Roberta Camesasca, varie, 25 gennaio 2011
PAUSA PRANZO, IL CIBO ANCHE DA CASA, PER VOCE ARANCIO
Sette milioni di lavoratori italiani pranzano fuori casa. In dieci anni la quota di occupati che pranza in casa è scesa dal 70% al 55%.
Il 55,9% degli italiani sceglie dove mangiare a pranzo in base alla vicinanza al posto di lavoro, il 32% in base alla convenienza economica, il 30,5% in base alla varietà del menù, il 28,3% in base alla velocità del servizio.
A Milano si mangia in 38 minuti, a Bari in 90, a Cagliari in 88, a Roma in 62, a Napoli in 57 (dati Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi).
Dal 2001 al 2010, in bar e punti di ristoro self service Federconsumatori ha registrato un aumento medio dei prezzi del 116 per cento. Per un pasto tipo (acqua, piatto di pasta, macedonia e caffè) nel 2001 si spendevano 5,53 euro, nel 2010 si è passati a 11,95 euro. Calcolando 22 giorni lavorativi, si arriva a un totale di 262,90 euro al mese: 141, 24 euro in più rispetto a un decennio fa, quando la spesa per la pausa pranzo non superava i 121,66 euro mensili. Tra i generi aumentati di più c’è l’acqua (208%). Tra quelli aumentati di meno, il caffè (53%).
Uno studio dell’Osservatorio Codici ha riscontrato che il 43% degli intervistati ha dichiarato di prediligere il pranzo al sacco per due motivi: spendere di meno e mangiare sano.
La rivista Alice Cucina, monitorando le abitudini culinarie di quasi mille lavoratori in 97 uffici italiani, ha rilevato che per tre persone su cinque è ormai un’abitudine preparare a casa il pranzo da consumare poi al lavoro. Il 71% di questi sono maschi tra i 25 e i 40 anni. Le donne spesso si accontentano di un frutto o di uno snack. Avvocati e pr i più affezionati al pranzo autogestito (31% e 27%), poi segretarie, ragionieri e assicuratori.
«Succede già da un po’. E si cominciano a vedere le conseguenze di questi cambiamenti delle abitudini, che poi sono cambiamenti sociali. La conseguenza più importante è che, a differenza di quello che si può credere, nella pausa pranzo il lavoratore sceglie comunque di uscire, di lasciare il posto di lavoro e andar fuori a prendere una boccata d’aria. Non resta seduto a trangugiare da solo il panino. […] Che si fa allora, se ci siamo portati qualcosa da casa? Si va a mangiare ai giardini. […] Un panino mangiato al parco con un collega, un collega che magari è anche amico, soddisfa e permette comunque quella necessaria evasione, quell’interruzione del lavoro che ricarica» (Roberto Piccinelli al Corriere della Sera).
Un’insalata “rinforzata” portata da casa fa risparmiare mediamente alla settimana 70 euro a famiglia, vale a dire poco più di 14 euro al giorno, rispetto allo stesso pranzo consumato fuori ufficio (Ricerca Camera di Commercio di Monza e Brianza).
«Scegliere di portare il cibo da casa è un’abitudine indubbiamente salutare e conveniente. Per tutti coloro che hanno a disposizione un microonde in ufficio, è possibile scaldare paste, carni e verdure con una vasta gamma di abbinamenti. Sconsiglio tuttavia la pratica purtroppo diffusa del desk-eating. E’ opportuno invece non consumare il pasto alla scrivania. Telefono e mail non devono interrompere la pausa pranzo. Sedetevi e concentratevi su ciò che state mangiando. Mangiare velocemente compromette la digestione, impedisce di avere un effetto saziante e così facendo apprezzate in maniera minore il gusto dei cibi» (Mattia Poggi per Alice Cucina).
