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 2011  gennaio 24 Lunedì calendario

Un giorno scollegati e scatta la crisi di astinenza - Ventiquattro ore sloggati da Facebook, Twitter e qualsiasi altro sito di social network

Un giorno scollegati e scatta la crisi di astinenza - Ventiquattro ore sloggati da Facebook, Twitter e qualsiasi altro sito di social network. Un giorno intero sconnessi da Internet, pc, cellulari e da ogni diavoleria tecnologica, tv e radio comprese. Lontani dal mare magnum di informazioni con l’unica eccezione di un telefono fisso e un buon libro. Per moltissime delle cavie di questo esperimento si è trattata di un’esperienza drammatica, quasi come il primo giorno di un eroinomane senza la sua dose. La dipendenza da Internet esiste davvero ed esiste anche la sindrome d’astinenza da informazioni. Una condizione che oggi ha un nome: Information Deprivation Disorder. A coniare il nome della nuova condizione un gruppo di ricercatori dell’università del Maryland che ha condotto una sperimentazione in 12 università di tutto il mondo chiedendo ad un gruppo di giovani volontari di restare per 24 ore senza i dispositivi elettronici, e quindi tagliati fuori dalla Rete. Emblematico il nome dato all’esperimento “unplugged”, scollegati in italiano. La ricerca consiste nell’allontanare le cavie - in questo caso 125 studenti dell’ateneo britannico - per un giorno intero da computer, cellulare, iPod, televisione, radio e giornali. Cioè tutto quello che in qualche modo potesse tenerli connessi a un qualsiasi flusso di informazioni. In queste lunghissime 24 ore ai soggetti è stato chiesto di tenere un diario in cui commentare di volta in volta questa loro esperienza. Ebbene, quelle pagine erano intrise di irrequietezza, di ansia e di sensazioni di isolamento. I soggetti erano in preda alla cosiddetta «sindrome d’astinenza da informazioni». «Le parole ‘dipendenza’ e ‘assuefazione’ - racconta Roman Gerodimos, il docente di Comunicazione e Giornalismo che ha coordinato l’esperimento nel Regno Unito - sono ricorrenti nei racconti che gli studenti stessi fanno dell’esperienza. Durante le 24 ore, i ragazzi hanno avuto la sensazione di perdere i contatti con gli amici e la famiglia, anche nel caso in cui parenti e amici vivessero nelle vicinanze». A nessuno è passato per la mente di poter andare a bussare alla porta di un amico senza il bisogno di contattarlo a distanza. Emblematica è la confessione di una delle cavie che ha preso parte alla ricerca. «Sono rimasto a casa per tutto il resto della sera - scrive Joseph Kent, studente di giornalismo - e al posto di navigare nel Web ho letto un libro, ma la mancanza di YouTube, Facebook e Skype mi attanagliava il cervello. Quando è arrivata la mezzanotte (cioè alla fine dell’esperimento) sono tornato di corsa al computer. Internet non mi è mai sembrata così piacevole». Abituati a essere quotidianamente investiti dalle informazioni e dal rumore, gli studenti non si sono sentiti a proprio agio nella pace. «Molti di loro - riferisce Gerodimos - hanno detto di aver trovato il silenzio inizialmente piuttosto scomodo e imbarazzante. Ma non appena vi si sono abituati hanno cominciato a notare cose cui mai avevano fatto caso prima: dal canto degli uccelli al suono della vita quotidiana dei vicini». Di casi come questi Federico Tonioni, coordinatore dell’ambulatorio per la dipendenza da Internet del Policlinico Gemelli di Roma, ne ha visti tanti. «Nell’anno appena trascorso - racconta - ce ne sono stati almeno un centinaio». Almeno 130 pazienti tossici di Internet. «Quelli sopra i 30 anni - dice Tonioni - avevano problemi con il gioco d’azzardo online o con il sesso virtuale, quelli dai 13 ai 20 anni (che rappresentano il 70% dei pazienti) con i giochi di ruolo e poi c’è tutto un mondo sommerso di ragazzi dai 18 anni in su dipendenti da Facebook e altri social network». Si tratta di malati di relazioni online, sempre connessi alla grande Rete da cui si allontanano raramente. «Il modo di relazionarsi - spiega l’esperto - è completamento diverso da quello tradizionale, ma non può assolutamente sostituirlo. In sostanza c’è un decadimento della comunicazione emotiva e di quella non verbale». Si comunicano le sensazioni e non le emozioni. «E quando le relazioni si fermano solo davanti a uno schermo - dice Tonioli - ci troviamo di fronte a una patologia che ha a tutti gli effetti i sintomi di una dipendenza da sostanze stupefacenti». Una dipendenza come le altre, ma probabilmente anche più subdola visto che per le persone care è difficile riuscire ad accorgersene. «Quando si nota che il proprio figlio - consiglia Tonioni - è troppo attaccato a Facebook e alla Rete in generale, nel dubbio raccomando un consulto da uno specialista. La dipendenza da Facebook e da Internet in generale è molto pi diffusa di quello che pensiamo oggi». In questi casi, rimanere connessi alla realtà è l’unico modo per non precipitare nel vortice virtuale della tossicodipendenza.