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 2011  gennaio 25 Martedì calendario

I CONSUMI DEL MILLENNIO

L’atmosfera continua a essere quella miope e immobile dell’après moi le déluge. Governanti e governati nelle aree del mondo non ancora troppo toccate dal caos climatico continuano a distrarsi rispetto all’obiettivo centrale: ridurre fortemente e urgentemente le emissioni di gas serra riconvertendo ogni settore dell’economia e della vita. L’International Energy Agency (Eia) stima che il consumo globale di energia primaria nel 2010 abbia raggiunto i 500 esajoule (Ej), una cifra che è appena al di sotto di quei 525 Ej che corrispondevano allo scenario peggiore formulato dall’Intergovenmental Panel on Climate Change (Ipcc), l’organismo dell’Onu sui cambiamenti climatici, nel suo «Special Report on Emissions Scenario» del 2000.
Il carbone è stato una delle fonti principali di energia consumate nel 2010 (il 27% del totale): è tanto economico quanto pesante per il clima. Le emissioni globali di gas serra da uso dei combustibili fossili, misurate in CO2 equivalente, hanno raggiunto nel 2010 i 32 miliardi di tonnellate: a un pelo dallo scenario più pessimistico immaginato dall’Ipcc nel 2000: 33 miliardi. E c’è stata la crisi economica mondiale: altrimenti i numeri sarebbero stati più elevati, superando lo scenario peggiore dell’Ipcc. All’Iea fanno eco gli scienziati della Potsdam University: il 2010 è stato l’anno più caldo di questi 130 anni. Le misurazioni vengono dallo statunitense Noaa (National Oceanic and Athmospheric Administration): da gennaio a novembre 2010 la temperatura globale della superficie terrestre e degli oceani è stata di 0,64 gradi Celsius superiore alla media del XX secolo. La Potsdam tiene a precisare che lo stesso inverno freddo dell’Europa occidentale è conseguenza del cambiamento climatico: si sciolgono i ghiacci nel mar di Kara, Oceano Artico, il che porta ad aree di alta pressione sulla Siberia, con venti molto freddi su tutta l’Europa. Del resto il 2010 è stato caratterizzato da condizioni estreme: freddo invernale in Europa, inondazioni in Pakistan e Australia, estati roventi in Russia e ancora Europa; che gli esperti di clima non erano riusciti a prevedere.
La frequenza crescente di eventi climatici estremi avrà conseguenze economiche e sociali tali da non permettere ai bilanci pubblici di recuperare, né dare alle società il tempo si riprendere fiato, o alle compagnie di assicurazione il modo di compensare i danni.
Approvvigionamento idrico, agricoltura e habitat danneggiati, mortalità di massa e gigantesche migrazioni potrebbero essere secondo la Potsdam il futuro prossimo. Più prossimo per i meno colpevoli, oltretutto, come sottolinea il vicepresidente dell’Ipcc Mohan Munasinghe, scienziato dello Sri Lanka esperto di sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici, il quale lancia l’idea degli «Obiettivi di consumo del millennio», che dovrebbero fare da contrappunto ai (disattesi) «Obiettivi di sviluppo del Millennio» sanciti nel 2000 dall’Onu per combattere la miseria e le disuguaglianze. Si dovrebbe trattare di un impegno da parte dei paesi del Nord globale, dal modello fortemente consumista (anche in tempi di crisi), affinché si ridimensionino. L’85% di tutti i consumi è appannaggio del 20% ricco del mondo. Munasinghe sottolinea che la priorità per un paese come lo Sri Lanka (di recente colpito da inondazioni devastanti) è ridurre la vulnerabilità dei poveri agli impatti del caos climatico. Ma al tempo stesso le emissioni di gas serra dello Sri Lanka sono basse, ed ecco la grande ingiustizia climatica. Da qui la proposta dei «consumi del millennio».