Secondo una ricerca Swg, il 32% degli italiani mangerebbe sempre (o spesso) in un panificio, con un risparmio atteso di quasi due euro a pasto. Nel 2007 la percentuale era ferma al 12% e il 52% dichiarava che in un panificio non avrebbe mai voluto mangiare.
Sei italiani su 10 mangiano un panino almeno una volta alla settimana. Uno su 3 lo fa quasi tutti i giorni. Per 7 italiani su 10 il panino è sinonimo di cibo buono, pratico e veloce. Mentre il 38,7% ritiene che possa essere considerato un piccolo piacere quotidiano, per il 30% rappresenta un’esperienza gratificante ed economicamente accessibile (30,1%) (fonte: Doxa per Negroni).
Cinquecento milioni i panini consumati al bar in un anno in Italia.
Nel momento in cui si ordina un panino, l’85% degli italiani lo fa in base alla bontà e alla qualità. Il prezzo (21,2%) è tra gli ultimi posti nei criteri di scelta.
Il panino perfetto dovrebbe avere: salumi di qualità garantiti da una grande marca (53,5% degli intervistati), un corretto equilibrio nutrizionale (53,5%), ricette semplici (47,6%), abbinamenti sfiziosi e creativi (28,6%) e un pane ricercato e non banale (26,6%). Il 65% considera i salumi l’ingrediente indispensabile per il panino preferito, in particolare il prosciutto crudo (61%), seguito dal salame (45,5%), dal prosciutto cotto (40,8%). Al secondo posto ci sono le verdure fresche (59, 3%), i formaggi freschi (54,3 %), la carne rossa o bianca (33,5%) e le verdure cotte (32,5%).
Un italiano su 4 non è soddisfatto della qualità dei panini acquistati fuori casa. Le motivazioni? In primo luogo la bassa qualità dei salumi (43,8%), poi la cattiva qualità del pane (40,9%), la scarsa “imbottitura” (34,4%), l’eccessiva presenza di salse o condimenti (28,7%), la poca fantasia (26,7%), la dimensione troppo piccola e inadeguata a sfamare l’appetito (14,9%). Per questo, quando si tratta di scegliere qualcosa di “gustoso”, il 55,1% degli italiani predilige la pasta (28,6%) o la pizza (26,5%), seguite dalle insalatone (20,1%). Solo il 6,6 % sceglie il panino.
Per il 26,2% degli italiani, il panino è politicamente di sinistra. Per il 20,5% è di destra. Per il 33,3% non è di destra né di sinistra (fonte: Doxa per Negroni).
La “schisceta”, cioè quel contenitore di alluminio in cui operai e muratori, non potendo permettersi il ristorante, “schisciavano” (cioè schiacciavano) il pranzo da portare al lavoro.
Bento. Dal termine 便當 (biàndāng, conveniente). Comune nella cucina giapponese, è un contenitore con coperchio, dotato di divisori interni, per portarsi il pranzo al lavoro. Confezionato studiando le combinazioni di colore, il cibo viene decorato a mo’ di cartone animato, fumetto, animale, fiore o pianta. In Giappone esistono gare per realizzatori di bento.
Manzo Waygu, tartufo nero, formaggio, funghi selvatici e scaglie d’oro. L’hamburger dello chef Richard Nouveau del Wall Street Burger Shoppe di New York. Costo: 175 dollari.
Tramezzino.it prepara e consegna a domicilio tramezzini di tutti i tipi: tra i più originali, quello con mortadella al tartufo nero e quello con gorgonzola e mela (3,50 euro). L’ordine può essere effettuato on-line su www.tramezzino.it o telefonicamente. Il servizio è attivo a Torino, Monza, Roma, Milano, Verona, Londra, Shanghai.
Mangiare davanti al pc mette a rischio la linea. Lo rivela uno studio dell’Università di Bristol. Dato lo stesso tipo di pranzo a due gruppi di persone, uno intento a giocare al computer e uno seduto a tavola senza distrazioni, si è notato che i primi provavano molto meno il senso di sazietà rispetto ai secondi.
