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 2011  gennaio 21 Venerdì calendario

Il diavolo, il sesso, gli omicidi: così sono nate le Bestie di Satana Mario Maccione, il medium della setta, si confessa in un libro - Raccontano i suoi malefici compagni di sventura che si gonfiasse come un pallone, quando cadeva in trance parlando in nome del demone

Il diavolo, il sesso, gli omicidi: così sono nate le Bestie di Satana Mario Maccione, il medium della setta, si confessa in un libro - Raccontano i suoi malefici compagni di sventura che si gonfiasse come un pallone, quando cadeva in trance parlando in nome del demone. Ordinando delitti e violenze sessuali. Mario Maccione, una del­le «Bestie di Satana», condannate per tre omicidi e sospettate di altri ancora, racconta in un libro firma­to da Stefano Zurlo, il mondo di questa setta male­detta, pervasa da musica heavy, droga e fantasmi. *** Incredibile, quel cielo pro­gressivamente oscuro esercita un fascino irresistibile. Calami­ta. Chiama a raccolta. Sono Oz­zy e Sapone le nuove porte gire­voli della banda. Ozzy ci ha pre­sentato Chiara, Sapone ci porta Andrea Bontade e poi Andrea Volpe. Bontade ricorda Simone, è un tipo passivo, ripete: «Io so­no la vostra ombra ». Volpe inve­ce è tutta un’altra cosa. Volpe, che lavora saltuariamente in una fabbrica tessile di Somma Lombardo, è il dottore. Il dotto­re delle droghe. È l’unico del gruppo che si spara l’eroina in vena.E già che c’è,pure la cocai­na. È un tossico vero. E ama gli esperimenti. I cocktail. S’inten­de subito a meraviglia con We­dra e la nostra razione quotidia­na di acido lisergico, di Lsd, di mescalina aumenta. Vertigino­samente. Volpe ci usa come ca­vie. Arriva al Midnight e tutto sor­ridente c’invita: «Ragazzi, beve­tevi una birra, offro io». Alè, tutti tuffano la bocca nel calice, poi cominciano a sconnettere. Tut­ti. Anch’io.Mi pare di essere den­tro una cabina del telefono, so­no prigioniero nella cabina, tut­to il Midnight è dentro quella ca­bina. Esco, striscio, avanzo car­poni. Che allucinazione. Mi con­torco. Qualcuno mi recupera in mezzo alla strada, sull’asfalto, a due isolati di distanza dal pub. Mi contorco come un verme. Una scena già vista. Il giorno di Capodanno ’97.So­no a casa di Ozzy. Giro nudo. Vo­mito. Esco in cortile. Cerco di uc­cidere un cane. Non so più nul­la. Perdo il senso del tempo e del­lo spazio. Perdo me stesso. Mi succede spesso. Sempre più spesso. Vivo dentro un black out. A intermittenza il cervello mi si spegne.Poi,dopo un po’ di tempo che non so quantificare, riparte. E ripartono le orge, le ca­tene, le prove di coraggio. Ora la prova di coraggio che va per la maggiore è il salto dei binari, al­l’arrivo del treno. C’è un punto eccezionale per questa prova di adrenalina. È a Vignate, nella te­nuta degli Invernizzi. Di Vignate ci ha parlato Massimino Magni che ora suona per i Ferocity ed è sempre molto vicino alla banda. Ma non ne conosce i segreti. Sul limite del bosco c’è un prato e in mezzo al prato passano le rotaie che corrono verso Venezia. Noi piombiamo lì di notte. Va sem­pre bene. (...) A furia di trafficare con quelle divinità oscure ci siamo convinti o ci stiamo convincendo di esse­re protetti dai demoni. Siamo al disopra di tutto e di tutti. E andia­mo avanti come un rullo com­pressore. A tratti scopriamo la violenza. (...) Al Midnight apro il tappo e faccio uscire un po’ di quella furia. A farne le spese è un nemico, Ermanno. Maria, la mia donna, mi fa uno strano di­scorso: Ermanno l’ha messa in guardia, le ha suggerito di girare alla larga, di starmi lontano, di non frequentarmi. Ma che caz­zo vuole questo Ermanno? De­vo sistemarlo, una volta per tut­te. Chiara mi dà una mano. (...) Fa la carina con lui, è tutta genti­le, finge di starci. Lui non capi­sce l’imbroglio, l’imboscata,si ri­lassa, beve. A un certo punto Chiara ed Ermanno escono, co­me