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 2011  gennaio 26 Mercoledì calendario

Il maresciallo morto suicida dopo le accuse da Santoro - Si suicidò a Palermo in caser­ma, il 4 marzo del 1995, per ribellar­si alle accuse che lo stavano infan­gando

Il maresciallo morto suicida dopo le accuse da Santoro - Si suicidò a Palermo in caser­ma, il 4 marzo del 1995, per ribellar­si alle accuse che lo stavano infan­gando. E la morte del maresciallo Antonino Lombardo, 49 anni, uo­mo di punta del Ros che lavorava sotto copertura distrutto da accuse rivelatesi false rilanciate in diretta tv, scosse l’Italia intera. Persino l’ Osservatore romano sentìil dove­re di intervenire, per dire, commen­tando il caso, che«il discredito e l’in­famia gettati attraverso la trasmis­sione televisiva richiamano i pro­cessi senza prove e senza difesa, a carico di imputati assenti, di epo­che che non vogliamo rivivere». Oggi si chiama Annozero , allora si chiamava Tempo Reale . Ma il con­duttore era sempre lui, Michele Santoro. Uguale Santoro, e uguale anche lo stile, inconfondibile, della sua trasmissione: processo som­mario, pm elettivo l’allora sindaco di Palermo, oggi deputato e porta­voce di Idv, Leoluca Orlando, nes­suna diritto di replica al bersaglio, il maresciallo Lombardo appunto, non citato per nome e cognome ma perfettamente indicato come carabiniere in odor di collusione da Orlando. Il maresciallo Lombar­do si riconobbe e querelò. Ma qual­che gior­no dopo la mafia gli fece tro­vare morto uno dei suoi informato­ri. Capì che era in pericolo. E per ria­bilitarsi, e al tempo stesso salvare la sua famiglia, dodici giorni dopo quella puntata di Tempo Reale , de­cise di farla finita: un colpo di pisto­la alla tempia, nella sua auto, nel parcheggio della caserma,e una let­tera d’addio di fuoco, al tempo stes­so un testamento e un j’accuse . Un avviso di garanzia a mezzo tv, quello notificato al maresciallo Lombardo dalla platea di Tempo re­ale la sera del 23 febbraio del 1995. Si parlava di mafia e sviluppo man­cato del Sud. Le telecamere della trasmissione erano in piazza, a Ter­rasini, il comune in provincia di Pa­lermo dove Lombardo viveva con la famiglia. Improvviso l’attacco di Orlando, spalleggiato dall’allora compagno di partito, il sindaco di Terrasini Manlio Mele:«La mafia – aveva tuonato l’allora leader della Rete – usa pezzi dello Stato. Pezzi dello Stato a Terrasini stanno dalla parte della mafia.Io chiedo all’auto­r­ità giudiziaria e al comandante ge­nerale dell’Arma Luigi Federici di indagare sul comportamento del maresciallo che fino a poco tempo fa è stato responsabile della caser­ma dei carabinieri di Terrasini. So­no convinto di quello che dico e me ne assumo tutte le responsabilità». Un identikit chiaro, perfettamente riconoscibile. E un’accusa pesan­tissima in diretta tv per il marescial­lo Lombardo, cognato, tra l’altro, di un altro carabiniere molto noto, il tenente Carmelo Canale,l’ex col­laboratore di Paolo Borsellino fini­to nel tritacarne di un processo per mafia che si è concluso recente­mente con la piena assoluzione. Un identikit chiaro. Il maresciallo Lombardo aveva diretto per 14 an­ni la caserma di Terrasini, prima di essere trasferito a Palermo per oc­cuparsi di indagini più delicate, co­me la cattura di Totò Riina. Chiaris­simo il riferimento a lui. Non solo. Proprio in quel periodo stava lavo­rando ad un caso ancora più delica­to: il tentativo di convincere il boss mafioso Gaetano Badalamenti a rientrare in Italia ed eventualmen­te a collaborare. Lombardo cono­sceva Badalamenti. E l’Arma aveva ritenuto che fosse l’uomo giusto per tentare di persuaderlo. Aveva già fatto due missioni negli Usa, sa­rebbe dovuto tornare negli States il 26 febbraio. Ma dopo le accuse di Orlando a Tempo Reale Lombardo fu destinato ad altro incarico. La si­tuazione precipitò in pochi giorni. Dopo l’uccisione del suo confiden­te Lombardo decise: uccidere se stesso per salvare i suoi. Il suicidio scatenò il putiferio. An­che perché i carabinieri precisaro­no subito che i contatti con la mafia del maresciallo erano legati a ragio­ni di servizio. Santoro si difese nel suo stile, contrattaccando, dicen­do che le polemiche sulla sua tra­smissione erano «una disonesta manipolazione della verità» visto che tra la puntata di Tempo reale e il suicidio erano trascorsi 12 giorni. E i giudici gli diedero ragione. Pro­sciolto Santoro, e prosciolto anche Orlando: per i giudici non aveva né diffamato né divulgato notizie riser­vate, ma solo raccolto e detto in tv voci insistenti che circolavano sul maresciallo. Voci che poi, nei vari processi, si rivelarono infondate. Insomma, per la giustizia italiana, quella tragica morte non ha colpe­voli. «Alla fine – chiosa amareggia­to Fabio Lombardo, 19 anni all’epo­ca del suicidio – ha pagato solo mio padre. Io nella giustizia non credo più. E quando vedo in tv Santoro mi fa una rabbia infinita. Dopo 16 anni, nelle sue trasmissioni, nulla è cambiato».