Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 26 Mercoledì calendario

CONFINDUSTRIA DEBOLE


L’accordo di Mirafiori ha segnato una svolta nelle relazioni industriali italiane e nel ruolo delle parti sociali. Lo avevo scritto in un precedente articolo affermando che si sarebbe andati verso un sistema dove il contratto aziendale poteva sostituire quello nazionale, mentre la natura delle associazioni di imprese si sarebbe spostata prevalentemente verso la lobby di settore, perdendo ruoli nella politica economica del paese.

Le conferme di questa tesi sono venute puntualmente.

La Federmeccanica ha avanzato la proposta di un contratto aziendale che possa sostituire quello nazionale per le aziende che lo ritenessero opportuno. Il suo presidente, Pierluigi Ceccardi, in una intervista a Il Sole-24Ore (21 gennaio 2011) l’ha confermata e ha detto di ritenere utile «la previsione della possibile alternatività tra il contratto specifico per determinate situazioni aziendali e il contratto nazionale».

L’idea ha una logica evidente perché mira a semplificare le relazioni industriali e a evitare le sovrapposizioni tra i livelli contrattuali. Ricordo che una simile proposta era stata già avanzata all’interno di Confindustria nel 1992 dal presidente Luigi Abete, da Carlo Callieri e dal sottoscritto, ma non riscosse successo presso le imprese, ancora troppo esitanti verso la contrattazione aziendale. La ripresentammo poi nel 1999 al sindacato, all’epoca della trattativa per il «patto sociale» con il governo D’Alema, e questa volta furono i sindacati a rifiutarla. Da notare che già nell’accordo del 1993 era prevista la possibilità, per i contratti aziendali, di essere approvati dalla maggioranza dei lavoratori, come è stato fatto con l’accordo di Mirafiori.

Non è detto che il sindacato accetti la proposta di Federmeccanica e la trasformi in un accordo. Ma ormai la strada è stata aperta dalla Fiat e altre aziende seguiranno, sicché si può dire che si sta andando verso un sistema dove convivranno accordi aziendali e contratto nazionale senza più sovrapporsi.

Ovviamente, diminuirà il peso della contrattazione nazionale e questo ridurrà il ruolo di soggetto di politica economica per le associazioni di impresa, che saranno spinte maggiormente verso un’attività di lobby per specifiche problematiche. Anche su questo si è avuta una conferma, con l’intervista di Emma Marcegaglia al Corriere della Sera del 21 gennaio: subito dopo l’accordo di Mirafiori, ha sottolineato la necessità di riformare la Confindustria, dando maggiore peso alle associazioni territoriali e ai servizi alle imprese e assottigliando ulteriormente il centro. Anche questo ha una sua logica. Infatti, occorre rifocalizzare i compiti dell’associazione verso servizi alle imprese, posto il venir meno della tematica contrattuale.

Ma è da notare che il tema sindacale da sempre ha funzionato come aggregatore attorno a Confindustria, sia per i settori industriali che per gli altri settori produttivi (basta vedere i casi della scala mobile o dei modelli contrattuali negli anni Novanta). Invece, l’attività di lobby è per sua natura meno aggregante perché presuppone, per essere efficace, comunanza di problemi e rappresentanze omogenee. Sui grandi temi (fiscalità, diritto di impresa, politica economica) occorrerà una rappresentanza trasversale di tutte le imprese (industria, banche, assicurazioni, commercio, eccetera) e questa è da sempre appannaggio di Assonime che ha le competenze tecniche e una storia consolidata (ottima la sua recente proposta di spostare il carico fiscale dalle imposte dirette a quelle indirette). Su temi più specifici sono più adatte le associazioni di categoria, come la Federchimica o l’Ance in campo industriale, o l’Abi per le banche e l’Ania per le assicurazioni.