per appartarsi. Io gli salto ad­dosso, lo trascino in una via late­r­ale poco illuminata del quartie­re, Porta Romana, e lo riempio di botte. Picchio, picchio, pic­chio come un fabbro. Lo concio per bene. Non smetterei più. In fondo alla strada c’è Eros che mi spinge come un aguzzino: «Ucci­dilo, dai, uccidilo, fallo fuori». L’alcol, la droga, il sangue. Se il tappo salta, c’è da avere paura. Ma per quella sera mi fermo. Siamo invasati. Sempre di più. E cerchiamo di salire, ma sa­rebbe meglio dire di scendere, un gradino nella nostra rincorsa ai demoni. Fabio diventa Dae­mon, come il figlio di Glen Ben­ton, il suo idolo. Glen con i suoi annunci shock: «Al trentatreesi­mo compleanno, l’età di Cristo, mi suiciderò». Fabio vuole imi­tarlo e non sa che non ci arriverà. Ozzy è Evol, il contrario di love, perché trae il suo potere dal­l’odio. Marco è Kill perché vuole sempre uccidere, Guerrieri è Lioz perché il suo potere poggia sulla follia. Nicola è Onussen, il contrario di nessuno. Onussen è anche una citazione da un cele­bre romanzo, L’esorcista. Chia­ra è Troia perché trae la sua forza dal sesso, Andrea Bontade non me lo ricordo ma ha qualcosa a che fare con i nostri occhi, lui è i nostri occhi, Eros è Chaos, per­ché è il caos a dargli potenza. Si­mone... Non me lo ricordo. Neb­bia. Siamo undici, in più, nel soli­to anello esterno, c’è Massy.Che si fa chiamare Putiferio perché gli piace creare un putiferio quando suona. Ma lui non ap­partiene alla banda. Si salverà. Come Simone che è impaurito, è spaventato. Non regge quei rit­mi. Quella violenza, e a un certo punto si defilerà (...). Noi siamo in vista di un passo decisivo. Lo sentiamo. E lo fac­ciamo. A Vignate. Questa volta arriviamo di pomeriggio. Le istruzioni ci portano a cercare una villa. La troviamo: ecco i ta­voli, il disordine, una sensazio­ne di abbandono. Un sentimen­to di rovina, di disastro incom­bente. Facciamo il rituale. Leg­giamo le formule che ci ha detta­to Noctumonium. Adesso dob­biamo cercare una chiesetta. Ma dov’è? Forziamo una porta, scendiamo per le scale nei sotter­ranei. Eccola, finalmente. Sia­mo dentro. È sconsacrata. Ma ci sono ancora le panche. L’altare. Il crocifisso. E adesso? L’ultimo ordine di Noctumonium è net­to, come il taglio di un coltello af­­filato: «Adesso dovete fare quel­lo che manca». Cosa ci manca? Certo, il nome. Ci vuole qualco­sa di apocalittico, di definitivo, di solenne. Di satanico. Ci vuole il nome. Il nostro nome. Mentre ruminiamo questi pensieri riem­piamo la chiesa di scritte satani­che, di pentacoli, di 666, di nu­meri diabolici. Sfruttiamo la lu­ce del tardo pomeriggio che s’in­sinua sottoterra, poi accendia­mo accendini e torce. Siamo in dieci, tutti, al gran completo. Io e Fabio, Marco, Eros, Wedra, Oz­zy, Chiara, Bontade, Volpe e Sa­pone. Simone non c’è più. Massimino è pure assente, ed è giusto che non ci sia. Perché non condivide i nostri segreti. Il momento, il momento tanto at­teso, è arrivato: come ci chiame­remo? Nelle nostre teste volteg­giano come avvoltoi quelle frasi della Bibbia che abbiamo letto e riletto tante volte: «Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna te­sta un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pante­ra, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone»... «E vidi salire dalla terra un’altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago». I pensieri volteggiano. La bestia, le bestie, le corna, le zampe di un orso, il sangue, le be­stemmie. Sì, le bestemmie, di noi che adoriamo Satana. E vo­gliamo servirlo. Sì, ci chiamere­mo le «Bestie di Satana»,anzi,al­l’inglese The beasts of Satan. Lo scandiamo ad alta voce. Tutti in­sieme. Dieci voci per un coro dia­bolico: The beasts of Satan. Ec­co, ora abbiamo un nome. Un nome che purtroppo ci farà di­ventare tutti famosi. E ci conse­gnerà più che alla storia alla cro­naca. Nera.