Roberto Sommella, MF 20/1/2011, 20 gennaio 2011
Federalismo trappolone per il Cav - La vera minaccia per Berlusconi non si chiama Ruby bensì federalismo
Federalismo trappolone per il Cav - La vera minaccia per Berlusconi non si chiama Ruby bensì federalismo. La prova concreta che potrebbe essere alla fine la Lega a staccare la spina al premier, coinvolto nell’inchiesta della Procura di Milano sui festini ad Arcore, è arrivata da dove meno se lo aspettava, dal suo alleato finora più fedele. Presentando ieri in commissione Bicamerale la nuova versione del decreto sul federalismo municipale, che ha in nuce tutta la riforma della tassazione sulla casa, il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, è stato chiaro: «Nel momento in cui viene fatto il federalismo fiscale, si può avviare la riforma del fisco, il decreto di sblocco e rilancio del Paese e la Carta delle autonomie. Un complesso di cose che darebbero senso alla legislatura, per cui la Lega si impegnerebbe su queste riforme fino al 2013». In caso contrario, però, il Carroccio potrebbe essere seriamente intenzionato a ritirarsi dal governo del Cavaliere. E l’esito del voto sul testo è tutt’altro che scontato, visto che il Terzo Polo (Casini, Fini, Rutelli) ha annunciato di non votare il testo se Berlusconi non deciderà di dimettersi. Insomma, tira aria di trappolone democristiano, con i centristi pronti ad accendere la miccia leghista. Basta anche dare un’occhiata alle date previste per la consultazione parlamentare per capire che la settimana prossima si trasformerà per Berlusconi in un doppio appuntamento del tutto analogo a quello del passato 14 dicembre, quando per il rotto della cuffia ottenne la fiducia alla Camera. L’inizio della discussione della giunta per le autorizzazioni sul caso Ruby è infatti stato fissato il 25 gennaio ma la composizione e la tenuta della maggioranza dovrebbero permettere al premier di schivare lo scoglio giudiziario per approdare forse nel più tranquillo porto del Tribunale dei ministri. Ma il giorno seguente, il 26 gennaio, è prevista la votazione alla Bicamerale sul federalismo municipale, dove però l’esecutivo, come detto, non ha sulla carta la maggioranza, a causa del voto finora contrario di Fli e l’opposizione dell’Udc e del Pd. È lì che potrebbe scattare una trappola fatale. Anche perché ieri il Terzo Polo ha dato il suo ultimatum: o Berlusconi si dimette e indica un successore, oppure si va al voto. E il modo per far finire la legislatura sarebbe proprio il voto contrario in Bicamerale. Federalismo bocciato, Lega irritata e fuori dal governo: uno scenario nient’affatto da escludere. Le misure. Anche per questo Calderoli ha cercato fino all’ultimo di limare il testo e di ridurre il divario con le posizioni dell’opposizione, perché in questo momento il loro voto o la loro astensione è fondamentale. Quindi si può dire che la versione finale, su cui il Parlamento dovrà esprimersi, è leggermente annacquata rispetto alle origini, anche se prevede una piccola rivoluzione in materia di Ici, che diventa Imu, compartecipazione all’Irpef dei Comuni (che potrà arrivare al 2%), cedolare secca sugli affitti (due aliquote previste, una al 20 e un’altra al 23%), aiuti alle famiglie in affitto (previsti 400 milioni di euro) e tassa di soggiorno fino a 5 euro, su cui si sta già scatenando una piccola rivoluzione. Misure peraltro che confermano le anticipazioni dei giorni scorsi (si veda MF-Milano Finanza del 19 gennaio). Le novità indicate da Calderoli non sono poche. Innanzitutto l’Imu (la tassa municipale sugli immobili) sui trasferimenti scompare per diventare un tributo statale (con aliquote ridotte dal 3% al 2% per le prime case mentre sale dall’8% al 9% per le seconde). Secondo i calcoli, l’Imu sui trasferimenti avrebbe dovuto garantire ai Comuni un gettito di 6,5 miliardi, ma avrebbe comportato il rischio di arricchire le grandi città, dove le compravendite sono molte, e impoverire i piccoli centri. Come faranno i Comuni a recuperare questi fondi? Innanzitutto con una partecipazione del 20% dei Comuni alla nuova imposta. E poi con la partecipazione all’Irpef prodotta sul territorio comunale. Rimane invece l’Imu sul possesso, che raggrupperà l’Irpef sulla casa e la vecchia Ici. Colpirà solo le seconde case e l’aliquota sarà stabilita ogni anno dalla legge di stabilità. Poi ci sarà la cedolare secca sugli affitti. Calderoli ha confermato la doppia aliquota: 20% per i contratti a canone concordato e 23% per i contratti a canone libero. Chi dà in affitto l’immobile, dovrebbe avere anche uno sconto sull’Imu sul possesso. Inoltre, il 3% in più pagato dai proprietari che affittano a canone libero andrà a finanziare i 400 milioni di sgravi per gli inquilini che hanno figli a carico. Una mossa che va incontro soprattutto alle richieste dell’Udc. Resta la tassa di soggiorno, ma sarà incamerata solo dai Comuni capoluogo di provincia. Per gli altri, invece, sarà riscossa dalle Province e successivamente ripartita. Il presidente della Bicamerale, Enrico La Loggia, poi, ha ottenuto da Calderoli che il 20% del fondo di riequilibrio sperimentale di tre anni venga destinato ai Comuni con meno di 5 mila abitanti. «In questo modo», aveva spiegato a MF-Milano Finanza, «riusciremo a ottenere un federalismo equilibrato, con la certezza che i Comuni non otterranno meno di quello che hanno». Basterà? Difficile dirlo. Marco Causi del Pd ha sparato a zero contro l’irresponsabilità del governo e di Calderoli, che non hanno fornito un numero sulla riforma e chiedono tempi stretti per il voto. I centristi aspettano al varco. Tutto può diventare più difficile. (riproduzione riservata)