Michele Magno, Il Riformista 20/1/2011, 20 gennaio 2011
Meglio intese tra sindacati che i ricorsi alla Consulta - Caro direttore, il quarto comma dell’articolo 39 della Costituzione italiana recita: «I sindacati registrati hanno personalità giuridica
Meglio intese tra sindacati che i ricorsi alla Consulta - Caro direttore, il quarto comma dell’articolo 39 della Costituzione italiana recita: «I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce». Come si vede, è contemplato il pluralismo sindacale, ma i sindacati stipulano contratti unitariamente, si attengono al criterio proporzionale e superano il problema dei non iscritti tramite l’efficacia obbligatoria. In altri termini, un sindacato o più sindacati coalizzati che hanno la maggioranza degli iscritti fanno contratti con validità erga omnes. L’impianto dell’articolo 39, dunque, non prevede l’istituto del referendum, mentre sancisce il primato dell’iscritto e della democrazia delegata. Forse è utile ricordare queste verità a quanti, nei giorni scorsi, si sono rivolti al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per denunciare il vulnus inferto alla nostra Carta suprema dagli accordi separati di Pomigliano e Mirafiori. Si tratta di una scelta poco accorta, perché può paradossalmente portare acqua al mulino proprio di chi intende escludere ogni forma di democrazia diretta dal sistema di relazioni industriali. Meglio quindi sgombrare il campo dalle polemiche strumentali su presunte violazioni della Costituzione, se si vuole rendere più spedita la ricerca di un’intesa sulle regole della rappresentanza. In questo senso, sarebbe opportuno che il segretario della Cgil, Susanna Camusso, provasse a riannodare i fili di un discorso unitario con Cisl e Uil senza minacciare, nel contempo, il ricorso alla magistratura (o perfino alla Corte costituzionale) per invalidare gli accordi sottoscritti negli stabilimenti campano e torinese della Fiat. In ogni caso, bisogna osservare che né le nuove proposte della Cgil né quelle messe a punto dalle tre confederazioni nel documento del 2008 affrontano e risolvono la questione di fondo. Infatti, come non si stanca giustamente di ripetere Pietro Ichino, oggi è ampia la convergenza sui criteri di misurazione della rappresentatività nei luoghi di lavoro, ma non quella sui poteri negoziali della maggioranza e sui diritti della minoranza sindacale in azienda. La mancanza di una disciplina condivisa lascia le relazioni industriali in balìa delle azioni giudiziarie e dei rapporti di forza contingenti tra le parti sociali, mentre rischia di rendere confusi i confini tra libertà contrattuale e arbitrio corporativo. Purtroppo, un’intesa interconfederale su questo nodo ancora non appare vicina, e il governo si rifiuta maliziosamente di prendere in considerazione qualunque ipotesi di intervento legislativo. Nessuno si lamenti, allora, se Sergio Marchionne continua a fare il bello e il cattivo tempo in Confindustria e con il movimento sindacale. Michele Magno