Goffredo Buccini, Corriere della Sera 20/01/2011, 20 gennaio 2011
I PARENTI (AMBIZIOSI) DELLE RAGAZZE —
Tengono tutte famiglia, per dirla con Longanesi. E nelle notti di Arcore le famiglie fanno il tifo, specie in tempi di magra, di mutui pesanti e coscienze al prolasso, di posti di lavoro ballerini come danzatrici del ventre. Sicché la profezia di Stefano Bonasia alla sorella Roberta, vera infermiera a domicilio che travestendosi da nurse a luci rosse prova a scalare cuore e portafoglio di Berlusconi («gli faccio una visita privata per accertarmi del suo stato di salute...» ) può essere eletta a mantra che contiene l’intera storia: «Quello ci risolve tanti problemi a tutti, a mamma, a te e a me» . Io, màmmeta e tu, nell’immutabile Italia che ammicca al potente di turno cercando l’occasione da acciuffare al volo. Ci sono papà esigenti, come quello della biondissima ex valletta Barbara Faggioli, che rimbrotta la figliola probabilmente troppo timida a dispetto delle prorompenti apparenze: «Ti sei vista passare davanti questa e quest’altra, e Giada, e Isabella e Cristina, ma svegliati!!!» (sul settimanale berlusconiano Chi, Barbara ha narrato di serate così innocenti da essersi tirata dietro un paio di volte pure il fratello: tutto il cancan su cui scava la Procura si sarebbe risolto nel sentire Silvio cantare e raccontare barzellette). Ci sono mamme accorte, come la madre di Iris Berardi, che davanti allo sfogo della figlia, «tra un po’ dovevo mettermi a piangere per avere quello che ho avuto oggi!» , bada alla prosa prima che alla poesia: «E cosa ti ha dato? Cinque?» , ottenendo rassicurazioni: «Sette» . Insomma, questa commedia sfilacciata di vecchi signori, arzilli ruffiani e giovinette scostumate è anche una storia di apprensivi parenti, non sempre e non tanto sulle spine per la virtù e il buon nome delle ragazze di casa. Le carte dell’inchiesta su Ruby Rubacuori parlano come un trattatello di sociologia e disegnano famiglie italiane a metà strada tra ambizione e disperazione, voglia di scorciatoia e bisogno di ossigeno, un film neorealista storpiato con una sceneggiatura da cinepanettone, il sequel del Bellissima di Anna Magnani nello specchio deformante e amorale dei tempi moderni. È un bozzetto che già s’intravede quasi due anni fa, nei giorni ruggenti di Noemi Letizia, papà Elio e mamma Anna (la quale consegna agli inviati del Times il suo pensiero profondo sull’onda di scandalo montante: «Spero che Berlusconi possa fare per mia figlia quello che non ha potuto fare per me» , intendendo, lascia capire, un’autostrada per la carriera di showgirl, suo sogno giovanile). Tra i grandi titoli dedicati alla famigliola di Casoria, sbuca un trafiletto nelle cronache capitoline; uno sconosciuto papà napoletano, Cesare Romano, prova a darsi fuoco davanti a Palazzo Grazioli: ce l’ha con Silvio perché s’è dimenticato della sua bella Emanuela («gradita ospite in un weekend a Villa Certosa in Sardegna» , annota Conchita Sannino nel suo La Bolgia), depennata dalla lista delle candidature europee. Alla fine il noto buon cuore del Cavaliere troverà rimedio a tutto, e scopriremo Emanuela prima a Publitalia per un master (e papà Cesare assunto dal Pdl napoletano). Poi, addirittura, nella primavera scorsa, assessore pdl a Castellammare di Stabia. Curiosamente un filo unisce la piccola tragicommedia partenopea a un’altra storia di genitori apprensivi e figlie in carriera. Emanuela ha vissuto la prima passione forzista nell’associazione «Silvio ci manchi» della prorompente consigliera provinciale pdl Francesca Pascale, balzata in pochi anni dagli schermi di Telecafone al toto-fidanzata del Cavaliere che infuria in queste ore («mi affascina da impazzire l’uomo... conosce la favola di Cenerentola?» , ha flautato martedì a Fabrizio Roncone sul Corriere). A Bagnoli, la mamma d’assalto di Francesca riuscì a infilare in tasca a Berlusconi un santino elettorale della figliola che alle municipali di Fuorigrotta aveva preso la miseria di 84 voti. La fortuna seguì di lì a poco. E naturalmente al richiamo della fortuna non riesce a dire di no nemmeno un lavoratore serio come Gino Bonasia, sangue calabrese trasfuso nel profondo nord, il papà di Roberta l’infermiera (che, sia detto per inciso, ha smentito a dispetto delle intercettazioni quelle sue «visite private» ad Arcore di cui pure parlava con Lele Mora). «Mia figlia morosa di Silvio? Magari fosse, magari fosse!» , sospira ai cronisti il buon Gino col pragmatismo di chi, vivendo nel sobborgo operaio torinese di Nichelino, dimostra come questo confuso evo postmoderno possa sospingere la classe operaia dal paradiso degli anni Settanta alla cantinetta di lusso dei festini berlusconiani. Gino del resto è ampiamente scavalcato dal papà di M. T. che, davanti allo sfogo della figlia («te la dico in una parola per essere fini, un puttanaio» ) prova a filosofeggiare sui massimi sistemi: «Ehhh, lo so, lo so, ma quando poi sono davanti a... quella cosa lì gli uomini sono tutti uguali» . E naturalmente tanti parenti nelle intercettazioni possono offrire ai giornali vicini al premier la sponda per buttarla in tranquillo weekend di famiglia: possibile, insomma, che la mamma di Francesca C., ciarlando con l’altra figlia, Elena, sbandieri come trofei «il braccialetto d’oro con diamantino e la busta da duemila euro» , gentili doni del Cavaliere alla ragazza, se fossero il prezzo di favori inconfessabili? Persino papà Letizia pare incamminarsi sulla via della severa virtù quando, su un periodico, bacchetta lo stile di vita del Cavaliere: «Da padre, davanti a certe cose dico: attenzione» . Insomma si rischierebbe di sprofondare nella melassa senza l’aiuto di Stefano, lo spietato fratello Bonasia, che quando Roberta gli racconta di come Berlusconi volesse assumerla e tenerla con sé dopo una seratina finita alle sei del mattino, la mette giù duro: «Vedi che è scemo?» . Franti al tempo del Bunga Bunga.
Goffredo Buccini