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 2011  gennaio 26 Mercoledì calendario

Majorana è sempre tra noi - La scienza - scrive Leonardo Sciascia nel suo libro «La scomparsa di Majorana» (Adelphi) - come la poesia, si sa che sta ad un passo dalla follia: e il giovane professore quel passo lo aveva fatto buttandosi nel mare o nel Vesuvio o scegliendo un più elucubrato genere di morte»

Majorana è sempre tra noi - La scienza - scrive Leonardo Sciascia nel suo libro «La scomparsa di Majorana» (Adelphi) - come la poesia, si sa che sta ad un passo dalla follia: e il giovane professore quel passo lo aveva fatto buttandosi nel mare o nel Vesuvio o scegliendo un più elucubrato genere di morte». Questo pensiero Sciascia lo mette nella burocratica (ministeriale, pressoché normale) mente del capo della polizia Bocchini, sollecitato dal senatore Giovanni Gentile a ricevere il fratello del fisico scomparso. Bastano poche righe, alla grandissima scrittura di Sciascia, per dire tutto ciò che occorre a riguardo (anticipando, di fatto, l’essenza del libro): e cioè che la vita normale, quella del palazzo e dei ministeri, grigia e limitata ma sicuramente pacata nella sua mediocrità, sa tenersi ben distante dalla follia: solidamente più distante di quanto non facciano la scienza e la poesia. Così sarà sufficiente tenersene ugualmente lontani per non dover incappare in chissà quali elucubrati modi di morire. Modi, s’intende, alternativi al buttarsi a mare o nel Vesuvio. Ora ci sono altre due cose che Sciascia non dice, ma che, come solo la grande letteratura può, fa strisciare sottilmente per tutto il racconto. La prima è che la scienza e la poesia saranno sì ad un passo dalla follia, ma proprio per questo lo sono anche dalla verità. E la seconda è che, riguardo alla verità, la scienza e la poesia sono strettamente accomunate. Cosa che, evidentemente, il capo della polizia e gran parte dei suoi contemporanei, e dei suoi conterranei anche di altri tempi, non è disposto a voler capire. Per il resto il racconto è costruito come un giallo: cioè il tentativo, scientifico, di trovare la verità su Majorana: si è suicidato? E’ stato ucciso? O ha semplicemente preferito mettersi da parte? Ma come al solito (il solito per la grande letteratura), con una spettacolare «mise en abîme», il tentativo si risolve nel trovare un fatto ancora più profondo della semplice verità su Majorana: e cioè quanto la sua vicinanza alla verità (vicinanza mentale - come atteggiamento conoscitivo) potesse mettere in imbarazzo un Paese come l’Italia del 1938. Così la figura esemplare di Ettore Majorana diventa, attraverso la penna di Sciascia, l’esemplare racconto di come lo scienziato, al pari del poeta, non si accontenti di assecondare l’intrinseca tensione verso la verità, ma cerchi di calare questa tensione nella propria esperienza morale, culturale e politica. Per questo ci sembra doveroso cominciare questa serie di pezzi in appoggio agli studenti che vogliono partecipare alla nuova edizione de «La scienza narrata» parlando di Sciascia e di Majorana: perché è un racconto, appunto, esemplare su uno scienziato esemplare. Quando (e nel ’38 accadeva forse anche meno di adesso) gli scienziati e i poeti cominciano a sparire (qualunque sia il modo più o meno elucubrato che scelgono per farlo - e probabilmente buttarsi nel Vesuvio lo è di più che accettare una borsa di studio di un’università americana) è segno che qualcosa, in un Paese, non funziona come dovrebbe.