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 2011  gennaio 25 Martedì calendario

Il giudice dà ragione al nonno spendaccione - Vivere alla grande, a novant’anni suonati. Spen­dere, spandere, fare affari giusti e sbagliati

Il giudice dà ragione al nonno spendaccione - Vivere alla grande, a novant’anni suonati. Spen­dere, spandere, fare affari giusti e sbagliati. Avere una donna più giovane. Volerne un’altra. Comprarsi la Mer­cedes da settantamila euro. Andare nei night. Passare le sere nei club per scambisti. C’è bisogno di essere rim­bambiti? No, dice il giudice preliminare di Milano. Rena­to Cocchetti non è rimbam­bito. «Pienamente capace di intendere e di volere». E visto da vicino, sprofon­dato nella poltrona vicino al suo amico Francesco, il si­gnor Renato Cocchetti appa­re, effettivamente, tutt’altro che «rinco». Baffetto bianco alla Clark Gable. Coppola verde. Giaccone di monto­ne. «Non sono un genio. Ma non sono neanche suonato, anche se il prossimo 11 feb­braio compio novantun an­ni. Sono uno normale, tutto qui». Il problema è che il si­gnor Cocchetti, professione imprenditore metalmecca­nico, dopo una vita spesa ad accumulare capitale ha ini­ziato a spenderlo. Troppo, secondo la rispettabile opi­nione di sua figlia: che vede­va il patrimonio di famiglia liquefarsi un po’ alla volta, in questa seconda o terza gio­vinezza del babbo, circonda­to da amici veri e amici falsi, e tutti intenti a proporgli affa­ri, chiedergli soldi e portarlo a spasso nella Milano by ni­ght. Così parte la denuncia per circonvenzione di incapace. Vengono pedinati e intercet­tati i membri della variopin­ta compagnia di giro che si accompagna al signor Coc­chetti. Ma soprattutto viene interrogato lui. Ed è lui, l’uo­mo dal baffo bianco, a riven­dicare il proprio diritto ad una allegra vecchiaia: con una veemenza di cui si colgo­no pienamente gli echi nella richiesta di archiviazione del pm Laura Amato. Coc­chetti «si presentava come persona assolutamente luci­da », scrive il pm: «Lo stesso, stupitosi per l’atto istrutto­rio e per le domande postigli in ordine alle sue operazioni immobiliari e finanziarie, af­fe­rmava con fermezza la pro­pria piena autonomia e capa­cità negli affari. Negava di avere mai subito intimida­zioni o pressioni e con stizza rivendicava la propria liber­t­à nella gestione dei soldi ac­cumulati negli anni, senza doversi preoccupare di ren­der­e conto a qualcuno e deci­dendo di spenderli come me­glio credeva, anche per esi­genze personali e per diverti­mento: come nella frequen­tazione di locali notturni ove spesso veniva condotto anche per consumare attivi­tà “extra”. Cocchetti infatti nonostante l’età ci temeva a mostrarsi come persona atti­va sotto tutti i punti di vista, solito accompagnarsi con una donna più giovane di lui e con altre eventualmente conosciute occasionalmen­te in tali frangenti». Difficile immaginare una rivendicazione più esplicita delle prerogative della terza età. Processo chiuso, dun­que. Certo, è comprensibile il malumore degli eredi del signor Cocchetti. Ma lui, sprofondato nella sua poltro­na, appare totalmente sere­no: con l’aria di chi sa di ave­re già trascorso una parte ri­l­evante della propria esisten­za terrena, e vuole trascorre­re al meglio la parte restan­te. «Ho novantun anni, e so perfettamente che se una donna più giovane mi viene vicino ad affascinarla non so­no i miei begli occhi ma i miei quattrini. Ho scoperto che basta la macchina: pri­ma avevo la 127, poi mi sono comprato la Mercedes Cls, quella da tremila e cinque­cento di cilindrata: e deve ve­dere cosa succede! Io ho una ragazza che ha quarant’an­ni meno di me, ma sto già puntando una dottoressa che è un gioiellino. E poi con i miei amici qua, vado in gi­ro. Mi hanno portato anche al Desirè, il posto per scambi­sti che c’è davanti alla ferro­via di Lambrate: io ero lì a guardare, eh! Ma lo sa che al­la fine si mettono tutte nu­de? ».