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 2011  gennaio 21 Venerdì calendario

TUTTO IL POTERE AI RAGAZZINI LA SVOLTA DI SILICON VALLEY - NEW YORK - È

il modello Peter Pan applicato all´industria. Vince chi non invecchia mai. Il capitalismo americano sarà salvato dai ragazzini: è il verdetto che viene dalla Silicon Valley, la culla mondiale dell´innovazione tecnologica, il laboratorio di tutte le rivoluzioni economiche degli ultimi trent´anni. Via i top manager di professione, largo agli imprenditori puri, meglio ancora se ventenni e dotati di "animal spirits". È questa la lezione degli ultimi scossoni al vertice delle imprese leader. Google mette da parte il chief executive Eric Schmidt, 55 anni, per sostituirlo con uno dei due fondatori, Larry Page, 38 anni. L´altro co-fondatore, Sergey Brin, 37 anni, dirige l´innovazione tecnologica.
Il terremoto ai vertici giunge in un momento all´apparenza felice: in Borsa Google capitalizza 200 miliardi di dollari (ne valeva 27 quando fu quotata nel 2004), nell´ultimo trimestre i profitti sono saliti del 17% a quota 5 miliardi. Eppure non è tranquilla. Sente sul collo il fiato di un vero ragazzo, Mark Zuckerberg di Facebook, al cospetto del quale perfino Page e Brin sembrano un po´ stagionati. L´incubo di Google è la "sindrome Microsoft": quella che fu la regina dell´informatica per un´intera generazione, ha perso smalto, grinta innovativa e capacità di attrarre i giovani talenti migliori. Via via che l´ex-ragazzino fondatore Bill Gates si allontanava dalla sua missione imprenditoriale, l´azienda si è burocratizzata.
La potenza in ascesa oggi è Facebook, perché il sito sociale fa passi da gigante nella pubblicità online, il principale giacimento di profitti di Google. Facebook resta saldamente in mano al fondatore Zuckerberg, di 26 anni. La sua impresa è stata valutata 50 miliardi di dollari, ma lui ha rinviato (fino al 2012, pare) il momento di quotarsi in Borsa: per non condividere il potere con capitalisti finanziari. Il ragazzino spinto dagli spiriti animali del capitalismo creativo, diffida dei professionisti del denaro. Ha umiliato le più grandi società di venture capital della Silicon Valley, sbattendogli ripetutamente la porta in faccia. Pochi giorni fa ha dato una sonora lezione anche a Goldman Sachs. La più potente banca d´affari di Wall Street aveva convinto Zuckerberg ad affidarle un piccolo pre-collocamento, riservato a pochi privilegiati, per circa 1,5 miliardi. Ma i top manager di Goldman hanno combinato un disastro. Le modalità dell´operazione sono apparse ambigue, opache oltre ogni limite, tali da rischiare un´inchiesta della Securities and Exchange Commission (Sec), l´organo di vigilanza sui mercati finanziari. La banca d´affari è stata costretta a cancellare l´operazione per i suoi clienti americani, ma solo dopo essersi subìta un´autentica sfuriata dal "ragazzino", indignato per la pessima figura. Zuckerberg si è rafforzato nella sua convinzione: alla larga dai cosiddetti professionisti del denaro. Il capitalismo vero, quello che crea sviluppo, è un´altra cosa.
La gara che conta tra Google e Facebook non è fatta di profitti, dividendi, relazioni trimestrali di bilancio. No, l´incubo dell´imprenditore creativo nella Silicon Valley è un altro: se la palma della creatività giovanile passa in mano a un altro, è da lui che se ne vanno i migliori. Per quanto il campus Googleplex sembri un parco-divertimenti, dove i Ph.D. d´informatica giocano a volley nei giardini e sono obbligati a dedicare il 20% del proprio tempo a "curare le proprie idee", negli ultimi tempi si è avvertito l´inizio di un esodo dei cervelli. Anche una dirigente di alto livello come Sheryl Sandberg è passata al nemico, e oggi è direttrice generale di Facebook. Altri sono partiti verso aziende ancora più piccole, più giovani, più rischiose. Nel capitalismo post-industriale della Silicon Valley le risorse umane sono tutto.
Google è la figlia di un algoritmo geniale partorito dai due fondatori quando erano dottorandi all´università di Stanford, nel 1998. Facebook nasce da un´intuizione felice sui bisogni di interazione sociale delle nuove generazioni. C´è un altro caso di azienda hi-tech divenuta un simbolo potente della fantasia tecnologica. È la Apple di Cupertino, anche lei oggi rischia molto perché la malattia allontana dai comandi un ex-ragazzino fondatore. Steve Jobs è stato definito «il più intuitivo di tutti gli imprenditori americani». La sua magia, è il carisma leggendario con cui ha convinto il mondo intero di avere reinventato prima il computer (iMac), poi il lettore digitale di musica (iPod), poi il telefonino (iPhone) e infine tutti i media con l´iPad. Anche quella è la storia di un´azienda salvata grazie al ritorno alle origini. Jobs dopo averla creata la lasciò nel 1985. Fu richiamato nel 1997 con una missione disperata: l´azienda stava per morire. Ora è una success-story mondiale.