Tonia Mastrobuoni, Il Riformista 20/1/2011, 20 gennaio 2011
«Il sistema fondato sul dollaro è destinato ancora a durare» - Il sistema monetario internazionale dollarocentrico è destinato a durare
«Il sistema fondato sul dollaro è destinato ancora a durare» - Il sistema monetario internazionale dollarocentrico è destinato a durare. Ne è convinto Paolo Guerrieri, economista della Sapienza e vicepresidente dell’Istituto affari internazionali. Ma la “neo assertività” dei cinesi è il sintomo di un cambio di paradigma: «ora la Cina dice apertamente quello che si limitava a pensare». A medio lungo termine il consolidamento dell’assetto multipolare «si accompagnerà un sistema monetario a più valute di riserva». Ma non bisogna avere paura della forza della Cina. Piuttosto, della debolezza dell’Europa. Come è andata questa prima giornata del G2? Pochi risultati concreti e misurabili. I maggiori dossier sui temi economici e della sicurezza restano di difficile soluzione. È un vertice che ha avviato un confronto articolato e complesso tra i due giganti che andrà avanti e caratterizzerà i prossimi decenni. Un risultato tangibile comunque c’è stato ed è rappresentato dall’enorme attenzione che l’incontro tra i due leader ha suscitato in tutto il mondo. Conferma del rafforzamento del ruolo internazionale della Cina, della sua ormai consolidata posizione di superpotenza globale in grado di misurarsi alla pari con gli Stati Uniti. È il risultato di trent’anni di crescita ininterrotta ma anche del fatto che la Cina è uscita rafforzata - a differenza degli altri paesi avanzati - dalla crisi globale. Hu Jintao ha pronosticato la fine del sistema monetario internazionale dollarocentrico e ha candidato lo yuan come futura moneta di riserva. È prematuro? IOrmai la Cina dice apertamente ciò che prima si limitava a pensare. Anche se Hu Jintao non si ripromette di raggiungere a breve qualche effetto pratico. L’attuale sistema monetario è in realtà destinato a durare ancora anni. A breve termine non si vedono valute in grado di rimpiazzare il dollaro. Si potrà arrivare al massimo a un aumento del ruolo dei diritti speciali di prelievo (DSP) con effetti solo marginali e associati a prevedibili modifiche nella composizione del paniere di valute su cui sono oggi basati i DSP a favore di yuan e yen, per esempio. Diverso è guardare a un orizzonte di medio lungo termine, ove è scontato che al consolidamento dell’assetto multipolare dell’economia mondiale si accompagnerà un sistema monetario a più valute di riserva, e tra queste il dollaro, l’euro e il renmimbi. Sui tempi tutto dipenderà dalla durata del processo di internazionalizzazione della moneta cinese - appena iniziato - che deve diventare interamente convertibile. Non meno di dieci-quindici anni L’euro rischia di rimanere schiacciato dal G2 valutario? Cos’è cambiato rispetto a due, tre anni fa quando era la moneta unica europea a “minacciare” il dollaro? L’intera Europa rischia di diventare a breve e medio termine l’anello debole dell’economia globale e finire relegata ai margini dei nuovi equilibri. La crescita europea nei prossimi anni si prospetta assai modesta e, soprattutto, con forti divaricazioni all’interno tra le rinnovate positive performance della Germania e delle altre economie nord-europee, e il quasi ristagno del gruppo dei paesi più indebitati, tra cui figura anche il nostro. Dobbiamo temere il fatto che la Cina stia comprando titoli di Stato europei? Nient’affatto ma essere consapevoli che tali investimenti rientrano nella logica di diversificazione delle riserve della Cina e rimarranno comunque limitati. Sicuramente non saranno sufficienti a togliere le castagne dal fuoco ai paesi della zona euro. A che punto è la crisi europea? Come valuta la decisione di rinviare la discussione sull’ampliamento del Efsf? Non è affatto finita pur se vive di alti e bassi. La scorsa settimana, ad esempio, le condizioni dei mercati dei titoli sono migliorate ma solo grazie ai massicci interventi della Bce che ha comprato titoli irlandesi, greci e soprattutto portoghesi in grandi dosi e fatto così scendere i differenziali di rendimento (spread) dei titoli di questi stessi paesi dai livelli massimi a cui erano arrivati qualche giorno prima. La non decisione della riunione dell’Eurogruppo sull’aumento delle risorse del fondo salva stati va valutata negativamente. Sia perché i mercati si aspettavano un via libera sia perché ha messo a nudo divergenze sempre più profonde all’interno dell’Europa tra i paesi virtuosi, con la tripla A, capitanati dalla Germania, e quelli indebitati e in difficoltà. È stato tutto rinviato ai vertici dei prossimi mesi. È probabile che si arriverà a decidere un aumento della capacità del Fondo ma con tempi e modalità che rischiano di risultare inadeguati. Il timore è che si continui con interventi caso per caso, varati sempre in ritardo, col rischio di fornire ulteriore alimento alla crisi e a una sua più ampia diffusione.