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 2011  gennaio 24 Lunedì calendario

IL PAPA: LE ISTITUZIONI RITROVINO LA LORO ANIMA

L’invito alla «società e alle istituzioni pubbliche» perché «ritrovino la loro anima, le loro radici spirituali e morali». Ma anche la pubblica riconoscenza «per quell’impegno in più che spesso la mia attività richiede a voi». Sono due dei passaggi del discorso che Benedetto XVI ha rivolto ai dirigenti, funzionari, agenti e personale civile della Polizia di Stato in servizio a Roma. Guidati dal questore della capitale, Francesco Tagliente, in 1.200 hanno riempito ieri mattina l’Aula della Benedizione del Palazzo Apostolico. Il primo incontro di un Papa con la Questura Romana. Nel suo intervento il Pontefice, che ha salutato personalmente gran parte dei partecipanti accompagnati dal cappellano don Nicola Tagliente, ha ricordato anche come vi sia «in molti la tentazione di pensare che le forze mobilitate per la difesa della società civile siamo alla fine destinate all’insuccesso». Soprattutto davanti a «mutamenti che talvolta generano un senso di insicurezza» legato anche «alla precarietà sociale ed economica». Di seguito pubblichiamo il testo integrale del discorso pronunciato da Benedetto XVI.

I llustre signor questore, illustri dirigenti e funzionari, cari agenti e personale civile della Polizia di Stato! Sono veramente lie­to di questo incontro con voi e vi do il ben­venuto nella Casa di Pietro, questa volta non per servizio, ma per vederci, parlarci e salu­tarci in modo più familiare! Saluto in parti­colare il signor questore, ringraziandolo per le sue cortesi parole, come pure gli altri diri­genti e il cappellano. Un saluto cordiale ai vo­stri familiari, specialmente ai bambini!

D esidero anzitutto ringraziarvi per tut­to il lavoro che svolgete a favore del­la città di Roma, di cui sono il vesco­vo, perché la sua vita si svolga nell’ordine e nella sicurezza. Esprimo la mia riconoscen­za anche per quell’impe­gno in più che spesso la mia attività richiede da voi!

L’epoca in cui viviamo è percorsa da profondi cambiamenti. Anche Ro­ma, che giustamente è chiamata «città eterna», è molto cambiata e si evol­ve; lo sperimentiamo ogni giorno e voi ne siete testi­moni privilegiati. Questi mutamenti generano talvolta un senso di in­sicurezza, dovuto in primo luogo alla preca­rietà sociale ed economica, acuita però an­che da un certo indebolimento della perce­zione dei principi etici su cui si fonda il dirit­to e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza.

I l nostro mondo, con tutte le sue nuove speranze e possibilità, è attraversato, al tempo stesso, dall’impressione che il consenso morale venga meno e che, di con­seguenza, le strutture alla base della convi­venza non riescano più a funzionare in mo­do pieno. Si affaccia pertanto in molti la ten­tazione di pensare che le forze mobilitate per la difesa della società civile siano alla fine de­stinate all’insuccesso. Di fronte a questa tentazione, noi, in modo particolare, che siamo cristiani, abbiamo la responsabilità di ritrovare una nuova risolu­tezza nel professare la fede e nel compiere il bene, per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferen­ze, nelle ore felici come in quelle buie dell’e­sistenza terrena.

A i nostri giorni, grande importanza è data alla dimensione soggettiva del­l’esistenza. Ciò, da una parte, è un bene, perché permette di porre l’uomo e la sua dignità al centro della considerazione sia nel pensiero che nell’azione storica. Non si deve mai dimenticare, però, che l’uomo tro­va la sua dignità profondissima nello sguar­do amorevole di Dio, nel riferimento a Lui. L’attenzione alla dimensione soggettiva è an­che un bene quando si mette in evidenza il valore della coscienza umana. Ma qui tro­viamo un grave rischio, perché nel pensiero moderno si è sviluppata una visione ridutti­va della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue e­sperienze, ad essere il metro di misura; o­gnuno, quindi, possiede la propria verità, la propria morale.

La conseguenza più evidente è che la re­ligione e la morale tendono ad essere con­finate nell’ambito del soggetto, del privato: la fede con i suoi valori e i suoi comportamenti, cioè, non avrebbe più diritto ad un posto nel­la vita pubblica e civi­le. Pertanto, se, da una parte, nella società si dà grande importanza al pluralismo e alla tol­leranza, dall’altra, la re­ligione tende ad essere progressivamente emarginata e conside­rata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi si doves­se limitare la sua influenza sulla vita del­l’uomo.

A l contrario, per noi cristiani, il vero si­gnificato della «coscienza» è la ca­pacità dell’uomo di riconoscere la verità, e, prima ancora, la possibilità di sen­tirne il richiamo, di cercarla e di trovarla. Al­la verità e al bene occorre che l’uomo sappia aprirsi, per poterli accogliere in modo libero e consapevole. La persona umana, del resto, è espressione di un disegno di amore e di ve­rità: Dio l’ha «progettata», per così dire, con la sua interiorità, con la sua coscienza, affinché essa possa trarne gli orientamenti per custo­dire e coltivare se stessa e la società umana.

Le nuove sfide che si affacciano all’orizzonte esigono che Dio e uomo tornino ad incon­­trarsi, che la società e le istituzioni pubbliche ritrovino la loro «anima», le loro radici spiri­tuali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quin­di all’azione pratica. La fede cristiana e la Chiesa non cessano mai di offrire il proprio contributo alla promozione del bene co­mune e di un progresso autenticamente u­mano. Lo stesso servizio religioso e di assi­stenza spirituale che, in forza delle vigenti di­sposizioni normative, Stato e Chiesa si im­pegnano a fornire anche al personale della Polizia di Stato, testimonia la perenne fe­condità di questo incontro.

L a singolare vocazione della città di Roma richiede oggi a voi, che siete pubblici ufficiali, di offrire un buon esempio di positiva e proficua interazio­ne fra sana laicità e fede cristiana. L’effi­cacia del vostro servizio, infatti, è il frut­to della combinazione tra la professio­nalità e la qualità umana, tra l’aggiorna­mento dei mezzi e dei sistemi di sicurez­za e il bagaglio di doti umane quali la pa­zienza, la perseveranza nel bene, il sacri­ficio e la disponibilità all’ascolto. Tutto questo, ben armonizzato, va a favore dei cittadini, specialmente delle persone in difficoltà. Sappiate sempre considerare l’uomo come il fine, perché tutti possa­no vivere in maniera autenticamente u­mana. Come vescovo di questa città, vor­rei invitarvi a leggere e meditare la Paro­la di Dio, per trovare in essa la fonte e il criterio di ispirazione per la vostra azio­ne.

Cari amici! Quando siete in servizio per le strade di Roma, o nei vostri uffici, pen­sate che il vostro vescovo, il Papa, prega per voi, che vi vuole bene! Vi ringrazio per la vostra visita, e vi affido tutti alla prote­zione di Maria Santissima e dell’Arcan­gelo San Michele, vostro protettore cele­ste, mentre imparto di cuore su di voi e sul vostro impegno una speciale benedi­zione apostolica.