MICHELE SERRA, la Repubblica 26/1/2011, 26 gennaio 2011
QUEL VECCHIO RIMASTO BAMBINO
Sia opera di balordi disperati (ci sono diversi precedenti), sia di lugubri feticisti del successo, il rapimento della salma di Mike Bongiorno mette una speciale tristezza.
Perché la profanazione della morte è sempre un atto vilissimo - un morto è più indifeso di un bambino - ma la qualità del morto, in questo caso, lo rende ancora più indifeso, e ancora più bambino. Specie nei suoi ultimi anni, Mike fu un italiano spiazzato dai tempi. Né la sua grande fortuna né la sua rimarchevole assenza di malizia poterono tutelarlo da una stupita amarezza nei confronti di "come andavano le cose". Pur vivendo nel mezzo di un mondo - la televisione - che sapeva assorbire e spesso promuovere qualunque manifestazione di cinismo, aveva mantenuto, della vita, un´idea basica e ingenua. Perfino il suo berlusconismo aveva una freschezza (e dunque, come poi si è visto, una vulnerabilità) impareggiabile: «Ma vi rendete conto quanti soldi mi ha fatto guadagnare quel signore?». E qualche anno dopo (sbalordito da un pensionamento che doveva parergli inconcepibile): «Ma vi rendete conto che quel signore non mi telefona più neanche a Natale?». E aveva le lacrime (vere) agli occhi.
Una vecchiaia vissuta con invidiabile inconsapevolezza, sicuro che l´eternità del successo e della vita fossero la stessa cosa, lo aveva consegnato a una morte fulminea, e indolore, convinto di essere ancora e per sempre lo stesso Mike Bongiorno di "Lascia o raddoppia?" e del "Rischiatutto", e per giunta nella stessa Italia. Perfino l´imbalsamatura da vivi - spesso mostrificante - cui la televisione costringe i suoi divi senescenti, addosso a lui pareva un lecito, onesto costume di scena: era tra i pochissimi che il pubblico poteva e voleva desiderare "sempre uguale" anche se non lo era, perché incarnava tutte le nostre illusioni di essere ancora lieti e fiduciosi come l´Italia che usciva dalla guerra, dalla paura e dalla miseria e voleva vivere, guadagnare, comperare la lavatrice e guardare la televisione.
Di questo uomo fortunato, semplice e allegro, che amava il denaro come i bambini amano i dolci, amico di quasi tutti per mancanza (meritata) di nemici, maggioritario per natura e non per malizia (così come lo era la Rai di una volta), oggi qualcuno ha in pugno le spoglie. Lui, per fortuna, non ha modo di valutare una delle tante stranezze e turpitudini umane che esulavano dal suo campo di comprensione (come l´odio politico, e il malanimo in genere). Ma i suoi familiari sono offesi e addolorati, e con loro quanto rimane di ingenuo, e dunque di vulnerabile, in ciascuno di noi. Non che trafugare la bara di un mascalzone, o di un fanatico, sia meno detestabile: i morti, almeno da morti, sono finalmente tutti uguali. Ma Mike, insomma, era vissuto, almeno lui, al riparo da queste tenebre dell´animo, scampato perfino all´occupazione tedesca, e al carcere, non come se avesse battuto il fascismo, ma come se avesse vinto un telequiz.
Nemmeno la surrealtà di una notizia che - riguardando Mike - riguarda anche la tragicomica con-fusione tra fiction e realtà, riesce a strapparci un sorriso, oggi. Lo riportino dov´era, o lo facciano ritrovare, soprattutto non lo disturbino, non gli dicano perché, non gli spieghino nulla. Non capirebbe, o meglio: non vorrebbe capire.