Inside out, il Club Sandwich più buono d’Italia. È di Giancarlo Morelli, chef dell’Osteria del Pomiroeu di Seregno, vincitore del primo “Club Sandwich Contest”. Ingredienti: 120 gr di Pan Carrè, 20 gr di burro di Bretagna, 5 g di cipolla di Tropea, 10 gr di lattuga, 80 gr di prosciutto crudo, 30 gr di pomodoro perino, 20 gr di ventresca, 4 uova di quaglia, sale maldon. Preparazione: 1 fetta pane tostato alta 1 cm (40 gr); 10 gr di burro d’alpeggio e 5 gr di cipolla di Tropea in agrodolce; 20 gr di Prosciutto Crudo di Parma tagliato non troppo sottile (stagionatura 24 mesi), 1 foglia (5gr) Cuore di lattuga e 15 gr. pomodoro perino affettato, spellato e salato con sale maldon; 1 fetta di pane tostato alta 0,80 cm spalmata con 20 gr di mousse di gelato al parmigiano; 30 gr. Prosciutto tagliato sottile (30 mesi) e 20 gr. ventresca di tonno in sfoglie sottili; 25 gr. uova di quaglia girate leggermente cotte; 15 gr pomodoro e 5 gr di cuore di lattuga, con sale maldon, 25 gr di prosciutto (24 mesi), 1 fetta di pane tostato alta 1 cm con 10 gr di burro spalmato. Rifilare e servire su piatto con 30 gr. di spuma di maionese di tonno e acciuga e 30 gr di granita al melone.
Il 65% degli italiani si dichiara disposto a spendere tra i 6 e i 10 euro per gustare panini preparati da grandi chef.
D’O, il panino d’autore di Davide Oldani. Ingredienti (per 4 persone): 4 panini da 70 g di pane con farina di cereali con semi di girasole; 4 fette da 30 g di prosciutto cotto (120 g); 16 fette sottilissime di barbabietola (20 g); 60 g di chutney di frutta; 1 sfoglia sottile di uovo composta da: 2 tuorli d’uovo (40 g) e 3 albumi d’uovo (150 g); spinaci sbianchiti (40 g); olio extra vergine d’oliva (20 g). Preparazione: posizionare, dentro del pane fatto con farina di cereali e semi di girasole, una fetta abbastanza spessa di prosciutto cotto arrostito leggermente, uno strato di spinaci sbianchiti (ovvero sbollentati) leggermente, delle fettine di barbabietola rossa, del chutney di frutta (composto agrodolce a base di frutta, spezie ed erbe), una sfoglia sottile di uovo e qualche goccia di olio extra vergine d’oliva. Su www.paninodautore.it, altri ricette: “Verticale croccante” di Moreno Cedroni, il “Maritozzo con la coppa” di Salvatore Tessa, “In viaggio” realizzato dello chef Bruno Barbieri, “Coppa al cioccolato” di Maurizio Santin, “Altro che bacon” di Marco Bistarelli...
Qualche idea, oltre a frittate, insalate di riso o pasta e torte salate: insalate di orzo o di farro, condite con verdure miste cotte al vapore; couscous con ceci lessati e altre verdure; dadini di feta, anguria e melone; insalata di fave con dadini di pecorino fresco; involtini di bresaola con mozzarella e zucchine crude in insalata; verdure grigliate condite con salsa al pomodoro o allo yogurt e pezzetti di formaggio; crespelle con i funghi o con prosciutto cotto; riso bianco con legumi, dadini di mela e noci... (da pianetadonna.it).
Secondo gli esperti dell’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro), un pasto poco calorico o al contrario troppo ricco di grassi può far calare la produttività di un lavoratore anche del 20%.
Il ministro Gianfranco Rotondi ha abolito la pausa pranzo da vent’anni. «È un danno per il lavoro, ma anche per l’armonia della giornata. […] Ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare».