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 2011  gennaio 23 Domenica calendario

In Sudan la guerra civile vinta dagli animali - Pensavano di essere seduti con le loro povere chiappe os­sute su uno dei più ingrati, pol­verosi - paludosi, in alternativa - territori del pianeta

In Sudan la guerra civile vinta dagli animali - Pensavano di essere seduti con le loro povere chiappe os­sute su uno dei più ingrati, pol­verosi - paludosi, in alternativa - territori del pianeta. E tutti pre­si dal busillis di come mettere insieme il pranzo con la cena ­ora che a tutto vapore, e con per­centuali vicine al 99 per cento hanno scelto la secessione dal più ricco e attrezzato Nord mu­sulmano- gli abitanti del Sud Sudan non sapevano, l’hanno scoperto ora, di essere seduti su un forziere d’oro. (A proposi­to di chiappe ossute e di quel che, metaforicamente, gli gira intorno). No, non è il petrolio. Quello già si sapeva che c’era, anche se bisognerà mettersi d’accordo con i vecchi nemici del Nord, tanto a me, tanto a te, per farlo arrivare fino ai porti d’imbarco che sono appunto lassù, a settentrione. No, il forziere colmo di pepi­te, quel che potrebbe trasfor­mare il Sud Sudan in un altro Kenia, in un’altra Tanzania, con i suoi resort, i suoi jungle lo­dge e i suoi Briatore, e il conse­guente corredo di charter e di cacciatori bianchi assetati di sa­fari (fotografici, ormai) è rap­presentato dallo straordinario patrimonio faunistico che, a sorpresa, hanno scoperto di avere ancora, nonostante tut­to. Di averlo anzi moltiplicato per cento rispetto a una trenti­na d’anni fa. Pensavano di es­serselo giocato una volta per sempre, dando per scontato che dopo 25 anni di guerra civi­­le, e di fame, e di carestie, e di campi abbandonati, e due mi­lioni di morti, tutto ciò che aves­se pelo, piuma o pelliccia fosse finito allo spiedo o in pentola. È accaduto invece il contrario. Spariti i bracconieri assetati di corno e d’avorio, affezionati più alla loro pelle che a quella di zebre, tigri e coccodrilli; pro­tetti dalle grandi paludi nell’est del paese soprattutto durante la stagione delle piogge, zebre, antilopi e gazzelle si sono ripro­dotte tumultuosamente. «È in­credibile, allucinante. Quel che si vede dall’alto va aldi làdi quello che uno potrebbe pensa­re », ha balbettato Michael Fay, esploratore della National Geo­graphic Society, raccontando di aver visto all’inizio del mese, dall’aeroplano,una«mandria» di antilopi e di gazzelle transu­manti di oltre un milione di ca­pi. «Un fronte di quasi cinque chilometri per una lunghezza di otto,un animale attaccato al­­l’altro. Una roba da pazzi». Ov­vero la più grande migrazione mai osservata sulla Terra, assai più imponente di quelle che normalmente si osservano nel Parco di Serengeti, in Tanza­nia, giura mister Fay. Era dal 1983, dallo scoppio della guerra civile, che il moni­toraggio degli animali selvatici non si faceva più. All’ultimo censimento, era l’inizio degli anni Ottanta, si erano contate 900 mila antilopi. Per non dire degli elefanti, delle zebre, dei le­oni, degli ippopotami e delle gi­raffe che popolavano i 650 mila chilometri quadrati del Sud Su­dan. Nel frattempo, davano tut­ti per scontato che anche lag­giù fosse finita come in Angola e in Mozambico, dove i parchi naturali erano stati spazzati via dalla furia delle armi. «Trent’anni fa - ha raccontato Paul Elkan, direttore del Wildli­fe Conservation Society- la gen­te raccontava che gli animali selvatici stavano sparendo a vi­sta d’occhio. Si diceva che alcu­ne specie di a­ntilopi fossero ad­dirittura sul punto di estinguer­si ». Poi, per fortuna, verrebbe voglia di dire, la guerra. In un mondo assetato di au­tenticità, di natura allo stato brado, di wildlife, la scoperta di questo «filone aurifero» è su­scettibile di dare una svolta si­gnificativa all’economia di una regione disastrata. Tanto ci cre­de, il governo del Paese, da ave­re incaricato l’esercito di sten­dere una cintura di protezione intorno ai parchi. E il petrolio? «Il petrolio naturalmente è im­portante. La ricostruzione del Paese sarà possibile grazie ai proventi del greggio - dice Paul Elkan - . Ma la scoperta di que­sto i­mmenso patrimonio natu­rale sarà il secondo grande busi­ness del Sud Sudan. Lo sanno anche loro. E infatti, i permessi per le nuove prospezioni geolo­giche per la ricerca del petrolio vengono rilasciati solo per aree lontane dai corridoi usati dagli animali per le loro migrazioni».