Massimo Galli, ItaliaOggi 27/1/2011, 27 gennaio 2011
LE SCARPE CINESI ATTACCANO GLI USA
Un’azienda cinese vuol fare le scarpe agli Stati Uniti. Nel senso letterale del termine. Protagonista delle mire espansionistiche sul suolo americano è Li Ning, realtà cinese che produce calzature sportive (il marchio è Li-Ning, con il trattino). Mentre si consolida lo sviluppo economico del paese asiatico, i suoi imprenditori acquisiscono sempre più fiducia nei propri mezzi e si sentono pronti per il salto di qualità: vendere non soltanto entro i propri confini ma anche all’estero.
Li-Ning, che prende il nome dall’omonimo fondatore, è tra i primi marchi rivolti al consumatore finale che tenta di ingraziarsi la simpatia degli americani.
Con tutti i limiti del caso, però. A cominciare dagli strumenti per farsi conoscere: non potendo competere con un colosso come Nike, l’azienda cinese ha deciso di non spendere cifre ingenti nel marketing, affidandosi invece a un video irriverente su YouTube. Un agente importatore cerca di convincere due ufficiali della dogana Usa che le nuove scarpe F2 sono vere e non sono la copia di un marchio celebre.
Di fatto, la Cina deve ancora costruire un marchio di peso che possa competere con grossi calibri nazionali come Google o Sony. Per Jay Li, direttore generale della divisione internazionale del gruppo cinese, è un processo di scoperta di quale lato del dna cinese sia in grado di sintonizzarsi con gli acquirenti americani. Si sta ancora cercando.
Li-Ning può contare in Cina su 7.900 negozi. L’obiettivo dell’azienda non è costruire la Nike cinese, ma avere una propria identità a livello globale. E, per arrivare a questo, non si può fare a meno di avere una certa quota di vendite negli Usa, il mercato più grande in ambito sportivo. Ma non mancano gli ostacoli. L’America sta ancora soffrendo i postumi della crisi economica e la gente spende meno. La merce cinese è generalmente considerata scadente, frutto di imitazioni o addirittura pericolosa. Inoltre, nonostante il logo Li-Ning sia stato recentemente rifatto, molti consumatori ritengono che abbia una forte somiglianza con quello della Nike. Contraffazione a tutto campo, insomma: così la pensano negli Stati Uniti.
Ma Jay Li non demorde: l’unico modo per combattere questa mentalità è continuare a far circolare i prodotti di classe mondiale, così che la percezione negativa alla fine scompaia. L’azienda non è che all’inizio del suo cammino: le operazioni internazionali pesano soltanto per il 2% sui ricavi complessivi. In ogni caso, per farsi largo negli Stati Uniti, Li-Ning ha scelto Internet e una rete di rivenditori selezionati. L’espansione americana è cominciata tre anni fa con l’apertura di un centro di ricerca e sviluppo nell’Oregon, affiancato da uno studio di design. La regione è considerata il cuore dell’industria americana delle calzature sportive e proprio lì Nike ha il suo quartier generale. Per far breccia tra gli appassionati di pallacanestro, Li-Ning ha stretto un accordo con giocatori dell’Nba, il campionato nazionale, del calibro di Shaquille O’Neal, Baron Davis e Evan Turner. A loro il compito di convincere i cestisti dilettanti e quelli della domenica.