Nic Fleming, Nòva24 20/1/2011, 20 gennaio 2011
L’AUTO VA SENZA L’UOMO
Con jeans e felpa bianca Bob appare quello che è: un ragazzino di sei anni. È in piedi in mezzo al parcheggio di un hotel e io schiaccio a tavoletta puntando su di lui. A dieci metri dal ragazzino una fila di luci rosse si accende sul parabrezza e parte una sirena. Un istante dopo sono proiettato in avanti dalla frenata automatica e l’auto inchioda fermandosi a pochi centimetri dalla sua pancia. Bob è il manichino che mi ha permesso di testare il primo sistema in-car di sensori per frenata automatica. Dallo scorso maggio è sulla Volvo S60 (si veda articolo a fianco, ndr). È l’ultima evoluzione dei sensori sofisticati basati su videocamere, radar e laser. Questi sensori forniscono un controllo adattativo di guida, che modifica la velocità dell’auto, o anche i sistemi di parcheggio semi-automatico. E, secondo Jonas Ekmark, ricercatore Volvo a Goteborg, non è che l’inizio. Stiamo entrando – sostiene – in un’epoca in cui i veicoli raccoglieranno informazioni in tempo reale sulle condizioni meteorologiche e sul traffico, utilizzandole per migliorare la gestione dei consumi di carburante e rendere la vita più semplice per il guidatore e più sicura per tutti gli altri.
Questo significa andare oltre la fallibilità dell’uomo dietro al volante con automobili che guidano da sole. Alan Taub, vicepresidente R&D di General Motors, si aspetta di vedere veicoli semi-autonomi sulle strade entro il 2015. Il guidatore gestirà l’auto nel traffico urbano o nei punti più delicati, ma una volta in autostrada saranno in grado di muoversi, accelerare ed evitare collisioni senza alcun aiuto. Solo qualche anno in più e il guidatore potrà togliere del tutto le mani dal volante.
Gli incidenti stradali provocano circa 37mila morti negli Usa e 39mila in Europa, e gli errori del guidatore sono determinanti nel 90% dei casi. Lo squarcio di un futuro più sicuro è emerso da un trial, completato in Svezia nel 2008, dello Slippery Road Information System (Sris), che utilizzava computer e sensori installati su cento automobili. A differenza del sistema Volvo, in cui ogni auto utilizza solo le informazioni prodotte dai propri sensori, le vetture del sistema Sris inviano i dati raccolti ogni cinque minuti a un database centrale.
Il Giappone ha già finanziato una rete di comunicazione a raggi infrarossi, a microonde e onde radio lungo le strade. Circa due milioni di veicoli possono raccogliere informazioni su traffico, lavori stradali, incidenti, tempo, limiti di velocità e disponibilità di parcheggi grazie a questi trasmettitori, nell’ambito del Vehicle Information Communication System (Vics). Il nuovo Driving Safety Support System (Dsss), integrato, può anche mostrare i segnali sui display dei navigatori su semafori, segnali di stop e addirittura pedoni o ciclisti sulla strada. Da qualche mese sulle principali autostrade giapponesi lo Smartway manda un allarme quando un’auto si avvicina troppo a quella davanti e quando ci sono ingorghi.
Da qui il passo è breve per arrivare alle automobili controllate in maniera automatica. In Europa e Usa i produttori puntano sulle comunicazioni da veicolo a veicolo come una soluzione più semplice ed economica rispetto alla costruzione di elaborate infrastrutture lungo le strade. I progetti contemplano l’uso del wifi tra auto per la condivisione di informazioni.
Il progetto più ambizioso è Sartre (Safe Road Trains for the Environment): l’alleanza tra sette produttori e università europee è focalizzata sulla creazione di reti tra veicoli per informare gli utenti, con la creazione di convogli composti da otto auto guidati da un veicolo gestito da un guidatore professionale. L’utente si mette nella fila e abbandona la guida delegandola al software del veicolo che guida la colonna. Da quel momento tutte le funzioni di guida, accelerazione, frenata sono controllate dal computer di bordo, oltre che dalle informazioni provenienti da telecamere e sensori dell’auto. «Sarà come essere su un autobus o un treno», spiega Ekmark. Oltre a evitare incidenti, le auto risparmiano: a velocità di crociera il carico aerodinamico può essere ridotto del 60%, consumi ed emissioni fino al 40 per cento.
A differenza di quelli sviluppati all’Università della California negli anni 90, il convoglio di Sartre è pensato per percorrere le strade statali a fianco del traffico ordinario. Se i test di Sartre, in Svezia e Gran Bretagna, avranno successo, una dimostrazione operativa sarà condotta su strada in Spagna entro fine anno. «Abbiamo ancora l’idea del guidatore con occhi sulla strada, mani sul volante, piedi sui pedali – spiega Taub –. Ma sempre di più il veicolo sarà in grado di accelerare e frenare da solo».
Per capire come sarà un’auto completamente autonoma basta osservare la Boss, il prototipo messo a punto dagli studenti della Carnegie Mellon University di Pittsburg sotto l’egida di General Motors. Il sistema di Boss costruisce un modello dell’ambiente circostante elaborando i dati forniti da sensori laser, radar, telecamere e Gps. Poi utilizza questo modello per mettere a punto il piano di viaggio e i dettagli operativi per eseguire manovre come decidere la precedenza a un incrocio o cambiare corsia in sicurezza. A fare la differenza è il computer di bordo che ha la potenza di dieci desktop.
Taub prevede che per il 2020 circa veicoli come Boss inizieranno a circolare sulle strade: «Assisteremo a una progressione di sistemi per affidare la guida alle auto, di pari passo con l’aumento dell’affidabilità e la diminuzione dei costi». A Stanford il Volkswagen Automotive Innovation Lab ha mostrato cosa si può fare. Una Passat è stata in grado di entrare in un parcheggio, individuare il posto libero e parcheggiare anche senza guidatore.
Manovrare a velocità limitata è una cosa, ma siamo pronti ad affidare il controllo di un’auto su strada? Già l’anno scorso i massicci richiami di Toyota hanno assestato un duro colpo all’affidabilità dei sistemi drive-by-wire. Basterebbe qualche incidente per riportare indietro i progetti di anni. Non è facile immaginare strade piene di veicoli che guidano autonomamente in maniera sicura. La prossima generazione di automobili potrebbe essere in grado di farlo. La questione vera è però se noi siamo pronti a togliere le mani dal volante e lasciare che le macchine facciano da sole.