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 2011  gennaio 25 Martedì calendario

E TITO FECE «TRASLOCARE» HOLLYWOOD IN JUGOSLAVIA —

Il Maresciallo amava il cinema. Almeno quasi quanto quel potere che, dal 1945 al 1980 Josip Broz Tito esercitò in modo assoluto in Jugoslavia. Trentacinque anni durante i quali unificò il Paese, promosse una sua via a un comunismo lontana da Mosca, elaborò un modello di decentramento «liberal» , represse senza pietà i dissenzienti. E vide una quantità impressionante di film: 8.800 notò puntuale il suo proiezionista privato, per 32 anni al suo servizio. Circa 300 all’anno, più o meno uno a sera. Ritmi serratissimi, da cinefilo spinto, da addetto ai lavori. E in un certo senso Tito fu entrambi. Come testimonia Cinema Komunisto, documentario di Mila Turajlic, uno degli eventi che più hanno destato interesse al Trieste Film Festival che domani chiuderà la sua 22esima edizione. Un viaggio nella storia dell’ex Jugoslavia riletta attraverso la storia del suo cinema. Industria fiorentissima, sostenuta a spada tratta da Tito, che come ogni dittatore, da Mussolini a Hitler a Stalin, aveva ben compreso la forza delle immagini e il potere di creare attraverso esse la mitologia di un Paese. Oltre 400 i documentari, 200 i film di fiction, 120 le produzioni internazionali realizzati durante gli anni del suo governo. Fucina inarrestabile di tanti titoli gli Avala Studios di Belgrado, per la loro imponenza definiti l’Hollywood dell’Est. Una vorticosa macchina del cinema che, unita alla liberalità munifica del presidente cinefilo e la sua passione per le star, attrasse in uno dei Paesi più poveri e periferici il meglio dei divi dell’epoca, da Liz Taylor e Richard Burton a Kirk Douglas e Orson Welles, da Sophia Loren a Yul Brynner. Tutti accolti come capi di Stato, vezzeggiati in ogni modo, scortati in limousine, ospitati nella lussuosa villa nell’isola di Brioni, buen retiro del Maresciallo e di sua moglie Jovanka. «Si stabilirono delle vere amicizie — racconta Fabrizio Grosoli, curatore della sezione documenti del Festival —. Molte lettere di Carlo Ponti testimoniano il legame con Tito. Con Sophia ospite radiosa del Festival di Pola, in auto con il Maresciallo, a cucinare gli spaghetti insieme… E come suo interprete sullo schermo, in un film ovviamente celebrativo, Tito volle Brynner, in cui s’identificò in pieno. Nel documentario di Turajlic si vedono i due che si confrontano di profilo, trovandosi reciprocamente bellissimi» . Rare immagini strappate dal buio degli archivi dalla giovane cineasta serba, per quattro anni impegnata in un paziente lavoro di ricerca e analisi di quello sterminato materiale. «Moltissimi film sulla resistenza partigiana, una sorta di "spaghetti eastern" con l’eroe buono che salva la situazione. Ma anche storie di vita quotidiana alternate a kolossal come Gengis Khan, Marco Polo, La battaglia della Neretva — elenca Turajlic —. Ne ho catalogati 300, ho intervistato una dozzina di vecchi registi, di testimoni di quell’epoca» . Primo tra tutti, Leka Konstantinovic, il proiezionista di Tito. «È lui il filo conduttore del documentario, il suo cuore emotivo— assicura la regista —. Lui l’uomo che ogni sera incrementava la passione di Tito, vorace fruitore di ogni genere, con predilezione per i film epici e per i western con John Wayne» . Seduto in fondo alla sala su una poltrona rialzata, il presidente invitava spesso in quel suo cinema privato i suoi ospiti, tra cui Castro e Nasser. Invisibile e silenzioso, Leka da dietro la cabina di proiezione sentiva tutto. Conversazioni private, discussioni politiche... Oscuro e potentissimo, sapeva in anticipo tutte le opinioni del suo capo. E non solo in fatto di cinema. Anche se il cinema gli costò non poche lavate di capo. «Quando non gli piaceva un film se la prendeva con Leka— svela Mila —. E toccava a Jovanka intervenire: Josip calmati, non l’ha fatto lui. Lui lo mostra e basta» .
Giuseppina Man