’origine della crisi del sistema finanziario internazionale ci fosse proprio la lontananza fra finanza ed economia reale» . Far partecipare i dipendenti agli utili? «È stata una delle prime misure adottate da mio marito: distribuire una parte del capitale a tutti i dipendenti, dalla segretaria al capo, tutti. L’idea è dare alla gente il senso di appartenenza e responsabilità» . Da bambina ha vissuto in paesi poveri come il Congo e il Bangladesh. «Quando cresci dentro certe realtà — pur in una situazione diversa da quella della maggior parte della popolazione — diventi più sensibile a certe cose, al valore del denaro e a tutto quello che c’è oltre il denaro» . Le sue figlie, però, hanno un’esperienza diversa. «È vero, ma tutti gli anni le porto in Africa, vedono, ascoltano. Sono ragazze molto semplici, con un loro equilibrio» .
Daniela Monti