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 2011  gennaio 20 Giovedì calendario

I RIBELLI DEL PUNK VANNO IN MOSTRA

Il punk? «Uno dei movimenti artistici più importanti del XX secolo» . La consacrazione viene da Éric de Chassey, direttore dell’Accademia di Francia a Villa Medici. E naturalmente ha già fatto inorridire gli epigoni di quei disegnatori che a metà degli anni Settanta gravitavano intorno a gruppi musicali come i Sex Pistols, rifiutandosi categoricamente di appartenere al mondo dell’arte. Figuriamoci finire in un museo. De Chassey infatti, quando parla di punk, non si riferisce a chi realizzava dischi o concerti, ma alla «dimensione visiva» del movimento, mai presa in considerazione se non come supporto a quella musicale. «Eppure non ci può essere una storia del punk — dice — che possa fare a meno delle immagini. E l’aspetto visivo del movimento non si può ridurre semplicemente a industria culturale. Pur identificandosi con i gruppi musicali, anziché con le avanguardie artistiche dell’epoca, dimostra un’ambizione caratteristica dell’arte più alta: quella di cambiare la vita» . — per avvalorare la sua tesi, de Chassey ha organizzato la prima grande mostra europea dedicata alla dimensione artistica del punk, con la collaborazione di Fabrice Stroun, curatore indipendente associato al Mamco di Ginevra, dove l’esposizione si trasferirà dopo l’anteprima romana. Niente musica, ma oltre cinquecento oggetti tra abiti, fanzine, poster, volantini, disegni, collage, copertine di dischi e filmati, raccolti contattando una ventina di collezionisti privati tra Italia, Inghilterra, Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Olanda. L’esposizione, che si intitola «Europunk. La cultura visiva punk in Europa, 1976-1980» , si inaugura oggi a Villa Medici, a Roma, dove resterà aperta fino al 20 marzo. La prima sala è dedicata ai disegnatori che gravitavano intorno alla band inglese dei Sex Pistols, come Jamie Reid, inventore del celebre volto della regina Elisabetta con gli occhi e la bocca coperti dal nome della band, o Malcolm McLaren, ideatore e manager della stessa e ancor prima collaboratore della stilista Vivienne Westwood, che creò lo stile di catene, collari, ossa, punte metalliche e spille da balia. La seconda sala è riservata al team francese Bazooka, formato da studenti della Scuola di belle arti di Parigi. «Mio nonno si chiama arte moderna, ma farò meglio di lui» , proclamarono. Nel resto degli spazi espositivi, altri pezzi — per lamaggior parte anonimi— sono inseriti nei due progetti site specific di quattro artisti contemporanei, Francis Baudevin, Stéphane Dafflon, Philippe Decrauzat e Scott King. — per raccogliere le opere, de Chassey ha lavorato cinque anni. Oltre alla difficoltà di rintracciare i collezionisti, ha dovuto affrontarne la diffidenza a prestare i loro cimeli, spesso conservati in garage, in soffitta, perfino in un granaio. «Li ho scovati su Internet» rivela. Come? «Navigando tra blog e Facebook» . Altre volte scoprendo per caso raccolte notevoli in mano a persone insospettate, come l’attrice tedesca Carmen Knoebel, moglie del pittore astratto Imi Knoebel. «Tempo fa era a Roma per una mostra del marito. Abbiamo pranzato insieme e mi ha raccontato di essere in comunicazione con altri collezionisti, vecchi punk che girano ancora con le creste multicolori in testa e conservano cimeli per nostalgia; oppure uomini e donne d’affari, che acquistano per investire. Esiste una specie di rete in cui si scambiano informazioni» . Anche opere? «Soltanto all’interno dei singoli paesi» . Le quotazioni? «Difficili da stabilire, cambiano continuamente, anche perché non esiste un vero e proprio mercato. Soltanto in Inghilterra ci sono gallerie che se ne occupano. Non si capisce neppure a che cosa sia legato il valore: all’estetica, alla rarità degli esemplari, certe volte addirittura al suicidio del disegnatore, o del musicista a cui si riferisce l’illustrazione. Tuttavia esiste un ricco mercato di falsi. Tanto che in Inghilterra hanno lanciato un programma televisivo che dà istruzioni, a chi vuole comprare oggetti punk, su come non farsi ingannare» . Prima regola? «Diffidare di chi offre pitture. I veri artisti punk non hanno mai dipinto, perché contrari all’idea della padronanza tecnica tradizionale» . Hanno prodotto una marea di disegni, difficili da far rientrare in uno stile originale. Jon Savage, che insieme a de Chassey cura il catalogo della mostra, sostiene che «il punk ha inaugurato l’età del plagio» . Vi si trovano riferimenti politici contraddittori, assemblaggi tra nazismo e comunismo. In Francia, nel 1977, alcuni punk dichiarano: «Non siamo gli eredi di un vecchio mondo; Marx, Hitler, Mao e gli altri sono tutti ugualmente ridicoli, non abbiamo più voglia di prenderli sul serio» . Nell’estate dello stesso anno la sigla dei Bazooka compare in cima alla falce e al martello sulle pagine di Libération. La collaborazione tra il team di disegnatori e la redazione del quotidiano va avanti per un paio di anni fino a quando le provocazioni diventano insostenibili. Invitati a illustrare le pagine del giornale, i Bazooka restano fino a tarda notte in tipografia e dopo che i giornalisti se ne sono andati a dormire, sfregiano i testi scrivendoci sopra a penna commenti scabrosi e volutamente sgrammaticati. In mostra, tra le altre, la pagina con un articolo intitolato Le droit, e sul testo, scarabocchiata di traverso col pennarello, la parola connerie. Il mattino seguente, tra le scrivanie, si passava direttamente allo scontro fisico.
Lauretta Colonnelli