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 2011  gennaio 25 Martedì calendario

NEOCOLONIALISMO FALLITO DEL PATTO DI BAGDAD

Quanto a Reza Pahlavi credo che sarebbe utile ricordare anche la sua adesione al Patto di Bagdad, con cui l’Inghilterra cercava di continuare a garantire i suoi interessi in Medio Oriente. Senza di esso, probabilmente, lo Scià sarebbe durato assai meno.
Giulio Prosperi
giulio.prosperi@email.it
Caro Prosperi, il Patto di Bagdad, firmato nel 1955, durò poco più di tre anni e non ebbe alcuna influenza sull’evoluzione politica dell’Iran, se non quella di rafforzare, dopo il suo fallimento, il rapporto bilaterale degli Stati Uniti con il regime dello Scià. Ma è una pagina dimenticata di storia mediorientale che vale la pena di raccontare. L’iniziativa fu degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. I primi volevano applicare nella regione i criteri dell’Alleanza atlantica e creare un fronte antisovietico composto dal maggior numero possibile di Paesi filo-occidentali. La seconda sperava di consolidare la propria influenza sulle sue vecchie colonie, ora indipendenti. Per dimostrare che il Patto rispondeva anzitutto alle spontanee esigenze degli Stati mediorientali, fu deciso che tutto sarebbe cominciato con un trattato bilaterale di mutua assistenza e cooperazione firmato a Bagdad il 4 febbraio 1955 tra la Repubblica turca e il regno dell’Iraq, ma aperto a chiunque volesse sottoscriverlo. La Gran Bretagna aderì il 5 aprile 1955, il Pakistan il 23 settembre e l’Iran il 23 ottobre. Gli Stati Uniti si limitarono a designare un «osservatore» , ma erano di fatto i garanti militari dell’accordo, il braccio armato che avrebbe permesso all’organizzazione di bloccare qualsiasi infiltrazione sovietica. Concepito contro l’Urss, il Patto trovò sulla sua strada un avversario imprevisto: il nazionalismo arabo di Gamal Abd el-Nasser, il giovane ufficiale egiziano che aveva organizzato il colpo di Stato contro re Farouk e aveva da poco assunto la presidenza dell’Egitto repubblicano. Nasser vide nel Patto una reincarnazione sotto nuove vesti dell’imperialismo occidentale e trovò un prezioso alleato nella persona del presidente indiano Pandit Nehru. Quando s’incontrarono al Cairo nel 1955 (quindi nel mese stesso in cui nacque il Patto di Bagdad), i due leader si accordarono per opporsi a qualsiasi alleanza militare, soprattutto se promossa e ispirata dagli eredi dei vecchi imperi coloniali. Allargata al maresciallo Tito, l’amicizia fra Nasser e Nehru fu all’origine del movimento dei non allineati e della conferenza afro-asiatica che si sarebbe aperta a Bandung nell’aprile del 1955. Il primo risultato di questa intesa tripartita fu d’impedire l’adesione della Giordania al Patto di Bagdad. Re Hussein avrebbe voluto compiacere la Gran Bretagna, ma rinunciò quando i giordani, infiammati dalla retorica anticolonialista di Nasser, manifestarono rumorosamente nella vie e nelle piazze di Amman. Un anno dopo il Patto dovette fare i conti con le reazioni antioccidentali provocate dalla fallita spedizione anglofrancese contro la nazionalizzazione del Canale di Suez. E il colpo mortale venne infine nel 1958 a Bagdad, quando le truppe di un generale di Brigata, Abd al-Karim Qasim, massacrarono la famiglia reale, uccisero il primo ministro Nuri al-Said e fondarono la repubblica irachena. Il Patto di Bagdad morì all’età di tre anni nella città in cui era nato.
Sergio Romano