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 2011  gennaio 25 Martedì calendario

PATRIMONIALE, IL CAV BALUARDO DEL NO. IL FRONTE DEI SÌ ALLA TASSA SULLA PROPRIETÀ CRESCE, NEL PD E AL MEF


I grandi gruppi la propongono, ex premier la consigliano, l’opposizione la invoca. Si sta preparando il terreno affinché il governo vari una patrimoniale?

A chi gli rivolge in queste ora una domanda delgenere, il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, risponde: «Sono ipotesi di salottini ispirati da uomini vicini a Carlo De Benedetti».

Il riferimento, forse, è ad Assonime, l’associazione che riunisce le maggiori società per azioni presieduta dal banchiere Luigi Abete, guidata dal direttore generale Stefano Micossi, considerato vicino all’Ing.

La scorsa settimana Abete ha proposto una riforma del fisco a costo zero (ma con un aumento di imposte maggiore della riduzione fiscale) in cui spicca anche un’imposta patrimoniale proporzionale dello 0,1% sulla ricchezza che dia un gettito da 9 miliardi di euro l’anno. La sortita di Abete non è isolata. Infatti il primo a consigliare un’imposta sulla ricchezza per abbattere il debito pubblico e così rassicurare i mercati sul nostro rischio sovrano è stato l’ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato.

In un convegno organizzato dalla rivista Le Ragioni del socialismo diretta da Emanuele Macaluso, l’ex ministro del Tesoro disse quanto qualche giorno dopo ha ripetuto in un’intervista al Corriere della Sera: «L’Istat ha detto che il nostro debito totale ammonta a circa 30.000 euro per italiano. Non è così gigantesco. Un terzo di questo debito abbattuto metterebbe l’Italia in una zona di assoluta sicurezza. Potrebbe arrivare a circa l’80% del Pil. Un terzo significa, probabilmente, imporre ad un terzo degli italiani, teoricamente, di pagare un terzo dei 30mila». Si domandò retoricamente Amato: «È così spaventoso spalmare, tra chi ha di più rispetto a chi ha di meno, 10.000 euro per risolvere un problema che così grave?».

L’invito di Amato e l’auspicio di Abete non sono rimasti senza seguito. Il quotidiano Mf ha notato come la scorsa settimana sia il Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, sia il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, abbiano rilevato in due audizioni che ogni nuova entrata una tantum dovrà andare a ridurre il debito pubblico e non le spese correnti. Un’indiretta apertura alla patrimoniale? Chissà.

Certo a Palazzo Chigi si nota che con le parole di Walter Veltroni al Lingotto si va delineando un coro pro-imposta su patrimonio e ricchezza che può avere un avallo indiretto del ministero dell’economia. L’ex segretario del Pd ha chiesto di «istituire per il 10% più ricco della popolazione italiana un contributo straordinario per tre anni per far scendere il debito pubblico all’8%.

Veltroni ha poi ricordato la tassa per l’Europa messa da Prodi nel 1996 per far entrare l’Italia nell’euro: «Tutti compresero che era necessaria, doverosa, utile. Un governo autorevole, credibile, potrebbe ripetere, in altri termini, il miracolo compiuto dal governo dell’Ulivo». L’ex segretario ha forse deluso uno degli intellettuali più vicini alla componente riformista del Pd, come l’economista Michele Salvati, che sul Corriere della Sera del 18 gennaio, ha scritto: «I problemi politici e amministrativi di un’imposta patrimoniale straordinaria sarebbero ancor più gravi».

Ma i tecnici del Pd che hanno letto la bozza del Pnr (il Piano nazionale di riforme che il Tesoro invierà alla Commissione europea entro la fine di aprile) hanno scovato un passaggio in cui il ministero dell’economia e delle finanze, illustrando le linee portanti della riforma fiscale in fieri, parla anche del passaggio dell’imposizione dalle persone alle cose e alla proprietà. Il Tesoro, però, smentisce che si stia lavorando a ipotesi che riguarderebbero il patrimonio e la ricchezza.

Ma nel Pdl ormai circola una convinzione: il Cavaliere è l’ultimo baluardo a un’imposta patrimoniale. Una tesi condivisa dall’ex ministro delle Finanze, Francesco Forte.