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 2010  gennaio 24 Domenica calendario

IL GOVERNO APRE AI COMUNI PER SALVARE IL FEDERALISMO

La partita sul federalismo fiscale è tecnica ma in una fase delicata come questa anche squisitamente politica. Il governo, che vorrebbe assicurarsi il sostegno delle opposizioni in commissione bicamerale, cerca intanto di strappare il consenso dei Comuni al decreto che li riguarda da vicino, quello relativo appunto alla fiscalità municipale.
Per raggiungere questo obiettivo, nell’incontro di oggi con i rappresentanti dell’Anci il ministro Calderoli sembra disposto a fare qualche concessione anche sostanziale. Paradossalmente, ma fino a un certo punto, i Comuni chiedono al plenipotenziario di Bossi essenzialmente più federalismo, cioè maggiore autonomia nel manovrare le proprie fonti di entrata. E vogliono anche arrivare alla fase transitoria del nuovo regime con qualche certezza in più. Il testo attuale infatti, che risente della preoccupazione dell’esecutivo di veder rientrare dalla finestra incrementi di imposta esclusi a livello nazionale, pone una serie di paletti agli enti locali.
Il primo è il blocco delle addizionali Irpef, deciso già nell’estate del 2008 e poi sempre confermato; blocco che ha impedito ai sindaci di reperire risorse per questa via anche a fronte dei tagli imposti dalle varie manovre. Come nel caso delle Regioni, sono possibili eccezioni solo in casi particolari come quello di Roma, che si è già vista portare l’addizionale allo 0,9 per cento (quindi anche oltre il massimo di legge fissato allo 0,8) come misura per il ripianamento del debito pregresso.
La legge consente comunque ai Comuni di stabilire esenzioni o aliquote ridotte per particolari categorie o fasce di reddito: dunque gli eventuali aumenti potrebbero essere in parte attenuati o graduati con opportune scelte di politica sociale.
Se la possibilità di ritoccare verso l’alto l’addizionale Irpef porterebbe immediato ossigeno nelle casse comunali, per il futuro i sindaci sono preoccupati soprattutto della nascente imposta municipale (Imu) destinata ad assorbire Ici, Irpef sui redditi fondiari ed almeno in parte il gettito della “cedolare secca” sugli affitti e quello delle imposte sui trasferimenti. Il problema è garantire che il complesso di queste entrate assicuri agli enti locali le risorse necessarie al loro funzionamento; tra l’altro la definizione dei fabbisogni, da misurare con la tecnica usata in campo fiscale per gli studi di settore, è oggetto di un separato provvedimento.
Il decreto sulla fiscalità municipale prevede che l’aliquota dell’Imu sia fissata ogni anno nell’ambito della legge di stabilità, con possibilità per i Comuni di limitate variazioni verso l’alto o verso il basso. Un meccanismo del genere crea incertezza e rischia di rinviare la soluzione dei problemi ad estenuanti trattative con il Tesoro. L’impressione diffusa è che l’aliquota effettiva debba essere decisamente più alta di quella ordinaria dell’Ici (Ici che già risente della scelta imposta dall’alto e ora confermata di escludere l’abitazione principale dal prelievo).
Sempre a proposito di autonomia, i Comuni lamentano poi che nella nuova bozza messa a punto da Calderoli la tassa di soggiorno sia riservata ai capoluoghi di provincia. Infine preoccupa la mancata puntuale definizione del meccanismo di perequazione che in base alla legge delega del 2009 dovrebbe evitare eccessive penalizzazioni nelle varie realtà locali, attingendo alla fiscalità generale, ossia alle imposte pagate a livello nazionale da tutti i cittadini.


FEDERALISMO FISCALE

È un assetto istituzionale in cui gli enti locali, Regioni, Provincie e Comuni, finanziano le proprie spese in parte rilevante con entrate che possano manovrare. La riforma federalista è stata delineata con la legge 42 del 2009, che prevedeva due anni di tempo (quindi fino a maggio 2011) per la definizione dei singoli decreti attuativi sulle varie materia. Ora è in corso di approvazione quello sul fisco comunale.