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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

L’ELITE GLOBALE TRAVOLTA DALLA STRANA COPPIA. IL DERBY

BLACKBERRY-iPAD— Quando non è in una riunione o in un dibattito pubblico— dove è vietato —, Arianna Huffington si muove per i corridoi del centro congressi di Davos appesa al telefono: chiamate e messaggi.
La fondatrice e direttrice dell’Huffington Post— un sito web di opinioni e di social news — preferisce un Blackberry con la coperta viola. Sui capelli biondi stacca. Ma si è anche portata un altro Blackberry, per questioni di durata della batteria. Poi, arrivando dagli Stati Uniti al World Economic Forum si è messa in borsa un iPhone, per via degli app. E un iPad, che ha la batteria lunga ed è leggero. Ma anche un laptop: dà più garanzie e si possono scrivere documenti lunghi.
«Già— dice— cinque strumenti» : guida uno dei giornali online più seguiti d’America e non può rischiare un blackout tecnologico. Al summit delle élite globali in corso sulle Alpi svizzere, però, quest’anno la signora Huffington è il modello. Tutti — top manager, professori, imprenditori sociali, intellettuali — a testa china, a mandare email e messaggi, a tenersi in contatto con il resto del mondo. Nel luogo che questa settimana è smart per definizione, gli smartphone e le tablet tipo iPad hanno sequestrato la scena. «No, non sono tecnologicamente avanzato» , si schermisce Abdul Rahman Mohd Razali, presidente del gruppo malese Peremba. Però dalla Malaysia è arrivato in Svizzera con un iPhone e un iPad: niente personal computer.
L’élite globale questa settimana a convegno sulle Alpi è infatti tecnologicamente travolta dallo tsunami dei nuovi strumenti di comunicazione. Ma è anche divisa secondo linee precise: iPhone contro Blackberry e tablet contro laptop. «Sono qui con due telefoni, un iPhone e un Hdc, e un iPad— racconta Vera Kurochkina — viceamministratore delegato di Rusal, una delle maggiori conglomerate russe —. Certo, lo smartphone della Apple è più semplice da usare» .
L’iPad, invece, mi serve per navigare con facilità, per le email: non sostituisce il pc, più solido, ma per viaggiare spesso è l’ideale. Il risultato è che nel mio approccio al lavoro è cambiato tutto, sono libera di muovermi senza problemi di comunicazione» . In Russia, il Blackberry è poco diffuso. Ma tra i businessmen di Davos, molti americani e molti asiatici, vince di qualche lunghezza.
Un sondaggio non scientifico ha stabilito che ogni dieci Blackberry al Forum ci sono tre-quattro iPhone. «Preferisco il Blackberry perché è più solido — spiega Dylan Taylor, numero uno della Colliers International di Seattle —. Ma sono qui anche con un laptop, con un iPad e con un telefono Sophomore» . Un partecipante al summit che non vuole essere nominato perché ha come clienti molte imprese di software telefonico, spiega che, oltre a essere più solido, il Blackberry ha il vantaggio del tastierino che permette di usarlo con una mano sola. E che, poi, negli Stati Uniti è ormai lo smartphone degli uomini d’affari, mentre l’iPhone è più una questione di stile e di status, o di appartenenza ideologica alla galassia Apple. «Io viaggio con un telefonino normale e con un Blackberry — dice l’ex ministro delle Finanze italiano Domenico Siniscalco, oggi con la banca Morgan Stanley —. Non con un touch screen perché i messaggi poi partono senza che io lo voglia. Con questi strumenti posso non andare in ufficio per una settimana: per telefonare uso il cellulare normale, mentre il Blackberry mi serve solo per le email, così la batteria dura anche quattro giorni. Sono tecnologie che cambiano il modo di lavorare: per esempio, ho tagliato drammaticamente il numero delle conversazioni telefoniche» .
L’amministratore delegato di Banca Intesa Corrado Passera introduce invece la variabile iPad, che si è portato a Davos assieme a un semplice telefonino di quelli per niente smart. «Mi permette di fare tutto — dice —. Soprattutto di mandare le email che prima, quando viaggiavo, dovevo rimandare oppure fare spedire ad altri» . Sta insomma succedendo che ognuno crea un proprio mix di strumenti per la voce e di strumenti per i dati. Siniscalco, per esempio, non usa l’iPad perché dice che l’avrebbe già perso più volte. Altri perché è quasi impossibile scriverci documenti di grandi dimensioni: tanto è vero che il rapporto tra laptop e iPad quest’anno a Davos è ancora di cinque a uno. Ma molti vivono e prosperano con l’iPad. L’esperto di politica internazionale Moisés Naim, per esempio, dice di essere «dipendente dall’iPad: per me, ormai, l’informazione passa da lì, e ci leggo anche molti libri» . Christopher Rodrigues, presidente della International Personal Finance che da Londra si occupa di microcredito, da Davos usa l’iPad per verificare come sta funzionando, momento per momento, la società. Il solo guaio è che fino a qualche anno fa a Davos tutti parlavano con tutti. Ora stanno a testa china.
Danilo Taino