RODOLFO SALA , la Repubblica 21/1/2011, 21 gennaio 2011
NO DA COMUNI, TERZO POLO E PD ORA IL FEDERALISMO È A RISCHIO - MILANO
Sembrava quasi fatta, il tessitore Calderoli aveva limato fino all´ultimo il testo del decreto sul fisco municipale trattando con le opposizioni. Ma ieri sul capo dei leghisti, interessatissimi a portare a casa a tutti i costi il penultimo decreto attuativo del federalismo fiscale, cade una grossa tegola. Prima l´Anci, poi le forze politiche non di maggioranza dicono no: così non va troppe le «incertezze» (così le definisce il presidente dell´Anci Sergio Chiamparino) contenute in quel testo. Incertezze che limiterebbero l´autonomia dei Comuni, in particolare per quel che riguarda la compartecipazione alla nuova tassa Imu, le cui aliquote verrebbero decise di anno in anno dal Tesoro. Giudizi negativi anche sulla tassa di soggiorno, sul fondo perequativo e sulla Tarsu-Tia (rifiuti). Così l´Anci chiede al governo di «prolungare la fase di interlocuzione per arrivare a una nuova intesa». Insomma: bisogna ritornare alla conferenza unificata per migliorare il testo presentato ieri da Calderoli. Ed è una richiesta condivisa dai partiti di opposizione, a cominciare dal Pd, che nella notte, in un vertice presieduto da Bersani, aveva deciso la bocciatura in commissione: «Questo non è federalismo, l´ultima versione del decreto è peggiorata».
Il ministro Roberto Calderoli dice che non si può, ma in serata una piccola apertura la fa. Oggi chiederà al consiglio dei ministri di esprimersi sulla richiesta delle opposizioni di prorogare almeno i termini per l´esame del decreto, termini che per ciò che riguarda il fisco municipale scadono il 28 gennaio, mentre la scadenza dell´intera legge delega è fissata al 21 maggio. Umberto Bossi conferma: «Potremmo dare qualche giorno di proroga», dice in serata il leader della Lega. Il Pd apprezza l´apertura. Il Polo della Nazione (Fli, Udc e Api) non si schioda dalla posizione, decisamente rigida, annunciata ieri: se il testo non subirà modifiche sostanziali, e se non ci saranno entrambe le proroghe, i centristi non lo voteranno. Mentre l´Idv dà in sostanza ormai per perso qualsiasi tentativo di migliorare il testo.
Ce n´è abbastanza per far scattare l´allarme rosso nella Lega. Non a caso Bossi sente il bisogno di ribadire con forza ciò che era stato concordato con il premier nella cena di mercoledì a Palazzo Grazioli: federalismo subito o urne. Il problema sono i voti nelle commissioni, dove il peso del nuovo Polo della Nazione si fa sentire scompaginando gli ormai vecchi numeri della maggioranza: la Bicamerale per le riforme e, soprattutto, la Bilancio, che dovranno approvare in via definitiva gli ultimi decreti di qui al 26 gennaio. Se non si dovesse arrivare in extremis a un accordo su un nuovo testo, la maggioranza ritiene di potercela fare tranquillamente in Bicamerale. Non è così per la commissione Bilancio, dove i numeri, per il Pdl e la Lega, sono molto più risicati. E se le opposizioni dovessero dire no al decreto argomentandolo con la mancanza di copertura finanziaria, anche la ratifica del Quirinale potrebbe non essere così scontata. Uno scenario da incubo: per il Carroccio e per l´intero governo.
È anche per questo che, in vista del voto di mercoledì 26 in commissione Bilancio, la Lega sta avviando in queste ultime ore un tentativo di mediazione rivolto soprattutto al Pd. Per convincere il principale partito di opposizione a trasformare il no ormai annunciato in un sì che potrebbe scongiurare i rischi di elezioni anticipate. Il Polo della Nazione, infatti, insiste con la richiesta di prorogare anche i termini di scadenza (31 maggio) della delega del governo in materia di federalismo fiscale. Una richiesta che il presidente della Bicamerale Enrico La Loggia sembra aver già respinto: «In questo caso non basta un´intesa con il governo, serve un provvedimento legislativo e non è pacifico che si possa fare nel Milleproroghe, come proposto dal Terzo Polo». Bossi è d´accordo: «No, per quello la proroga non si può fare».