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 2011  gennaio 20 Giovedì calendario

COME SALVARE L´EURO

L´euro brucia. Dove sono gli intellettuali che nel momento dell´emergenza difendono con acume ed entusiasmo, il progetto incompiuto dell´Unione Europea e le sue conquiste? Risposta: "Il numero selezionato è inesistente". D´altra parte, la situazione si sta di colpo aggravando. I governi europei si vedono posti di fronte alla scelta di fondo: o si coopera e ci si sbarazza delle illusioni della politica nazionale, oppure l´esperimento dell´Europa fallisce. O l´integrazione politico-economica, oppure la disintegrazione. Cosa blocca l´Europa? L´illusione neoliberale. Essa parte dall´assunto secondo cui sarebbe possibile e sufficiente integrare l´Europa sul piano economico. Una progressiva integrazione sociale e politica sarebbe non solo inutile, ma addirittura dannosa. In base a questa concezione l´Europa non dovrebbe essere nient´altro che un grande supermercato, per giunta circondato da un´aureola: in fondo il neoliberalismo (europeo) aspira ad essere il migliore socialismo, poiché solo con l´aiuto dei mercati aperti si può riuscire a combattere la povertà a livello nazionale e globale e a creare un mondo più giusto. Che si tratti di un´illusione delle élite europee, risulta evidente in considerazione di due sviluppi.
In primo luogo, in questo modo si disconosce il fatto che tra la neoliberalizzazione e la neonazionalizzazione dell´Europa sussiste un sotterraneo rapporto di condizionamento. Se l´Ungheria di Orban mette il bavaglio alla libertà di stampa, se in Germania il caso Sarrazin dà voce a un "razzismo democratico" e in Olanda un partito xenofobo appoggia il governo, se Berlusconi raccoglie consenso in Italia, tutto ciò è anche un effetto collaterale della neoliberalizzazione dell´Europa. All´insegna dell´"integrazione dei mercati" è stato scatenato un processo di modernizzazione che cancella i confini e i fondamenti e mette in questione le premesse nazional-statali della democrazia parlamentare, del Welfare e del compromesso di classe, diffondendo l´ansia tra la gente. Inoltre, la crisi dell´euro è fatta in casa. Infatti, nel progetto di europeizzazione neoliberale domina l´"integrazione negativa": le barriere dei mercati vengono abbattute senza che la politica europea o quella nazionale dispongano di strumenti per fronteggiare le crisi finanziarie così provocate.
Il progetto di europeizzazione neoliberale concepito a Bruxelles è fallito e, con esso, è fallita anche la visione britannica dell´Europa. Di fronte alla crisi dell´euro imperversa l´illusione nazionale secondo cui nelle società e negli Stati sempre più europeizzati dell´UE potrebbe avvenire un ritorno all´idillio nazional-statale. Mentre l´Europa e i suoi ex-Stati nazionali si intrecciano, si mescolano, si compenetrano; mentre, perciò, nelle ex-società nazionali europee non c´è più nemmeno un angolo "libero dall´Europa", l´immaginazione nostalgica della sovranità nazional-statale regna sempre più nelle teste, diventa uno spettro sentimentale, un´abitudine retorica, nella quale cercano rifugio gli ansiosi e i disorientati. Ma non è possibile alcun ritorno allo Stato nazionale in Europa, poiché tutti gli attori sono inseriti in un sistema di dipendenze giuridicamente fissate. Dopo 50 anni di europeizzazione i singoli Stati e le singole società sono in grado di agire solo nella sintesi europea.
Ma l´Europa ha una chance solo se riesce una buona volta a sbarazzarsi della falsa alternativa che strega la sua autocomprensione e la sua politica. L´argomentazione corrente suona così: o nascono gli "Stati Uniti d´Europa" nel senso di un super-Stato federale, e allora finalmente non ci saranno più Stati-membri nazionali, oppure gli Stati membri rimarranno i sovrani dell´Europa e in questo caso non ci sarà nessuna Europa ("intergovernamentalismo"). Vale la legge per cui ciò che l´Europa vince lo perdono le nazioni. Se si rimane prigionieri di questa falsa alternativa dello sguardo nazionale, alla fine rimane soltanto la scelta tra nessuna Europa e nessuna Europa!
Nicolas Sarkozy lo auspica, mentre Angela Merkel lo contesta: cosa si intende con l´obiettivo di un "governo europeo dell´economia"? Un governo "macronazionale" dell´economia, secondo il modello degli Stati Uniti d´Europa? Un coordinamento dei governi delle economie nazionali? Oppure un governo co-nazionale dell´economia, che non mira all´obiettivo di un super-Stato europeo, ma ripensa i diritti e i doveri tra l´Europa di Bruxelles e gli Stati membri secondo il modello dell´"Europa cosmopolitica", cioè della sovranità di tutti, condivisa e dunque allargata? Questo modello si basa su una sorta di "Declaration of Interdependence" (non: Indepedence). L´esempio storico di una politica europea di tipo cosmopolitico riuscita è l´Ostpolitik tedesca di Willy Brandt e di Egon Bahr ai tempi della guerra fredda. La sua formula magica, "cambiamento attraverso l´avvicinamento reciproco", riuscì a ottenere un consenso maggioritario addirittura contro la perfida accusa di tradimento del Paese nella Germania conservatrice. Uno dei suoi presupposti era l´equilibrio del terrore, lo "stallo atomico", ossia la formazione di una "comunità cosmopolitica del rischio", che consentiva agli "alleggerimenti umani" di attraversare il muro del conflitto ideologico Est-Ovest. Nell´odierna crisi dell´euro in luogo del rischio atomico è subentrata la crisi finanziaria europea globale. Analogamente, la soluzione per una via d´uscita dalla crisi dell´euro potrebbe suonare così: chi vuole la stabilità e la sicurezza nazionale (a livello sociale, finanziario, ecologico), deve praticare la solidarietà europea ("sicurezza attraverso la solidarietà"). Ecco quattro proposte al riguardo:
(1) Eurobonds. L´UE deve decidersi a salvare gli Stati anziché le banche. Jean-Claude Juncker ha suggerito la creazione di prestiti europei. È un passo avanti: la stabilità nazionale non può essere ottenuta senza solidarietà europea e la solidarietà europea non può essere ottenuta senza la stabilità nazionale. L´europeizzazione di una parte dei rischi nazionali di deficit rende possibili entrambe le cose: la sovranità finanziaria nazionale conseguita sulla base di un patto di crescita e di stabilità europeo.
(2) Dar vita alla cooperazione macroeconomica. Chi persevera lungo la via fin qui percorsa e impone agli Stati superindebitati drastiche misure di riduzione del benessere - abbassamento dei salari e delle pensioni – non solo manca l´obiettivo di fronte all´indebitamento statale, ma attizza anche il fuoco delle inquietudini sociali in Europa (vedi Grecia, Irlanda e Spagna).
(3) Bilancio europeo. Esso non dovrebbe essere finanziato da prestazioni degli Stati, ma con mezzi propri. Il finanziamento di un budget europeo dovrebbe avvenire attraverso le tasse. Una tassa sulle transazioni finanziarie se introdotta in Europa potrebbe fare il miracolo.
(4) L´Europa dei lavoratori. Nello stesso tempo, in questo modo la politica europea acquisirebbe un "valore aggiunto effettivo", che renderebbe possibile un´Europa sociale: l´UE non sarebbe più il mostro burocratico che minaccia di togliere ai lavoratori la base economica. Sarebbe l´Europa a promettere e a creare più sicurezza sociale per i lavoratori esposti all´ansia esistenziale.
L´eterna crisi chiamata Europa è un´opportunità di riaffermare il primato della politica nell´epoca della globalizzazione. Quando soprattutto i partiti socialdemocratici e verdi avranno spiegato che la stabilità finanziaria, sociale e ecologica può essere raggiunta solo con la solidarietà europea i rosso-verdi potranno vincere le elezioni in Europa.
(Traduzione di Carlo Sandrelli)