LAO PETRILLI, La Stampa 20/1/2011, pagina 15, 20 gennaio 2011
Freddo, scorpioni, talebani La vita nelle basi avanzate - Si mangia pane e polvere ogni maledetto giorno nella nuova frontiera del conflitto afghano che accomuna i soldati di tutti contingenti dell’Isaf: a ciascuno il suo, di avamposto
Freddo, scorpioni, talebani La vita nelle basi avanzate - Si mangia pane e polvere ogni maledetto giorno nella nuova frontiera del conflitto afghano che accomuna i soldati di tutti contingenti dell’Isaf: a ciascuno il suo, di avamposto. Quasi mai più grande di un paio di centinaia di metri quadri. Contandoli per monti e gole del Paese si arriva a 1000. Nella sola zona di Bala Mourghab - dove l’altro ieri è stato ucciso Luca Sanna - ce ne sono 50, per lo più articolati in labirinti di trincee e punti di osservazione veri e propri, dai quali i militari - armati fino ai denti - controllano dall’alto le valli e non perdono mai il contatto visivo con i colleghi della collina vicino a loro. È questo, in parole povere, il segreto della bolla di sicurezza costituita nella zona più turbolenta della provincia di Badghis. I sacrifici fatti dai ragazzi con le stellette hanno permesso il rientro nelle loro case di centinaia di abitanti di Bala Mourghab. C’è il sangue di Sanna, oggi onorato a Roma come un eroe, al rientro in Patria dentro a una bara. E c’è il sudore quotidiano. Quello della tensione, «quando ti sparano addosso e devi capire da quale casolare», racconta un soldato. E quello della stanchezza e dei «problemi forse più piccini, ma in grado di rovinarti la giornata». Negli avamposti già non ci sono bagni degni di essere lontanamente chiamati così. Poi - è successo di recente al Cop, Combat Out Post, Sigma - può rompersi d’improvviso un generatore. Che vuol dire restarsene nel bel mezzo del rigido inverno afghano senza fonti di calore. Fino a quando non arriva il convoglio di rifornimenti. Non che la cosa spaventi gli alpini, i quali sono di certo più preoccupati quando i talebani si mettono a lanciare razzi contro di loro (al Sigma l’ultimo, sabato scorso). Però tornare in una base meglio attrezzata «giusto per fare una doccia e lavare i panni» fa sempre piacere. Non si pretendono strutture a cinque stelle. Ma qualcosa «anche appena migliore delle buche» dei fortini, infestate da ragni e scorpioni, contro i quali ci si difende «imballando» le tendine dove si dorme alla buona con delle retine. «Se non ci stai attento ti fanno fuori loro, altro che i talebani». Il turno dura in genere due settimane. E sono due settimane dure, appunto. Ecco: quel turno si può forse ridurlo, arrivare a dimezzarlo, ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intenzionato a saperne ancora di più della galassia di questi avamposti con i quali si vuole strappare l’Afghanistan ai talebani sasso dopo sasso. Ne ha visitati due. E ha chiesto di andare a vederne altri. Ha telefonato al generale David Petraeus, ieri La Russa. Per chiedere notizie sulla sicurezza dei fortini, gli attacchi ai quali, oggi come oggi, costituiscono la principale minaccia per il contingente italiano. Certo, ogni avamposto fa storia a sé. Ma le misure di protezione sono tutto sommato simili e nulla è preso sottogamba, è stato garantito dal comandante dell’Isaf, col quale il ministro ha concordato su un punto: quello dell’altro ieri costato la vita a Sanna è stato un episodio. Triste, ma un episodio. Anche se si dovrà prestare più attenzione al rischio-infiltrati, la strada da percorrere è segnata: dare, via via, sempre più responsabilità alle forze afghane. Anche negli avamposti, molti dei quali sono già gestiti da loro. Quando il ministro insiste sulla necessità di mettere intanto i militari italiani nelle migliori condizioni possibili, si riferisce anche ad ulteriori sforzi che possono essere fatti sul fronte dell’Intelligence. E l’Aise conferma l’impegno ad aumentare la sua mole di lavoro «ogni volta che il contingente cresce di numero», ricordando che «si opera anche in sinergia con le Agenzie alleate, per garantire un ombrello di sicurezza» ai soldati. Ora che il problema è diventato soprattutto quello della difesa dei fortini, si intensificano i contatti con le fonti locali. L’Intelligence, poi, si organizza per meglio sorvegliare tecnologicamente gli avamposti, a Bala Mourghab come nel Gulistan e a Bakwa. Laggiù, entro fine mese, arriveranno nuovi gioielli: altri Raven, utilissimi uccellini meccanici succedanei dei più grandi aerei-spia Predator. Lanciati a mano come fossero boomerang, potranno far vedere meglio le cose dall’alto. E forse abbassare ancora la soglia del pericolo. Eliminarlo del tutto, il pericolo, no. Perché - ammettono tutti - quella è cosa «tecnicamente impossibile».