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 2011  gennaio 23 Domenica calendario

LA GRANDE CORSA DI CEREALI E ZUCCHERO. ALLARMI E SPECULAZIONE SULLO «CHOC DEL CIBO» —

Chi ha qualche anno in più ricorda le domeniche a piedi ai tempi dello choc petrolifero quando i prezzi del greggio triplicarono e i governi dei Paesi occidentali vararono piani di «austerity» per ridurre i consumi e far fronte alla crisi energetica. Ma cosa accadrebbe oggi in caso di uno «choc del cibo» ? L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dagli esperti Usa («il mondo è a un passo da uno choc alimentare» ) dopo che la Casa Bianca ha tagliato le stime sugli approvvigionamenti facendo schizzare i prezzi di frumento e soia alle stelle (al record degli ultimi 30 mesi). «Mangiare costerà di più» , è anche la preoccupazione della Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nation) che ha messo in evidenza il balzo dell’indice dei prezzi dei prodotti alimentari, in crescita a dicembre del 4,2%su novembre (a 214,7 punti). Una tendenza al rialzo, iniziata a marzo e che non accenna ad arrestarsi. Colpa dei rincari dello zucchero ma anche di cereali e semi oleosi tornati ai massimi del 2008 secondo l’indice Fao, cresciuto del 32%nella seconda metà del 2010.
La situazione è «allarmante» anche se l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione rassicura che il mondo non è di fronte a una nuova crisi, come quella del 2007-08. Il riso, alimento base per la maggior parte dei Paesi del Terzo mondo, è ancora sotto controllo.
L’indice Fao si basa su un paniere composto da materie prime come grano, riso, carne, prodotti caseari e zucchero. Gli esperti della Fao ne fanno un problema di «imprevedibilità della natura» e secondo Abdolreza Abassian, economista dell’organizzazione Onu, i prezzi dei generi alimentari potrebbero ancora salire e di parecchio, se per esempio il clima secco in Argentina, «dovesse diventare siccità e se cominciassimo ad avere problemi con le ghiacciate nell’emisfero settentrionale» che metterebbero in ginocchio i raccolti del grano. Per non parlare delle alluvioni in Pakistan, delle condizioni eccessivamente umide in Canada, negli Stati Uniti e ora in Australia. Poi ci sono le restrizioni all’export dei cereali imposte da grandi produttori come Russia e Ucraina e la debolezza del dollaro, valuta di riferimento degli scambi delle principali materie prime alimentari. E soprattutto dei contratti futures.
E l’agenzia dell’Onu avverte: la produzione cerealicola mondiale sembra avviarsi verso una contrazione annuale del 2%, le quantità di cereali immagazzinate caleranno del 7%, quelle di mais del 12%, grano -10%, mentre l’orzo subirà un crollo del 35%. Soltanto le riserve di riso si prevedono in aumento, con una crescita nell’ordine del 6%. Inevitabili ulteriori aumenti di prezzi e quel che è peggio un miliardo di persone affamate, «un tragico traguardo in questa epoca moderna» secondo Jacques Diouf, direttore generale Fao. A parte l’effetto serra e le avverse condizioni climatiche il problema è che la domanda cresce e continuerà a crescere. A pesare non è solo l’incremento della popolazione mondiale che dovrebbe passare dagli attuali 6,9 miliardi ai 9,1 miliardi nel 2050 (rielaborazione The European House-Ambrosetti su dati Ocse, 2009) ma è anche il cambiamento degli stili alimentari. Con la crescente richiesta di pane e carne da Paesi come Cina e India che fino a poco tempo fa si alimentavano quasi esclusivamente di riso e verdura.
Se la produzione di alcuni cereali non riesce a tenere il passo con il rapido aumento della domanda, crescono i prezzi degli alimenti, vola l’inflazione e le banche potrebbero vedersi costrette a tenere alti i tassi di interesse. Ed è quanto sta accadendo in Cina per esempio dove «Zhang» , il carovita, trascinato dai prezzi dei generi alimentari, nel 2010 è cresciuto del 5,1%costringendo la People’s Bank of China a rivedere al rialzo i tassi d’interesse, prima a ottobre, poi di un altro quarto di punto a Natale. Risultato: le banche non si possono permettere di prestare denaro a meno del 5,81%, una brutta notizia per un’economia che cresce al ritmo del 15%all’anno. Stesso discorso per l’India dove l’inflazione da generi alimentari ha toccato il 18,3%. Sul banco degl’imputati i prezzi crescenti delle verdure: le cipolle rosse, alimento base della cucina indiana, al mercato di Kotla a New Delhi, sono schizzate in una notte da 60 rupie (1,30 dollari) al chilo a 80 a causa della scarsità delle scorte. Come sempre a pagare il prezzo più alto sono i più deboli. Scesi in piazza in questi giorni in Tunisia contro il governo autoritario del presidente Ben Ali, e poi anche in Algeria, hanno chiamato il loro movimento di protesta «la rivolta del pane» .
In Italia il livello di guardia nei confronti dei rincari degli alimentari è alto. Qui a infuriare è la polemica tra produttori e grande distribuzione, che in gran parte considera ingiustificati gli aumenti. Oltre al prezzo di pane (+40%il frumento tenero), pasta, carne e zucchero, a pesare nella borsa della spesa è anche il prezzo del latte (+10/15%). Secondo Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia, ci sono richieste di aumenti di prezzi dei prodotti di base da parte dei produttori che, se accolte, farebbero salire l’inflazione al 3-4%. Mentre per Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, visto che la coperta è corta, sarà inevitabile un aumento dei prezzi nei prossimi mesi: «Noi stimiamo un rialzo su scala mondiale intorno al 18-20%» . E visto che l’Italia importa «circa il 50%del nostro fabbisogno alimentare, ci saremo dentro in pieno» .
Che fare? Gli esperti sono unanimi nel sottolineare l’urgenza di «azioni concrete per governare un mondo in cambiamento» come sottolinea l’ultimo report del Barilla center for food nutrition che stressa l’importanza di «una crescita sostenibile della produttività» : dall’incremento dell’estensione delle terre coltivate e della loro resa a un cambiamento degli stili di vita e di consumo. Mentre l’Ifpri (International Food policy research institute), preoccupato della situazione critica nella regione Sub Sahariana, punta il dito sulla necessità di una visione a lungo termine che passa attraverso azioni immediate. «Politiche migliori e investimenti più alti possono migliorare la sicurezza alimentare per milioni di persone. Il futuro del mondo rifletterà le scelte fatte dai governi, dalle organizzazioni non governative, dalle imprese private» . Nella speranza che la globalizzazione mostri anche l’altra faccia. Quella virtuosa.
Antonia Jacchia