Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 25 Martedì calendario

AL CUORE DEL PROBLEMA


Non tutto è uguale, il bene è bene e il male è ma­le. Ma anche dal male può nascere un bene. E coloro che hanno responsabilità politiche e istituzio­nali, coloro che esercitano i poteri cardine della de­mocrazia italiana hanno il compito di lavorare per que­sto, pena altrimenti la sconfitta di tutti, pena un dram­matico «inquinamento» del terreno in cui il nostro Paese vive e un grave colpo al futuro comune. Il car­dinale Angelo Bagnasco ha aperto ieri con questa ri­flessione – o, meglio, anche con questa riflessione – i lavori del Consiglio permanente della Conferenza e­piscopale italiana. E ha saputo così indicare il vero cuore del problema che oggi scuote e, ancora una vol­ta, divide l’opinione pubblica. Nessuno potrà «ralle­grarsi, né ritenersi vincitore», ha avvertito, se dalla gran tempesta nella quale ci troviamo – tempesta morale e istituzionale, tempesta politica ed economico-socia­le – non si saprà uscire con uno «scatto di coscienza e di responsabilità». Molti si aspettavano un giudizio sulle questioni sollevate a partire dall’ultima indagine condotta dalla procura di Milano sul presidente del Consiglio, e il giudizio è arrivato. Non nella impossi­bile forma di una sentenza sommaria e indebita sul premier o sui suoi accusatori, ma in quella della luci­da individuazione dei pesanti nodi che anche questa nuova vicenda mette in evidenza e che vanno sciolti, facendo chiarezza «in modo sollecito e pacato e nelle sedi appropriate». Un giudizio esplicito, espresso con la stessa sobrietà che si invoca come regola ritrovata e condivisa, mettendo a disposizione del Paese la straor­dinaria capacità di ascolto, di lettura e di servizio del­la nostra realtà nazionale che è propria della Chiesa.

C’è bisogno, ha dunque spiegato il presidente della Cei, di ritrovare e di dare stabilmente «ormeggi ogget­tivi » al primato della persona e della coscienza uma­na, pena l’avvitarsi in un individualismo e in un rela­tivismo che conducono, come insegna Papa Bene­detto, alla «perversione di fondo del concetto di ethos ». E le cronache costellate di «rappresentazioni fasulle dell’esistenza» e di «ostentazione e mercimonio di sé» dicono quanto questo sia vero.

C’è da imprimere una sterzata che allontani final­mente il Paese da una fase troppo lunga e «convulsa» nella quale «debolezza etica» e «fibrillazioni» dovute al conflitto tra poteri si sono intrecciate e hanno sca­tenato prove di forza a catena, indotto a «tranelli» re­ciproci e incentivato una devastante logica del so­spetto. E c’è la necessità da parte di chi ricopre cari­che pubbliche di testimoniare a una cittadinanza «sgomenta» per gli esibiti «squarci, veri o presunti, di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza» e di «comportamenti contrari al pubblico decoro» la volontà di adempiere alle funzioni della politica con consapevolezza «della disciplina e dell’onore» che so­no indispensabili in questo alto servizio. C’è, insom­ma, da dimostrare che in politica si sale e non si scen­de, e che un uomo pubblico deve essere rispettato nella propria sfera privata, ma deve anche poter vi­vere in una casa di cristallo. Ed è un appello che ri­chiama l’oggettività del bene e del male, «oltre ogni moralismo» di comodo.

Perché per disincagliare il Paese c’è bisogno di ben altro. La classe dirigente italiana deve trovare la forza morale, le politiche e i percorsi di consenso e di scel­ta per «ringiovanire» se stessa. Per questo il presiden­te della Cei suggerisce un triplice capovolgimento. Capovolgere le attenzioni, portando in primo piano la questione giovanile, che è educativa e lavorativa e nella sostanza resta – lo dimostrano un disagio e una protesta che non possono essere ridotti agli episodi più esacerbati – la grande ignorata nell’Italia che si avvia a celebrare i 150 anni di unità politica. Capo­volgere le priorità di un fisco che non si è ancora po­sto al fianco della famiglia costituzionalmente defi­nita, ma che ora può farlo grazie alla vasta conver­genza attorno alla soluzione tecnica del ’fattore fa­miglia’. Capovolgere la logica autogiustificativa degli evasori fiscali: c’è da ridistribuire risorse e chi ritiene di poter decidere, lui, quante tasse pagare non si fa giu­stizia, ma compie un furto. Anche stavolta il presidente della Cei parla da ve­scovo attento e da cittadino pensoso del bene co­mune. Invoca «saggezza e virtù» per l’Italia e da chi l’Italia è chiamato a guidare e servire. Non c’è dub­bio che proprio questo la nostra gente attende e pre­tende: qui, ora.