Eugenio Bruno, Il Sole 24 Ore 20/1/2011, 20 gennaio 2011
IL PREMIO PER I COMUNI SALE AL 75%
Il governo cala le sue carte sul tavolo del federalismo municipale: cedolare secca al 23% sui canoni liberi con 400 milioni per le famiglie; compartecipazione del 2% all’Irpef e del 30% sulle compravendite; tassa di soggiorno fino a 5 euro nei capoluoghi; sanzioni quadruplicate per chi dichiara in ritardo il possesso di una casa fantasma con innalzamento al 75% degli introiti destinati ai comuni. Ora tocca all’opposizione fare la prossima mossa. Domani con gli eventuali emendamenti e soprattutto mercoledì 26 all’atto del voto finale.
Salvo piccole limature, la bozza di parere depositata ieri dal relatore di maggioranza Enrico La Loggia (Pdl) recepisce gli accorgimenti annunciati dal ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, e conferma quanto anticipato dal Sole 24 Ore di ieri. Tutte le modifiche puntano ad assicurare gettiti più stabili ai sindaci e a rendere meno ingenti i trasferimenti a carico, fino al 2013, del fondo di riequilibrio e, dall’anno successivo, di quello perequativo.
Va letta così la scelta di accantonare sul nascere l’imposta municipale (Imu) sui trasferimenti immobiliari che avrebbe dovuto accorpare le imposte di registro, di bollo e ipo-catastale. Per non scaricare sui municipi (specie minori) i rischi di oscillazione propri del mercato immobiliare, il nuovo testo preferisce decentrare il 30% del gettito derivante dai predetti tributi. Contestualmente s’interviene sulle aliquote delle compravendite, che scenderanno dal 3 al 2% sulle abitazioni principali e aumenteranno dall’8 al 9% dalla seconda casa in su. Fermo restando che i primi cittadini riceveranno in dote altre due compartecipazioni: la prima ammonterà al 2% dell’Irpef che più avanti lascerà il posto a una maxi-addizionale (su cui si veda l’articolo accanto); la seconda riguarderà l’imposta sostitutiva sulle locazioni – fissata al 23% per i contratti a prezzi di mercato e al 20% su quelli calmierati – in una misura che sarà determinata da un successivo decreto dell’Economia e che non terrà conto dei 400 milioni destinati a finanziare gli «interventi in favore delle famiglie dei conduttori di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, con particolare riguardo al numero dei figli a carico». Cioè il mini-quoziente familiare caro all’Udc.
Al restyling sopravvive l’Imu sul possesso che dal 2014 assorbirà l’Ici e l’Irpef sui redditi fondiari. Il nuovo tributo mutua dal suo predecessore sia l’oggetto dell’imposizione (dalla seconda casa in più) sia gran parte delle esenzioni. Inclusa quella sugli immobili delle associazioni religiose e del no profit che nella prima versione del decreto legislativo erano stati tenuti fuori. Ciò significa che la Chiesa, così come non versava l’Ici, non corrisponderà l’Imu. Un esonero che potrebbe contribuire però a far innalzare l’aliquota applicabile, che verrà stabilità con la legge di stabilità.
Le novità principali rispetto ai testi circolati nei giorni precedenti riguardano soprattutto la sanatoria sulle case sconosciute al fisco e la tassa di soggiorno. Sul primo punto si è deciso di quadruplicare (anziché raddoppiare) le sanzioni per chi non farà emergere il proprio immobile fantasma entro il 31 marzo e di destinare ai comuni il 75% (al posto del 50%) dei proventi incassati. Sulla tassa di soggiorno si è scelto di limitarne l’introduzione ai comuni capoluogo, confermando il range minino e massimo del contributo per ogni notte in albergo (da 50 centesimi a 5 euro). A tal proposito, nella parte di parere dedicato alle osservazioni, La Loggia ha chiesto di riconoscere lo stesso potere alle province. Oltre ad auspicare che il 20% del fondo di riequilibrio vada ai municipi con meno di 5mila abitanti.
Contro la tassa di soggiorno si schierano sia il Touring club che il deputato centrista Gian Luca Galletti: «È anti-federalista», commenta. E non è un parere di poco conto, visto che insieme agli tre membri del terzo polo (Linda Lanzillotta dell’Api, Mario Baldassarri di Fli e Gianpiero D’Alia dell’Udc) sarà determinante per gli equilibri in bicamerale dove maggioranza e opposizione partono da 15 a 15. Perplessità che si sommano a quelle del vicepresidente della commissione Marco Causi (Pd) che stigmatizza le «forzature» di Calderoli e critica l’assenza di una relazione tecnica.
Ma nonostante tutto Calderoli resta ottimista: «Se passa, avanti fino al 2013 per fare le riforme». Certo, "Rubygate" permettendo.